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Ricordando Padre Antonino Trapani. Guida spirituale nel cuore dei castelvetranesi

di: Luigi Simanella - del 2019-01-09

In questi giorni i mass media hanno dato ampio risalto alla notizia di un’importante scoperta archeologica effettuata nella necropoli di Saqqara, a sud del Cairo: quella d’una sepoltura faraonica, una tomba egiziana risalente a circa 4400 anni fa. All'interno è stato rinvenuto il sarcofago, perfettamente conservato, contenente i resti d’un sovrintendente templare, un sacerdote purificatore d’alto rango di nome Wahty, vissuto sotto il regno di Neferirkara Kakai, terzo sovrano della V dinastia.

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  • Accanto, delle pitture e cinquantacinque statue di diverse dimensioni e colori, inserite all’interno di quarantaquattro nicchie. Ho scritto questa premessa per introdurre l’argomento che voglio trattare in questo mio intervento giornalistico. Mi reco, almeno quando posso, al cimitero di Castelvetrano per far visita ai miei genitori. La tomba che contiene i loro resti è posta alle spalle della chiesetta cimiteriale. In questi giorni, dopo avere recitato alcune preghiere per i miei cari, sono entrato nella cappella sotterranea nella quale sono sepolti alcuni parroci castelvetranesi, ubicata proprio sotto la chiesetta, quindi di fronte la tomba dei miei genitori.

    Vi riposano, fra gli altri, Padre Parroco Antonino Trapani, Padre Nicolò Barresi e monsignor Salvatore Basile. Mi hanno molto impressionato le condizioni estremamente precarie e deprimenti in cui ho trovato le loro sepolture. Appaiono dismesse, abbandonate, non un fiore e l’assenza totale di manutenzione e pulizia. A chi spetta dare un po’ di decoro a questo sito che sicuramente non può essere paragonato a quello di Wahty, ma che dovrebbe meritare almeno quel rispetto che si sono guadagnati in vita i preti lì sepolti?

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  • Don Antonino Trapani è stato il padre spirituale sia mio sia di tanti altri che oggi lo ricordiamo con inesauribile affetto. Come dimenticare i suoi insegnamenti non solo di carattere religioso, i consigli che ancora oggi ci servono da guida nelle avversità della vita, la passione che ci ha trasmesso nell’affrontare le situazioni che si manifestano quotidianamente quando dobbiamo relazionarci con altre persone! Come non riconoscere il suo essere avanti di decenni, la “Messa Beat” da lui fortemente voluta in quel magico, indimenticabile “sessantotto”, tutte le iniziative parrocchiali e l’“Azione Cattolica” che ci faceva portare avanti con tanta dedizione e amore!

    Ciò che, poi, sorprende maggiormente è che Padre Antonino Trapani era rimasto cieco a causa d’un trauma subìto durante l’ultimo conflitto mondiale. Tutti facevamo a gara per avere l’onore di porgergli il braccio e fargli da guida all’interno della chiesa di San Francesco da Paola, anche se lui riusciva a muoversi benissimo da solo. Durante la funzione eucaristica qualcuno di noi, chierichetto o ministrante, gli suggeriva sottovoce i passi rituali tratti dai testi sacri. Ricordo che non eravamo messi in difficoltà da quelli riportati nel messale in lingua latina, poiché la conoscevamo per averla studiata a scuola.

    Malgrado la sua menomazione visiva, riusciva a gestire la parrocchia in maniera egregia, garantendo la piena disponibilità a tutti coloro ch’avevano bisogno d’un suo intervento, senza guardare orari, specialmente per le confessioni e l’assistenza spirituale per la quale dispensava tanti consigli utili. Molta gente, proveniente anche dalle altre parrocchie, preferiva confessarsi con Padre Trapani, poiché sapeva ch’era un non vedente. Ciò li faceva sentire più a loro agio nel confidargli peccati che magari ad altri non avrebbero confessato.

    Riusciva anche a lavorare sulla macchina da scrivere, sempre a servizio di chi gli chiedeva di redigere una qualsiasi missiva o dell’altro. Adoperava anche il ciclostile col quale stampava i vari avvisi e le comunicazioni parrocchiali, dopo ch’aveva dattiloscritto su matrice il contenuto delle stesse. Quando sbagliava la battitura, se n’accorgeva e invitava chi di noi gli stava accanto in quel momento a usare il correttore Rex Rotary. Bastava intingere il pennellino nella boccetta che conteneva un liquido.

    Con inesauribile carità cercava d’aiutare tutti coloro che poteva trascurando anche la sua persona. Indossava talari sdruciti, proprio a significare la vita modesta ch’era solito condurre pur di rendersi utile in qualsiasi modo alla collettività. Cercava di risparmiare su tutto, anche su quello ch’avrebbe potuto assicurargli migliori condizioni di vita, sempre proteso a modificare la situazione strutturale dell’edificio sacro che gli era stato affidato.

    A Padre Trapani si deve la pavimentazione in marmo della chiesa  parrocchiale, su disegno del figlioccio ingegnere Vito Barone, nonché: l’illuminazione di tutta la volta, le ninfe laterali, il rifacimento delle colonnine che impreziosiscono il tabernacolo dell’altare principale, la consacrazione dell’edificio con l’ideazione dei riquadri in marmo posizionati nelle pareti laterali, il restauro degli altari ubicati lungo la navata, in particolar modo quelli dell’immacolata, del crocifisso e di San Francesco.

    Come dimenticare, poi, il “Teatrino parrocchiale” posto nella “Casa canonica” alla quale s’accedeva dopo avere percorso una fatiscente scalinata a chiocciola, il “Campetto di calcio” posto dietro la chiesa, la “Cripta” che utilizzavamo, per gl’incontri formativi e ludici, i ragazzi che frequentavamo l’azione cattolica, il “Cineforum”, dov’egli stesso proiettava i “filmini” (diaporama) educativi dopo avere predisposto le bobine cinematografiche in un vecchio proiettore manuale.

    Anche Padre Barresi, persona dal fisico magrissimo, è stato un baluardo per noi. Egli ha affiancato l’opera educativa cristiano- cattolica di Padre Trapani e alla morte di quest’ultimo, avvenuta nell’anno 1994, l’ha proseguita per altri dieci anni, fino al momento in cui anch’egli ha raggiunto l’ultima meta cristiana: il Paradiso.

    Auspicherei, con questo spero non inopportuno intervento, che le autorità ecclesiastiche o chi è responsabile della cappella del clero, d’attenzionarla rendendola più consona a una sepoltura degna di chi ospita le spoglie di persone che hanno sacrificato la loro vita per guarire le sofferenze dell’animo umano, dando un concreto esempio d’evangelizzazione e di formazione cristiana per una più completa educazione sociale delle future generazioni.

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