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Tra ricerche di consenso e approvazione eppure non si vive per far felici gli altri

di: Dott.ssa Fabrizia Modica - del 2020-07-16

Immagine articolo: Tra ricerche di consenso e approvazione eppure non si vive per far felici gli altri

Un errore molto comune che l’essere umano è soggetto a fare è quello di agire e comportarsi in maniera tale da ottenere consenso e approvazione. Che si tratti della propria famiglia, del proprio partner o degli amici, comportarsi mettendo come priorità il consenso altrui non reca mai beneficio alla psiche; cerchiamo di capire il perché.

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  • Ogni individuo è dotato di caratteristiche di personalità differenti da un altro soggetto, questo è ciò che ci rende unici. Crescendo la nostra personalità viene forgiata dall’ambiente esterno (ambiente familiare, ambiente sociale) e questo indubbiamente crea nell’individuo ulteriori tratti distintivi che provengono quindi dall’esperienza.

    Idee, sogni, modi di pensare, sono solo alcune caratteristiche uniche che ci differenziano dal resto del mondo; nel momento in cui reprimiamo la nostra essenza per far prevalere sogni, idee e aspettative di un’altra persona stiamo facendo un enorme danno alla nostra persona.

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  • Esistono tuttavia delle situazioni in cui le nostre azioni e decisioni possono coinvolgere uno o altri soggetti, ed è normale che in questo caso bisogna parlare di “compromesso” al fine di arrivare ad una soluzione ideale per tutti i soggetti coinvolti.

    Ma quelle circostanze che riguardano decisioni strettamente personali che influiscono sulla nostra salute fisica e psichica non possono prevedere come priorità il parere di terzi. Cerchiamo meglio di capire con degli esempi la distinzione di queste due situazioni: “Ho deciso che io e il mio compagno andremo a vivere all’estero”. Questa è una situazione in cui la nostra decisione coinvolge in prima persona un altro soggetto e quindi è inevitabile che dovremmo tenere conto anche del parere di quest’ultimo e agire solo quando si sarà raggiunto un accordo.

    “Non posso lasciare questo lavoro, nonostante non mi renda felice, perché altrimenti la mia famiglia e i miei amici potrebbero ritenermi un fallito”. Questa è una situazione che non può tenere conto del parere di terzi perché ci tocca in prima persona e ci reca disagio. È una situazione che deve avere come priorità il parere di chi vive la sofferenza.

    Spesso ci si ritrova invece a mettere in atto scelte privilegiando la volontà degli altri. A cosa porta tale atteggiamento? Bassa autostima, frustrazione, scarsa soddisfazione personale, ansia e stress sono solo alcune delle conseguenze che genera un meccanismo di questo tipo.

    Dietro la banale frase “non si vive per far felici gli altri” si nasconde una tragica verità quella di chi si è dimenticato di sé stesso.

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