• A3 Conad
  • A3 dottor Gianni catalanotto
  • A3bis Farmacia Rotolo
  • Farmacia Rotolo Castelvetrano
  • Pavia Car r2 omaggio fino al 31 dicembre

"La mia vita tra rianimazioni, anestesie e adrenalina". Storia di Antonino Poma. Da CVetrano a Milano

del 2016-09-20

Quando si entra in sala operatoria si prova paura. Ci si affida alle mani di un team di medici, ognuno con ruolo diverso. L’anestesista è in prima linea in delicati momenti di emergenza in cui decisione, sangue freddo e competenza permettono di salvare vite. 

  • Fratelli Clemente Febbraio 2023 a7
  • E’ come un “custode” che fa la guardia e che tenta in tutti i modi di “riacciuffare” chi si sta “perdendo”, cercando di scongiurare la morte.  E’ come “tenere una vita in mano”, e tale ruolo richiede sicuramente prontezza, sangue freddo e grande professionalità come quella acquisita dal castelvetranese dirigente medico Antonino Poma, Anestesista rianimatore di cui la redazione di castelvetranonews vi racconta in questa intervista. 

    Antonino, parlaci di te

    “Sono originario di Castelvetrano, nato a Marsala, vivo a Milano da poco più di due anni, ho 34 anni e ho scelto Medicina subito dopo la maturità classica".

    Come mai hai scelto Anestesia e rianimazione?

    “Ho scelto anestesia e rianimazione perché mi piace molto il campo delle emergenze, l'adrenalina, l'idea che in pochi istanti puoi salvare la vita di una persona. Devi essere sempre lucido e pronto, anche quando ti squilla il telefono alle tre di notte per un'urgenza. Non mi sono mai immaginato ad esercitare il mio lavoro seduto dietro una scrivania. Poi mi affascina molto l'anestesia e il ruolo dell'anestesista che secondo l'idea di molti è soltanto colui che addormenta e svegli i pazienti, invece c'è ben altro.”

    Cosa fa l’anestesista rianimatore?

    “In breve, l'anestesista rianimatore non solo addormenta il paziente facendogli perdere coscienza tramite farmaci ipnotici, provvede alla curarizzazione rilasciando la muscolatura, procede all'intubazione orotracheale collegandolo al respiratore, monitora costantemente i parametri vitali durante un intervento e se la situazione dovesse precipitare deve essere prontissimo per rianimare appunto il paziente sotto i ferri.

    Poi l'anestesista, oltre alla sala operatoria, lavora anche in terapia intensiva, non proprio un bel reparto. Lì, purtroppo, vediamo i casi più critici e facciamo di tutto per fare in modo che i pazienti lascino nel più breve tempo possibile questo posto".

    Che realtà hai frequentato durante il tuo percorso formativo?

    “Ho frequentato l'università di Palermo, dove mi sono laureato e specializzato. Gli anni di Palermo li reputo positivi, ho fatto diverse esperienze, girato parecchi ospedali dal Policlinico, al Civico, al Cervello, a Villa Sofia, alla Clinica Maddalena, all' ISMETT. In ogni ospedale ho imparato qualcosa. Forse quella dell'ISMETT è stata l'esperienza più importante dal punto di vista professionale e dell'apprendimento a Palermo. Questo centro è davvero una bella realtà in Sicilia. Lì, oltre alle chirurgie maggiori, ho visto diversi trapianti d'organo, quali fegato, cuore etc. Mi ha dato veramente tanto".

    Esperienza che ricordi in modo particolare?

    “Altra valida e stimolante esperienza durante la specializzazione è stata quella del 118 e dell'elisoccorso. Fare il Rianimatore in elicottero è stata un'esperienza unica.”

    Invece a Londra?

    “Gran parte dell'ultimo anno della mia specializzazione l'ho trascorsa a Londra, al St. George's Hospital, dove ho lavorato per la mia tesi di specializzazione. L'esperienza londinese è stata positiva, ho frequentato la terapia intensiva generale e quella postcardiochirurgica. Mi sono occupato prevalentemente del monitoraggio emodinamico del paziente in sala operatoria e in terapia intensiva. Ero seguito da uno dei più grandi esponenti mondiali di emodinamica, il Dottor Maurizio Cecconi, che presiede la sezione emodinamica e cardiovascolare della Società Europea di Terapia intensiva, con cui ho avuto il piacere di collaborare per la mia tesi di specializzazione, insieme, ci tengo a ricordarlo, alla Dott.ssa Cesira Palmeri del Policlinico di Palermo".

    Subito dopo esserti specializzato, come hai proseguito?

    “Dopo la specializzazione è iniziata la mia esperienza a Milano, al Centro Cardiologico Monzino, che è il più grande ospedale cardiologico d'Europa. Lì ho lavorato come cardioanestesista, quindi avevo a che fare quotidianamente con pazienti che venivano sottoposti ad interventi al cuore, come sostituzioni di valvole cardiache, by-pass aortocoronarici, in più mi occupavo anche della terapia intensiva postcardiochirurgica. Inoltre esplicavo il mio ruolo di anestesista per la chirurgia vascolare e per le procedure di aritmologia, come ablazioni di fibrillazioni atriali o di altre aritmie. Quella del Monzino è stata un'esperienza molto importante da un punto di vista professionale.”

    Attualmente di cosa ti occupi?

    “Adesso invece lavoro all'ospedale di Legnano, dove sono un anestesista in diversi campi, come la neurochirurgia, la chirurgia generale, la chirurgia ortopedica e tramautologica, la chirurgia pediatrica, l'ostetricia e ginecologia, la chirurgia maxillo-facciale, la chirurgia plastica etc. Essendo polispecialistico, questo ospedale mi permette di crescere e imparare diverse discipline e non di settorializzarmi su un'unica specialità. Questo mi piace molto, è molto stimolante.”

    Quanto è importante prevenire?

    “La prevenzione è molto importante nel mio campo, ma a volte eseguire un'accurata anamnesi del paziente in condizioni di vera emergenza non è proprio semplicissimo, per via del poco tempo che hai a disposizione! Devi agire subito ed essere pronto a qualsiasi imprevisto, come per esempio uno shock anafilattico, un'emorragia massiva o un arresto cardiaco improvviso!” 

    Com’è il lavoro in sala operatoria a livello emotivo?

    “Ricordo la primissima volta che entrai in una sala operatoria, facevo ancora il tirocinio da studente, era un intervento di cardiochirurgia. Quando il chirurgo eseguì la sternotomia del paziente, aprendo quindi il torace, e vidi il cuore del paziente battere dal vivo a pochi centimetri da me, beh sì, quella volta mi emozionai un pó. Adesso cerco di essere più distaccato o comunque non farmi prendere troppo dalle emozioni per via del mio delicato compito di anestesista rianimatore. Magari oggi la cosa che più mi emoziona sono le lacrime, gli abbracci e il grazie dei parenti di qualche paziente operato a cui abbiamo salvato la vita. Forse solo in queste circostanze oggi mi sento un uomo realizzato!!”

    Quanto conta la gavetta per raggiungere brillanti traguardi come i tuoi?

    “La gavetta è importante, e io ne ho fatta tanta. Ogni attimo, in ogni ospedale che ho frequentato, è stato importante per la mia crescita professionale, che comunque è appena iniziata. Oltre la gavetta sono importanti anche i sacrifici nello studio. Però poi il tutto viene ripagato con queste piccole soddisfazioni. L'importante è la costanza nello studio ma soprattutto la passione per quello che stai facendo. Bisogna non solo credere fortemente ai propri sogni, ma inseguirli.”

    Come dirigente medico cosa è cambiato?

    “Oggi come dirigente medico, a differenza del periodo della specializzazione, ho molte più responsabilità. Prima la vivevo con più spensieratezza ecco. Appunto per questo, oggi, non posso fermare le mie conoscenze e devo continuare ad aggiornarmi quotidianamente. In sala operatoria insieme a me, non c'è più il medico più grande pronto sempre a sistemare tutto e a "mettere una pezza" nel caso di un tuo errore. Adesso nelle emergenze sono da solo, e devo avere non due ma quattro occhi, per cercare di sbagliare il meno possibile".

    Ti senti realizzato?

    “ Se penso ai lunghi anni di studio adesso posso dire di essere felice, perché ho raggiunto il mio obiettivo di diventare dirigente medico anestesista. Se mi chiedi se mi sento realizzato ti rispondo di no. Devo crescere ancora tanto professionalmente, imparare ancora tante cose. E questo lo vedo ogni giorno. Ogni giorno, in ogni intervento c'è sempre da imparare.”

    Non pensi ci sia un divario tra i servizi sanitari al sud e al nord Italia?

    “Anche al sud abbiamo delle belle realtà, vedi per esempio l'ISMETT citato all'inizio, ma non solo. Al nord magari funziona tutto un pó meglio, non solo per quanto riguarda la sanità. La cosa che noti qui al nord è che forse si guarda meno l'orologio e gli orari di lavoro. C'è una mentalità al lavoro più spiccata rispetto al sud. E comunque di medici bravi l'Italia è piena dal nord al sud".

    E rispetto all’Inghilterra?

    “Al St. George's Hospital di Londra, ogni giorno collaboravo con medici provenienti da tutte le parti del mondo, come giapponesi, americani, indiani, pakistani etc. di conseguenza mi confrontavo con diversi modi di vivere e di approcciarsi al paziente. In Inghilterra c'è molta cura e dedizione per i pazienti anche in termini di tempo. Faccio un esempio. Per discutere sullo stato dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, si svolgevano meeting di circa 2-3 ore, seduti attorno ad un tavolo, proiettando le cartelle cliniche, con esami, terapie di ogni singolo paziente, e coinvolgendo più figure possibili, anestesisti, biologi, farmacisti, cardiologi, infettivologi, ognuno dei quali interpellato su eventuali proposte terapeutiche per il paziente. Questo giorno per giorno".

    La tua tesi per la laurea in Medicina e Chirurgia si basa sul paracetamolo, ovviamente su scala diversa. Ne vogliamo parlare per i nostri lettori, visto l’apprestarsi della stagione autunnale con i suoi raffreddori in correlazione con l’abuso che spesso si fa di analgesici?

    “Il paracetamolo, rispetto ai classici FANS, ha minori affetti collaterali, infatti non é gastrolesivo e non interferisce con la coagulazione sanguigna. Occorre soltanto farne un buon uso e non superare la dose di 4 grammi al giorno, in quanto può essere epatotossico. È un ottimo analgesico e antipiretico, ma ha bassissime proprietà antinfiammatorie. Non bisogna, in genere, fare un abuso di farmaci, come ad esempio gli antibiotici, in quanto si possono generare delle resistenze. Ricordiamoci sempre che il farmaco è una sostanza estranea per il nostro organismo, è un "veleno" a tutti gli effetti".

    Ti piacerebbe lavorare in Sicilia?

    “Mi piacerebbe moltissimo un giorno ritornare in Sicilia ed esercitare la mia professione giù. La Sicilia mi manca molto. Torno spesso. Mi manca tutto, il mare, il clima, il calore delle persone, gli amici di sempre, il buon cibo, il tempo che sembra essersi fermato, i ritmi, i silenzi (non quelli di viale regione siciliana a Palermo però). Ma soprattutto mi manca la mia famiglia, tutta, e in particolare i miei genitori, che mi hanno cresciuto, educato, fatto studiare ed è solo grazie a loro che oggi sono potuto diventare un dirigente medico anestesista".

    Da piccolo, cosa volevi fare da grande?

    “Da piccolo sognavo di fare o il medico o l'attore. Un sogno si è realizzato".

    Probabilmente i set cinematografici sarebbero stati più' divertenti ma non paragonabili alla soddisfazione che può regalare salvare una vita umana. Ringraziamo il dott. Poma per la sua disponibilità a raccontarsi ai lettori Castelvetranonews e gli facciamo i complimenti per la sua carriera in ascesa.

    Vuoi essere aggiornato in tempo reale sulle notizie dalla Valle del Belìce? Clicca “Mi piace” su Castelvetranonews.it o seguici su Twitter