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Una tesi di laurea sui social network tra dipendenze e i rischi per i giovani. Intervista a Federica Cancemi

di: Mario Butera - del 2018-09-07

Immagine articolo: Una tesi di laurea sui social network tra dipendenze e i rischi per i giovani. Intervista a Federica Cancemi

Federica Cancemi, laureata in Scienze della Comunicazione, ha sviluppato per l’occasione una tesi su un tema che tocca tutti da vicino e soprattutto riguarda tutti. Social Network e possibile devianza tratta di questo la sua tesi. Raggiunta dalla nostra redazione ci racconta il suo lavoro.

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  • Il titolo della tesi è "Devianza giovanile nel mondo dei social": di cosa hai parlato in particolare?

    Nel mio elaborato ho voluto studiare il fenomeno della “devianza” sotto diversi profili ed esternazioni. Mi sono soffermata, inoltre, sulla devianza concepita come un concetto bilaterale che associa la devianza passiva a quella attiva, il blue whale è il non plus-ultra di tale combinazione.

    Ovviamente la devianza, come tutti i fenomeni sociali, va studiata contestualmente al periodo nel quale viene sviluppata. L’età infantile o adolescenziale viene presa sotto esame in quanto le possibili forme devianti trovano ottimo terreno fertile nel quale svilupparsi e manifestarsi, data la fragilità e inconsapevolezza del soggetto durante questo frangente temporale.

    Fondamentale capirne le cause, i relativi effetti e le possibili soluzioni. Per capire ciò ho dovuto studiare le radici di questo fenomeno, partendo dall’etimologia della parola fino ad arrivare allo studio sui vari approcci filisofici e sociologici.

    Dunque partendo dalle basi storiche ho conseguito lo studio della mia tesi andando avanti negli anni fino ad arrivare all’età moderna e del web 3.0, per capire come internet e i social (di cui progressivamente abusano i giovani, spesso senza misure e giusti limiti e controllo) possano indurre a esternazioni devianti.

    La devianza è il “non essere conforme alla norma o alle regole sociali“, basata sul concetto di anomia, assenza di regole ed estraniazione dell’individuo. In ogni società sono presenti forme di eterogeneità, e ne fanno parte soggetti inclini a presentare forme maggiormente lievi o più gravi di devianza. Essa può degenerare successivamente in criminalità e sviluppare stadi sempre più acuti del fenomeno fino ad arrivare al suicidio.

    Come nasce l’idea di dedicare la tua tesi a questo argomento?

    Ho voluto procedere alla tesi di questo elaborato con la prof.ssa Anna Fici, docente di “Sociologia del mutamento culturale e sociale”, per spiegare come un fenomeno non nasca da una causa ben precisa, ma al contrario ogni fenomeno è il riflesso della sfera culturale del soggetto preso in esame, il quale espone ogni peculiarità di essa sotto diversi profili.

    La società di oggi non garantisce futuro e inibisce la cultura a favore della spettacolarizzazione mediatica, cruda e senza filtri.

    L’autolesionismo sempre più diffuso tra giovani. Che cosa hai scoperto di questo caso e come i social possono arrivare a influenzare le menti dei giovani?

    Il caso del blue whale è l’emblema di come un contesto poco sicuro come internet, l’età delicata presa in questione, e la dedizione al plagio e alla manipolazione sugli adolescenti, siano elementi fondamentali che assemblati creino un mostro mediatico che ha portato conseguenze ancora più gravi rispetto alla veridicità del fenomeno stesso, il quale ancora oggi presenta diverse lacune e pecche giornalistiche.

    Si tratta di un fenomeno gonfiato che su una base pressochè reale ha creato diversi effetti potenzialmente rischiosi nella massa. Non è più importante capire se si tratti o meno di una fake news, in quanto se uno scandalo viene concepito e raccontato come reale, saranno reali anche le conseguenze. Da quì il sorgere di potenziali rischi, come l’eccessiva visibilità ed emulazione, evidenziato dalla teoria di Thomas e dal cosiddetto effetto werther.

    Dietro quello che “ci è stato raccontato”, c’è molto altro. Tutto nasce da implicazioni politiche e da Putin che col governo russo cercava escamotage ben studiati per aumentare i controlli su internet e sulle telecomunicazioni.

    Verità che non molti sanno ma che è la base per capire non solo il rischio che si incorre quando si è un pubblico passivo ed inconsapevole, ma soprattutto di come i giovani siano in balia di input esterni che vanno bloccati in partenza.

    Il soggetto deviante attivo, ovvero lo studente di psicologia Budekin, è riuscito ad indurre al suicidio 16 adolescenti russi, tramite meccanismi persuasivi come quello “dell’esclusività”, ovvero l’eccitazione che si prova nel far prove estreme e far parte di un gruppo “esclusivo” e segreto, e soprattutto i meccanismi della desensibilizzazione sistematica e della dissonanza cognitiva.

    La desensibilizzazione sistematica comprende un percorso pensato per far perdere alla vittima la paura in modo graduale, abituare al dolore e anestetizzare le aree celebrali rendendo il soggetto accondiscendente oltre che autolesionista.

    Questo percorso si conclude al termine dei 50 giorni previsti per il gioco della morte, e arrivati alla fine si prevede l’innescamento naturale di una forma di coerenza, dove paradossalmente risulta più facile per la vittima accettare l’idea di doversi buttare da un palazzo volutamente, piuttosto che tornare indietro ripensando alle prove crudeli fatte nei giorni precedenti.

    Il fenomeno è arrivato anche in Italia e a causa della tempestività e diffusione della notizia lo ha reso ancora più famoso e pericoloso in tutto il mondo. Non sempre fare cronaca è un bene per la società, specie se accaduti di tal misura vengono trattati con leggerezza e inadeguatezza, come lo stesso giornalista delle Iene M. Viviani ha ammesso, pentito, di aver fatto.

    Le iene hanno fatto conoscere il fenomeno in Italia e hanno lanciato numeri e video non direttamente riconducibili al blue whale con il solo intento di fare un boom di ascolti, portando a conseguenze, come già ho espresso, negative e a rischio emulazione  i giovani spesso senza adeguato controllo e sicurezza sono in balia di questo potente strumento.

    In che modo secondo te andrebbero previste forme di controllo e di “polizia” per evitare usi distorti?

    Riallacciando il discorso al fenomeno del blue whale, la cosa positiva di aver creato panico tra i genitori e nelle scuole, è stato un doveroso intervento da parte delle forze dell’ordine nelle varie istituzioni scolastiche e ambienti di ritrovo dei giovani, per visionare e bloccare fenomeni similari o di natura ambigua.

    Le varie piattaforme mediatiche sono state visionate dai genitori e impostate sotto un ordine di “parental control” e bolle di filtraggio. Le forze dell’ordine devono essere vigenti e presenti non soltanto dopo una bomba mediatica di tale misura, ma lavorare in modo costante per garantire una sicurezza ai giovani e maggiore serenità ai genitori.

    Inoltre, serve che i pediatri capiscano la presenza di atteggiamenti e patologie devianti, spesso fantasmi agli occhi di tutti, prima che possano degenerare. Serve che siano preparati e intuitivi nel saperli riconoscere e affrontare.

    Fondamentale trovare una cooperazione tra ambiente scolastico e familiare, ambienti che condizionano lo sviluppo del soggetto e che devono promuovere l’educazione, l’ascolto, la fiducia e la responsabilità. Bisogna sollecitare forme di controllo e privacy, monitoraggio e aiuto.

    I social che tra esaltazione e demonizzazione sono parte integrante della vita di tutti noi in quest’era del web 3.0. Parlare di “dipendenza” da Social e’ sbagliato o è vero che ormai la gente senza i social si sente fuori dal mondo e isolato?

    Varie forme di devianza sono presenti tra i giovani e molte sono scaturite dai social, mondo virtuale nel quale interagiscono e si plasmano, si nascondono e si distruggono. Vivono per dei like, e sono in bilico tra successo virtuale e morte reale.

    Fenomeni devianti che vanno dal cyberbullismo all’anoressia, per poi passare alla sindrome di hikkomori (dipendenza dal web) fino ad arrivare al selfie mania, pratica che Codeluppi definisce maniacale e psicotica, una vetrinizzazione di sè no stop.

    Ragazzine che per emulare le fashion blogger, vanno incontro ad imposizione di standard sempre più effimeri ed una enfatizzazione di valori basati sull’estrema superficialità odierna. Ma come si apprende dalle teorie di Umberto Eco, non bisogna analizzare un fenomeno sotto profili puramente scissi in forme di demonizzazione o esaltazione.

    Ci sono i pro e i contro in ogni elemento, sarebbe troppo facile attribuire ai social e ad internet la causa della devianza giovanile, i problemi dei ragazzi, invece, sono a prescindere dalla piattaforma social, sono insiti dentro di essi.

    Gli elementi di distorsione psicologica ci sono sempre stati in ogni ambiente sociale e in ogni era, quello che cambia è la frequenza, rapidità e facilità con le quali queste forme prendono forma, servendosi di mode o attitudini diverse in ogni era sociale.

    A proposito di Social e di comunicazione, tu che sei ormai una esperta nonché amante di Selinunte che tipo di strategia comunicativa potrebbe aiutarla a essere più conosciuta nel mondo?

    La bella Selinunte è un luogo di cultura, di storia, memoria. Ed è proprio su questi valori che si deve necessariamente basare la crescita dei giovani, valori di rispetto, di tradizione e sapienza. Solo così la società può creare basi salde e concrete per il mondo di domani, ridando la fiducia al mondo di oggi.

    Sarebbe utile finanziare progetti di ricerca, statistiche, interviste e focus groups, dove poter lavorare per creare mattoncino su mattoncino un mondo che sia il riflesso di una società ribaltata dalla presa di coscienza e conoscenza.

    Cosa vuoi fare da grande?

    Il mio percorso di studi proseguirà concentrandosi su un percorso dedito alla comprensione della semantica della comunicazione, la quale è il fulcro e chiave di tutto ciò che ci circonda e che viviamo.

    Terminata la chiacchierata non ci resta che ringrazia Federica e farle un grosso in bocca al lupo per la sua carriera.

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