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Il pianeta donna e il femminicidio

di: Vito Marino - del 2013-06-23

Immagine articolo: Il pianeta donna e il femminicidio

Nella vecchia famiglia patriarcale tutto funzionava alla perfezione. In una società maschilista la donna doveva ubbidire con rassegnazione alla volontà, ma anche alle percosse, da parte del padre, dei fratelli e, quindi, del marito, perché questo era il suo ruolo assegnato nella famiglia e nella società di una volta. Oggi, malgrado l’emancipazione e il riconoscimento giuridico di parità di sesso, le donne  continuano a subire stupri, violenze varie e il  “femminicidio”.

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  • Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, ha usato il termine “femminicidio” per riferirsi all’Italia e alla spirale di omicidi di donne che sta invadendo il nostro Paese. Addirittura si parla di una donna morta ammazzata ogni tre giorni per mano del marito, del fidanzato o dell’ex. Secondo l’Eurispes il fenomeno è in aumento del 300%.

    Una volta la donna era il fulcro della casa, alla quale, purtroppo era anche relegata; allora era difficile che la donna potesse avere un ruolo importante nella società. In seguito, grandi persone, grandi donne, hanno saputo ri­voluzionare lo stato delle cose. Oggi, mentre il maschio si culla negli allori, la donna, consapevole del suo ruolo a parità dell’uomo, si impegna in tutti i campi, specialmente nello studio e nei concorsi.

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  • Nei nostri licei circa il 90% degli studenti è composto da ragazze che studiano per la scuola e per il loro avvenire. Per cui il ruolo della donna ormai è assegnato verso la classe dirigenziale. Esse, rispetto agli uomini, hanno uno spiccato senso del dovere, del giusto e dell’onestà. Il sesso forte non sa rassegnarsi a perdere il ruolo di “padre padrone” come lo ha definito Gavino Ledda o di “patruni e domini”, per come era considerato dai nostri nonni.

    Un ruolo che aveva portato per millenni, glorificandosi del suo stato di maschio dominante e reagisce con violenza utilizzando la sua genetica forza bruta. Molto spesso questi omicidi non sono frutto di un impulso improvviso, ma l’atto finale, da parte del persecutore, di un lungo percorso fatto di pedinamenti, minacce, telefonate; infine, non essendo riuscito nell’intento di ricongiungersi con la donna “amata”, premedita l’assassinio.

    Ci sono alcune donne che non denunciano i soprusi subiti, sia per paura di conseguenze su di sé e sui propri figli, sia per motivazioni economiche non riuscendo a sostentarsi senza l’aiuto del compagno; mentre altre donne si rivolgono inutilmente all’autorità giudiziaria, senza ottenere la tutela necessaria  per evitare le possibili ritorsioni a seguito della denuncia.

    La legge emanata di recente certamente non fermerà il fenomeno; occorre intanto la prevenzione affinché non si arrivi ad un gesto sanguinario, la dura condanna popolare verso qualsiasi atto maschilista e garantire l’incolumità a colei che decide di sporgere denuncia.

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