Partanna, la fontana dell'“Itria” tra mitologia e storia. Alla scoperta dell'abbeveratoio ottocentesco
di: Vito Marino - del 2018-01-27
L’uomo, in un passato non troppo lontano, durante la civiltà contadina, per eseguire i lavori più pesanti si serviva dell’aiuto “di li vestii” (delle bestie da soma). Prima di spuntare l’alba i contadini già “avaravanu” (partivano per andare in campagna) e già si sentivano sul selciato i rumori dei carri e degli zoccoli degli animali.
Allora la pastorizia era molto sviluppata, poiché il latifondo lasciava più terreni incolti a pascolo; inoltre, i terreni seminativi erano lasciati incolti un anno ogni due, per la rotazione agraria, cioè per farli riposare e reintegrare di azoto .
Tutti questi animali avevano bisogno, specialmente nel periodo estivo, d’acqua da bere. I Comuni, a tale scopo avevano costruito diversi “abbiviraturi” (abbeveratoi o beverini) anche di una certa bellezza architettonica; oggi sono tutti scomparsi, diroccati, travolti dalla ventata euforica di modernità, che ha coinvolto anche molti monumenti e molti edifici antichi di notevole interesse architettonico e storico.
Detti abbeveratoi si trovavano principalmente agli ingressi del paese, per permettere agli animali da soma di dissetarsi al loro rientro dalle campagne. Gli abbeveratoi per gli ovini e caprini si trovavano nelle campagne ed erano molto bassi.
Si trattava di vasche rettangolari in muratura, dentro le quali si raccoglieva l’acqua potabile che usciva dal “cannolu” (un tubo metallico); a volte, per economizzare l’acqua, al tubo c’era avvitato “l’aciddittu” (il rubinetto). Per invitare il proprio animale a bere, il padrone gli fischiava in modo particolare. Un proverbio di quei tempi, infatti, diceva: “Si lu sceccu nun voli viviri, è ‘nutili chi ci frischii”. Per “cannolu” s’intendeva anche la fontanella senza abbeveratoio.
Quest’acqua serviva a rifornire d’acqua potabile le numerose famiglie più povere, che non possedevano pozzo o cisterna o l’allaccio con la rete idrica comunale. Succedeva che in certe ore di punta della giornata si creava una ressa di donne che dovevano riempire brocche e recipienti vari; la lunga attesa, il chiacchierio e la prepotenza di qualcuna di loro, provocava spesso discussioni animate, ma anche bisticci con tirata di capelli e brocche rotte.
Dopo l’unità d’Italia, nel 1866 i Savoia, istituirono “la cinta daziaria” a tutti i Comuni d’Italia che chiudeva l’aria cittadina, obbligando a pagare il dazio per tutta la merce che entrava ed usciva dalla città. Oltre tale cinta il dazio non si pagava. A causa della cinta daziaria la gente per non pagare il dazio preferiva abitare fuori della cinta daziaria. Vista l’intensa attività che si svolgeva fuori la cinta daziaria, nelle campagne furono costruiti abbeveratoi più o meno monumentali, che ancora si possono ammirare a testimonianza di un’antica civiltà ormai scomparsa.
A Castelvetrano cannola e abbiviratura sono stati tutti tolti, perché una ventata di modernità, apportata dalla globalizzazione, ha cancellato il più possibile quello che aveva d’antico, compresi monumenti e palazzi d’interesse storico e monumentale, per sostituirlo col “moderno”.
La città di Partanna è stata più fortunata perché possiede ancora alcune fontane o abbeveratoi che dir si voglia, di ottima fattura architettonica.
La fontana della foto rappresenta quella detta “Itria”, una fontana-abbeveratoio pubblica ottocentesca barocca che si trova quasi a toccare la vecchia strada che da Partanna porta a Santa Ninfa. Dopo il terremoto era stata restaurata, ma con la costruzione di una nuova strada e con l’abbandono di quella vecchia, la fontana rimase isolata, abbandonata a se stessa, in balia dei vandali, per cui è stata depredata dei due grandi vasi che si trovavano sopra i due massicci “pileri” (colonne). Detta fontana si chiama "Itria", perché al centro c’è una scultura raffigurante l’itria, un animale marino mitologico. Volendo saperne di più ho consultato alcuni amici miei di Partanna, fra cui lo storico Passalacqua, che ha scritto molto sulla storia di quella città; purtroppo, mi ha spiegato Passalacqua, mentre in altre fontane esistono ancora le lapidi con qualche iscrizione, su questa non esiste alcuna lapide.
Fra le altre fontane pubbliche che si trovano a Partanna, una si trova sulla vecchia strada Partanna – Castelvetrano, vicino alla località dove avviene periodicamente la fiera del bestiame di Partanna e si chiama “biviratura nova”; un’altra si trova in contrada Vallesecco, un’altra in contrada Canalotto, sulla strada che dal semaforo all’entrata di Partanna porta alle acque Pie; in questa fontana, intorno agli anni 70 andavo a fare provvista d’acqua potabile.