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"Li Nciurii" che hanno fatto la storia di CVetrano in un libro di Sciupè tra ricordi ed emozioni

del 2016-07-03

Immagine articolo: "Li Nciurii" che hanno fatto la storia di CVetrano in un libro di Sciupè tra ricordi ed emozioni

Sabato 11 giugno, presso il Centro Culturale “Giuseppe Basile” all’interno del restaurato convento dei Minimi di Castelvetrano, il professor Giuseppe Lo Sciuto, in arte Sciupè, ha presentato il suo nuovo libro “Nomi parlanti castelvetranesi. Nciurii”.

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  • E’ lo stesso autore che, in prefazione, ci spiega la provenienza delle ingiurie: “L'onomastica latino-romana, dalla quale deriva quella moderna italiana, prevedeva che i nomi maschili tipici contenessero tre nomi propri: (tria nomina) che erano indicati come praenomen (il nome proprio come intendiamo oggi), nomen (equivalente al nostro cognome che individuava la gens, ovvero era il cosiddetto gentilizio, la famiglia allargata) e cognomen (che indicava la famiglia in senso nucleare, all'interno della gens).

    Il cognomen era in origine un soprannome che le persone non avevano legato dalla nascita, com’è naturale, a una loro caratteristica personale o a un evento che li aveva visti come protagonisti. Esso spesso risultava il solo vero elemento personale del nome tanto da diventare, per noi posteri, il nome con cui il personaggio é conosciuto. Dopo la caduta dell'Impero Romano, ogni persona veniva identificata dal solo nome personale di cui venivano usati vezzeggiativi in ambito familiare. Tali nomi si riferivano, anche, alle caratteristiche della persona, alla provenienza o alla paternità.

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  • L'avvento della religione cristiana e le ripetute invasioni barbariche facilitarono la diffusione di nuovi nomi che si aggiunsero a quelli già in uso. A seguito della grande crescita demografica avvenuta in Europa tra il X e l'XI secolo, divenne sempre più complicato distinguere un individuo da un altro usando il solo nome personale. Si rese così nuovamente necessario identificare tutti gl’individui appartenenti alla medesima discendenza con un altro nome.

    Si diffuse in tal modo in Europa, proprio verso il XII secolo, il cognome moderno, che poteva essere originato da una caratteristica peculiare delle persone, come a esempio la loro occupazione, il luogo d'origine, lo stato sociale o semplicemente il nome dei genitori. Tuttavia, tra il XIII e il XIV secolo, l'uso si estese anche agli strati sociali più modesti.

    Occorre fare una distinzione tra soprannome e pseudonimo che è un caratteristico nomignolo fittizio di persona, diverso da quello anagrafico, utilizzato da scrittori, cantanti, artisti, sportivi, personaggi politici o  da qualunque altra persona. Analogo significato hanno le espressioni nome d'arte.

    A differenza del soprannome, spesso giustapposto al nome anagrafico, lo pseudonimo viene utilizzato in alternativa a quello. Anche dalle nostre parti la ‘nciuria (soprannome o nomignolo) è stata ed è ancora un nome, diverso dal nome proprio e dal cognome con cui, specialmente in ambienti popolari, professionali o studenteschi, si usa chiamare e indicare una persona.

    E’, in pratica, un soprannome che si appiccica a uno e che allude o a caratteristiche fisiche della persona cui è riferito, o a particolari attitudini e qualità, o al luogo di nascita o di provenienza o a circostanze varie.

    Da rimarcare che nel nostro dialetto la parola 'nciuria equivale alla parola italiana ingiuria e quindi assume un valore quasi dispregiativo rispetto ai sinonimi italiani soprannomi o nomignoli che fanno più riferimento alla valenza giocosa della situazione relativa al personaggio.

    Più piccolo è il paese più resiste la ‘nciuria e a tutt’oggi più facile risulta identificare il soggetto, se qualcuno lo cerca. Capitava sovente, e forse capita ancora adesso, che cercando una persona col proprio cognome si rispondeva che non la si conosceva, ma se si forniva la ‘nciuria, subito veniva riconosciuta e indicata”.

    Sono stato citato anch’io nel libro, alla voce “l”, col mio ultimo soprannome di “l’enciclopedico”, dovuto al fatto sia di possedere da musicista un repertorio estremamente vasto sia perché ho l’abitudine di trattare le cose di cui scrivo in maniera maniacalmente esagerata. Ritengo che la scrivorrea sia una vera e propria malattia e chi ne è colpito può ben capire. Ci tenevo, comunque, a precisare che “l’enciclopedico” non è il solo appellativo che mi è stato dato.

    Nella mia lunghissima carriera, già altri nomignoli mi sono stati appioppati quali: “Gigi la chitarra”, “Ti piaceresse”, “Borsalino”, “Slot machine” e “L’americano” tali da ritenere che sia il solo a Castelvetrano a detenere il maggior numero di soprannomi rispetto a tanti altri miei concittadini. “Gigi la chitarra” fu il primo e si riferisce al periodo in cui, quattordicenne, intrattenevo, da solo e con la mia inseparabile chitarra, un centinaio di ragazze provenienti dai paesi della Valle del Belice ospiti della colonia dei padri rosminiani di Triscina (oggi Arena “Samafè”), dopo il terremoto del ‘68; “Ti piaceresse”, che me lo sono dovuto sorbire per tutto il periodo del liceo, si riferisce a uno spettacolo del circo equestre a Castelvetrano, dove sono stato preso in giro platealmente da una coppia di pagliacci a seguito d’uno stupido sketch nel quale mi avevano coinvolto;

    “Borsalino” si riferisce agli anni in cui, durante la mia lunga attività artistico-musicale, mi presentavo indossando il classico vestimento del noto personaggio degli anni trenta con tanto di cappello proprio alla “Borsalino”; “Slot machine” affibbiatomi dal mio carissimo amico Vincenzo Chiofalo (oggi assessore al comune di Castelvetrano) in riferimento al periodo in cui, grazie alla musica, guadagnavo tanto di quel denaro da far sembrare che fossi diventato come una macchina caca soldi; infine “L’americano” per il fatto d’essere stato ospite d’onore a New York, per ben due volte, all’annuale festa organizzata da Luciano Saladino, presidente della comunità dei castelvetranesi d’America.

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