Salemi, “Le Parti di San Giuseppe” e “lu signaleddu di la cena”
di: Dott.Francesco Marino - del 2016-03-10

Nell’immagine la cena di San Giuseppe fatta nel 1970 in località Fiumelungo di Salemi. La famiglia Marino, realizzatrice dell’opera, è stata tra le prime a riscoprire e far rivivere la tradizionale festa di San Giuseppe fin dagli anni 50 del secolo scorso.

Il 19 marzo di ogni anno si rinnova a Salemi il rito delle “Cene di san Giuseppe”. Sono vere e proprie solennità sacre dove la famiglia che ha ricevuto una grazia dal Santo, pianifica la manifestazione religiosa in segno di riconoscenza verso il Patriarca.
Nelle case viene realizzata una struttura che ricorda forme ecclesiastiche. La costruzione viene ricoperta di foglie di mirto, alloro e di enormi quantità di pani lavorati. Il giorno di San Giuseppe sono invitati a pranzo tre bambini che simboleggino la sagra famiglia.

Il padrone di casa offre loro il pranzo alla presenza di numerosi e devoti convenuti.
Da sempre, nelle ore pomeridiane della giornata dedicata alla festa di San Giuseppe oltre alle tradizionali preghiere, si recitano nelle “cene”, cantilene, litanie o canti in dialetto ovvero antichi componimenti poetici di carattere popolare in lode a Dio e ai Santi, tramandate a voce da padre in figlio e conosciute come le “Parti di San Giuseppe”.
Questi monologhi, interpretati da soggetti che ricordano i tradizionali cantastorie siciliani, sono generalmente recitati in rima baciata o alternata. I soliloqui diventano vere suppliche di fede, esternate dall’attore con devota passione e profonda religiosità. Lodano la vita del Patriarca ed elogiano la prosperità della “cena”.
I versi rappresentati, con incisivo linguaggio dialettale e con ritmata intonazione, esprimono la robustezza dei sentimenti religiosi del cantastorie. Egli, dopo la recita è ricompensato dal proprietario con l’offerta di un bicchiere di vino e col dono di “lu signaleddu di la cena”, ovvero di un pane lavorato.
Ecco un breve esempio di Parte di San Giuseppe:
Jettu un suspiru e acchianu dda ncapu, sti parti a San Giuseppi eu ci dicu, Cu foru li dovuti di sta cena? Pitanzi ci nni foru centu e una. Cuddureddi cci nne duemila e cca davanti c'esti la spera. C'è fatta perfinu la racina.
Li furficicchi su cca a sta cantunera, chi sunnu di Maria, nostra Signura. Li pisciteddi ci su n'ta li bicchiera chi vannu girannu l'acqua pura.
Speru chi mi dati un signaleddu, chi si trattassi di stari cu pena, nunn'avennu un signali di sta cena. Ora ci dicu a la patruna, na cudduredda m’avi a dari. Si n’un pigghia a megghiu e mi la duna, mi portu a idda cu tuttu l’alatari.