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Chiesa di S. Giuseppe, storia di un gioiello abbattuto nel '68 perchè pericoloso

di: Vito Marino - del 2015-12-09

Immagine articolo: Chiesa di S. Giuseppe, storia di un gioiello abbattuto nel '68 perchè pericoloso

La chiesa di San Giuseppe fu costruita per iniziativa della locale "Compagnia dei falegnami e bottai”. I lavori iniziarono nel 1616, il cappellone venne costruito nel 1627 e fu completata nel 1646. L’edificio sacro, fabbricato nell’allora Piano del Pozzo di Sitti nel quartiere di San Nicolò ( oggi Piazza Diodoro Siculo), segnava l’inizio della "regia trazzera" per Trapani.  

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  • La “Strata di Sitti (oggi via Pietro Luna) diventò così una strada chiusa alle due estremità dalla chiesa di San Giuseppe e da quella della Sanità (Nostra Signore della Misericordia), come si deduce da un atto di vendita in notar Vincenzo Graffeo, del  23 gennaio 1624.

    La chiesa, sotto le cure della compagnia dei falegnami e bottai fu ceduta nel 1660 ai Padri Carmelitani di S. Teresa, che già si erano insediati nell'adiacente convento, fatto erigere dai principi della città.

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  • L’edificio, dopo il sisma del 15 gennaio del 1968 aveva subìto pochi danni ma, siccome fu considerato “pregiudizievole per la pubblica incolumità”, dopo alcuni mesi di transennamento, l’amministrazione comunale pensò bene di demolire chiesa e convento annesso e così risparmiare i fastidi della ricostruzione; ora essa si trova in uno stato di rovina, ne rimangono in piedi il campanile, parti delle strutture murarie, parti della navata e l'abside con l'altare maggiore, con gli stucchi realizzati nel 1651 da Antonino Ferraro jr.

    La sacrestia è rimasta integra e la Confraternita ancora l’utilizza per la preparazione e l’allestimento dei pani votivi e degli altari di San Giuseppe, come pure per la preparazione della processione dell’Aurora che si tiene la domenica di Pasqua. Le parti rimaste in piedi negli anni '90 furono sottoposti ad un restauro conservativo permettendo ancora di ammirare parte dell'opera di Antonino Ferraro.

    In un opuscolo di A. Giardina si legge: << Il (cappellone) presbiterio della chiesa, già innalzato nel 1627, fu decorato di stucchi nel 1651 da Antonino Ferraro Junior, nipote dell'omonimo Antonino che decorò San Domenico. Nella parete d'altare egli realizza una complessa macchina di gusto manieristico costituita da due coppie di colonne reggenti un timpano triangolare spezzato sul quale s'innesta un'edicola con medaglione a rilievo in stucco raffigurante la morte di San Giuseppe.

    Le due coppie di colonne delimitano una nicchia centrale dove era ospitata la statua lignea del santo titolare. Nei relativi intercolumni sono accolte due statue di santi in stucco, purtroppo decapitate. Fa da sfondo un grandioso tendaggio in stucco annodato in cima ad una corona c sorretto, lateralmente da angeli. II presbiterio di San Giuseppe, testimonia - nelle forme decorative a stucco - quel momento di transizione tra gusto manieristico ed i primi annunci del barocco>>.  

    Il convento dei Padri Carmelitani Scalzi, intitolato a Santa Teresa, fu costruito attiguo alla chiesa di San Giuseppe e con la stessa data, a cura e spese dei principi di Castelvetrano Don Ettore e Donna Giovanna Aragona Pignatelli Cortez.

    La costruzione del convento teresiano conferirà al piano di Sitti una caratteristica scenografica, evidenziata dalla volta che, congiungendo chiesa e convento, permetteva il transito tra il piano di Sitti e la vasta area chiamata “Siniedda”.

    Nel 1862, a seguito della soppressione del liceo, il convento ospitò la biblioteca comunale fino al 1869, quando la biblioteca ebbe degna sede nell’ex convento di San Domenico dove rimase per cento anni fino al 1968.

    Agli inizi del 1900 il convento fu destinato a caserma delle guardie urbane, quindi, per un certo periodo l’edificio fu adibito a scuola elementare (nel 1945 io vi frequentai la prima classe) e ad uffici comunali. Rimasto chiuso per tanti anni, dopo il terremoto del 1968, tutto il convento, come pure una parte della chiesa furono  barbaramente demoliti, per ordine del sindaco di allora, perché considerati pericolanti, senza nessun tentativo di recupero.

    Purtroppo eravamo in un periodo storico iniziato intorno al 1960, in cui si effettuò a Castelvetrano, il sacco della città con la distruzione sistematica di edifici storici e artistici, in nome della modernità e degli interessi privati, a causa di una bassa cultura del bello e dell’arte. 

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