Se la Cina colonizza l'Africa senza dare lavoro ma favorendo l'espansione cinese e la fuga degli africani
di: Dott.Francesco Marino - del 2018-07-02
(ph. kilamba-info.com)
Nell’immagine la città di Kilamba, una località deserta costruita dai cinesi per 500.000 abitanti alla periferia di Luanda in Angola. Dall’inizio di questo millennio stiamo assistendo ad un silenzioso e progressivo esodo che, nei piani degli ideatori, dovrà portare in Africa ben oltre 300 milioni di cinesi. Tutto starebbe avvenendo mentre gli africani sono costrette a lasciare le loro terre e provare a trasferirsi in occidente.
Ora, senza pretesa alcuna di compiutezza, tentiamo di spigare cosa sta succedendo in Africa non senza aver fatto ricorso a numerosi testi che trattano l’argomento.
Durante il summit del G8 di Birmingham, del 1998 si decise di estendere la cancellazione dei debiti a tutti i paesi poveri. Tuttavia, solo la metà di quanto promesso è stato cassato e gli aiuti internazionali che l’Africa riceve ritornano in parte agli occidentali come rimborso del debito.
I suddetti comportamenti hanno inevitabilmente generato diffidenze tra africani e occidentali, assecondando l’ingresso di nuovi attori internazionali nello scenario politico, economico e sociale del continente africano: il Brasile, l’India e soprattutto la Cina. In particolar modo, e in pochi anni, la presenza cinese in Africa è passata da argomento marginale per specialisti di geopolitica a tema centrale nelle relazioni internazionali e nella vita quotidiana di quel continente.
Le ragioni dell’arrivo dei cinesi ben consentito dai dirigenti africani, sarebbero da attribuire alla carenza di risorse energetiche e di materie prime della Cina ma soprattutto al sovrappopolamento che ha reso quella nazione un territorio insufficiente per una popolazione in crescita. Il processo sarebbe favorito dalla circostanza, molto apprezzata dagli africani, che gli asiatici non impongono democratizzazione in cambio di investimenti e aiuti come invece fanno gli europei, anzi non ostacolano per nulla i regimi dittatoriali nelle loro politiche spesso repressive.
La Cina ha esteso i suoi insediamenti in quasi tutta l’Africa, costruendo città come Kilamba ancora da popolare. La sua presenza è diventata capillare in Nigeria, Etiopia, Guinea, Gabon, Angola, Ciad, Sudan, Zambia, Zimbabwe, Togo, Benin, Sierra Leone, Mauritania e Mozambico. Queste partnership sono state accompagnate da ingenti finanziamenti economici sotto forma di costruzione di stadi, palazzi presidenziali, ferrovie, autostrade, ospedali ecc.
I Cinesi hanno introdotto in Africa le loro tecnologie legate alla rete Internet e costruito le strutture per lo sviluppo della telefonia senza fili, intravedendo in quel contenete un potenziale mercato dei telefonini da sfruttare. Non è un caso che il gigante delle telecomunicazioni Huawei realizza nell’Africa sub-sahariana un importante fatturato, vendendo a costi contenuti agli africani anche i tanti smartphone che poi vediamo in Italia in mano ai migranti come sostiene Francesca Romana Genoviva in un’inchiesta pubblicata nel sito web dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati
In contropartita agli investimenti cinesi, gli africani hanno concesso agli asiatici l’esclusiva delle loro materie prime. I cinesi possono sfruttare parecchi giacimenti di petrolio, estrarre il rame, cercare l’oro o i diamanti, portare via uranio e altro ancora. Pare che i loro affari siano favoriti dagli ottimi e privilegiati rapporti con i dittatori che convincono all’occorrenza a bypassare gli ostacoli.
Tuttavia, nelle opere di sviluppo i cinesi adoperano soprattutto loro manovalanza. Gli africani vengono impiegati nei lavori più duri, umili, con orari e tutele lavorative compatibili con gli standard cinesi, ricevendo paghe lontanissime dalle nostre.
Manuela Valletti scrive su “Blasting News” che i vari dittatori africani invece di tutelare i loro popoli preferiscono concentrarsi negli affari con i cinesi che favoriscono il loro comfort e li riforniscono di armi e munizioni. Insomma, pare proprio che la presenza cinese in Africa non abbia portato considerevoli benefici alle masse.
Mentre si sta leggendo questo articolo forse non tutti sanno che le batterie dei nostri cellulari, tablet o computer che stiamo utilizzando sono stati prodotti grazie anche al cobalto estratto nelle miniere del Congo da bambini senza protezione, sottopagati, privi di tutele lavorative apprezzabili e per conto pure di imprenditori cinesi come afferma la stessa Amnesty International.
In sostanza, siamo in presenza di una potenza che vuole contribuire allo sviluppo di un continente o stimo assistendo ad un’occupazione silènte che costringe gli indigeni ad emigrare?