"Dubbi e perplessità sulle demolizioni a Triscina. Vi spiego perchè la situazione non migliorerebbe"
del 2017-09-02

Il terremoto ad Ischia, a torto o ragione, ha riportato all’attenzione dei media, il tema dell’abusivismo edilizio in Italia che, al pari di tante altre emergenze, si deve ascrivere non solo alla responsabilità degli autori dell’illecito, ma anche degli organi preposti alla vigilanza ed alla politica, che ha utilizzato strumenti legislativi di sanatorie, inutili perchè inefficaci per la soluzione del fenomeno.

In verità, ancor prima di questa ultima campagna nazionale, un po’ urlata, a sostegno di demolizioni sempre ed a prescindere, di milioni di abitazioni abusive nel paese, nella nostra Città, i cui organi amministrativi elettivi sono stati sciolti per decisione del Governo, è stato dato annuncio che da parte dei commissari che si intende procedere nella frazione di Triscina, nota in negativo alle cronache Italiane per la rilevante misura di abitazioni abusive, con demolizioni , già ordinate dal giudice con la sentenza che ha concluso il procedimento penale per l’abuso edilizio.
E’ evidente che i commissari, chiamati a risolvere le criticità nell’amministrazione cittadina, cercano di dare segnali forti di legalità,con attività volte al ripristino del buon governo locale.

Ma bisogna, pure, dire che, ferma restando l’applicazione di una prima pesante sanzione, rappresentata dall’acquisizione dell’immobile al patrimonio indisponibile del Comune, l’applicazione della ulteriore sanzione di demolizione delle costruzioni, nel contesto specifico di Triscina dove, si dice, trovasi circa tremila costruzione sanate (oltre a quelle migliaia di costruzioni legittimamente realizzate ) e nel medesimo spazio territoriale circa tremila costruzioni abusive, suscita dubbi e perplessità, pur condividendosi la valenza positiva dell’effetto repressivo del fenomeno che gli amministratori vogliono dare.
Occorre premettere che l’azione di costruzione abusiva genera due illeciti: il primo, amministrativo, per il quale sono previste sanzioni di natura amministrativa ( fra cui le più rigorose sono acquisizione gratuita pubblica della proprietà con la conseguente demolizione) ordinate dal Sindaco, (ora dal dirigente) mentre il Consiglio Comunale, per legge, ha potestà di deliberare, motivatamente, la dichiarazione di conservazione della costruzione per prevalenti interessi pubblici, e quindi consentire la non demolizione, fermo restando la proprietà del Comune .
Il secondo è illecito penale, per il quale è prevista una sanzione penale che può essere accompagnata dall’ordine giudiziale di demolizione, come sarebbe nel caso delle annunciate demolizioni a Triscina.
Tenuto conto che sul punto la giurisprudenza amministrativa è molto contrastante, sorge lecito il dubbio e si pone un quesito in ordine a quale relazione giuridica, se esiste, intercorra fra la sentenza del procedimento penale di competenza del giudice, e la susseguente attività amministrativa sanzionatoria, ancora da espletare, di competenza del Sindaco (ora dirigente) e del Consiglio Comunale, che sono deputati, a differenza del giudice penale, a svolgere valutazioni ed apprezzamenti amministrativi sugli interessi pubblici prevalenti in gioco.
Il quesito che pone dubbi, in sostanza, si può così riassumere:
a fronte di una sentenza che conclude il procedimento penale, sia con una assoluzione, o con una sanzione penale che può essere accompagnata da un dispositivo di demolizione della costruzione, la susseguente attività del procedimento amministrativo del Sindaco e del Consiglio mirata all’applicazione delle sanzioni ammini- strative, in particolare la demolizione, è attività vincolata ?
Se l’attività e la decisione amministrativa fosse vincolata, nel caso di assoluzione nessuna sanzione amministrativa potrebbe essere applicata dagli organi comunali, e nel caso di condanna penale il Sindaco ed il Consiglio Comunale sarebbero paralizzati da questa decisione del giudice, ad essa devono pedissequamente a conformarsi ordinando, come atto dovuto, la demolizione, senza poter estrinsecare la loro competenza in ordine alla valutazione ed apprezzamenti di interessi pubblici che consentirebbero la conservazione della costruzione abusiva.
Gran parte della giurisprudenza amministrativa sostiene l’assoluta autonomia e distinzione dei due filoni procedimentali, quello penale e quello amministrativo.
Se si segue, pertanto, questa tesi giurisprudenziale, dovrebbe ritenersi che, anche dopo una sentenza penale di assoluzione, il sindaco ( ora dirigente) ed il Consiglio Comunale possono, comunque, applicare le sanzioni amministrative, anche di demolizione, e parimenti dopo una sentenza di condanna penale contenente l’ordine di demolizione, gli organi comunali conservano integrale potestà, di cui sono titolari, in tema di provvedimenti sanzionatori amministrativi, per cui, in particolare, possono adottare la demolizione o la conservazione della costruzione, in base alle proprie valutazioni sugli interessi pubblici da far prevalere.
Nel caso del Comune commissariato è ovvio che ai commissari compete l’esercizio delle funzioni del Sindaco e Consiglio Comunale, e secondo la sopracitata giurisprudenza, dunque, esisterebbe ancora la potestà di quest’ultimo organo di dichiarare, in base alla legge, l’esistenza di interessi pubblici prevalenti che consentono di non procedere con la demolizione e conservare una specifica costruzione abusiva, sempre ferma restando l’acquisizione della stessa al patrimonio comunale indisponibile.
Ulteriore perplessità e dubbio, nello specifico caso delle demolizioni di Triscina, sembrano nascere dalla circostanza, che, come indicato nella norma, la sanzione della demolizione ha natura non riparatoria bensì ripristinatoria; cioè l’abbattimento è finalizzato all’interesse pubblico di eliminare gli effetti lesivi della costruzione abusiva, con l’esplicito scopo della legge, però, di ricondurre la situazione ambientale e paesaggistica dei luoghi alla loro condizione originaria.
Sembrerebbe che le norme vigenti, siano stati pensate e scritte per i casi di qualche costruzione abusiva, sporadica in un contesto urbanistico formatosi legittimamente nel tempo, non certo per i casi come Triscina ( o tanti altri Comuni Italiani ) dove, in cinquanta anni, con il colpevole assenso implicito degli organi preposti alla vigilanza, comunali e regionali, nel medesimo spazio territoriale, sono state costruite sette mila case abusive, di cui, per di più, circa tre mila ora sanate da leggi del parlamento e quattro mila da demolire.
Nessuno dovrebbe trascurare che in questo specifico contesto spaziale unitario di Triscina esistono migliaia di abitazioni sanate in base alla legge, costruite anche sulla spiaggia, che si intersecano con migliaia di abitazioni non sanate, e, quindi, molte delle demolizioni avverrebbero a macchia di leopardo , e con la verosimile conseguenza che demolizioni, non correttamente valutate, non solo non raggiungeranno la finalità prescritta dalla legge, cioè il ripristino dello stato dei luoghi, che erano tutti vigneti, ma anzi, si correrà il rischio di peggiorare l’aspetto ambientale e paesaggistico della stessa Triscina.
Ci si può domandare,dunque, se in questo particolare contesto dell’abusivismo di Triscina, alla luce di probabili conseguenze peggiorative dei luoghi, per talune demolizioni non possano sussistere, con accertamenti caso per caso, i presupposti di interesse pubblico e di non contrasto con specifici interessi urbanistici od ambientali, che consentirebbero al Consiglio Comunale ( o commissario) come prescritto dalla legge, di dichiarare l’interesse pubblico alla conservazione demolizione di tali costruzioni.
Una ultima perplessità, infine, nasce dalla circostanza che gran parte delle abitazioni soggette a demolizione presentano una notevole diacronia tra il momento in cui si è realizzato l’abuso e quello in cui viene emanato l’atto sanzionatorio della demolizione, infatti, gran parte delle costruzioni risalgono a venti e più anni, prima dell’ordine di demolizione.
E’ vero che, per giurisprudenza costante, l’illecito edilizio penale e quello amministrativo non sono soggetti a prescrizione né a decadenza.
E’ pur vero, però, che la giurisprudenza amministrativa e concorde nello affermare che nei casi di notevole diacronia fra il momento dell’abuso e quello dell’ordinanza di demolizione, l’ordinanza di demolizione deve essere motivata in modo puntuale con la indicazione dello specifico interesse pubblico al ripristino dei luoghi.
Poiché si può presumere che, in molti dei casi soggetti ad ordinanza di demolizione, non ci potrà essere ripristino dei luoghi, anzi si peggiorerà lo stato di degrado urbanistico e paesaggistico dell’ambiente, l’ordinanza di demolizione potrebbe correre il rischio di impugnativa per mancanza od insufficienza di motivazione dell’interesse pubblico attuale alla demolizione.
Pur riconoscendo la valenza positiva dell’iniziativa dei commissari del nostro Comune, che correttamente cercano di porre in essere atti di buon governo, qualità che è mancata agli amministratori eletti, sia in Comune che in Regione, che non solo hanno mancato al dovere di vigilanza, incentivando, così, le attività di costruzioni abusive, sia a Triscina che nel territorio del capoluogo cittadino,( gli abusi edilizi sono anche in Città) e nella Sicilia intera, ove si valuta esistano oltre 50 mila costruzioni da demolire, ma, pure, non sono stati in grado, per un trentennio, di adottare forti ed efficaci atti legislativi ed amministrativi.
Ci si deve chiedere, come cittadini, se sarà possibile risolvere l’emergenza delle abitazioni abusive in Sicilia, con l’unico strumento delle demolizioni.
A questa domanda, nel Giornale di Sicilia di oggi 1*settembre, risponde l’ex Sindaco di Licata, Cambiano, chiamato eroe perché ha disposto una settantina di demolizioni nel suo Comune, e con queste parole riconosce che le demolizioni non sono soluzione all’emergenza abusivismo :
“Intervenire con le ruspe a distanza di quaranta anni, magari in un contesto urbanizzato, non può essere la medicina che guarisce la malattia. Vanno trovate soluzioni che contemplino la riqualificazione,il risanamento e la messa in sicurezza”.
Parole, sono da sottoscrivere anche perché ci sarebbe il rischio che, applicando alla lettera la legge, si violi Giustizia ed eguaglianza fra i cittadini,come talvolta avviene in Italia.
Bisogna che sia la politica ad affrontare e risolvere l’emergenza abusivismo con una legge di riordino delle costruzioni abusive che dia competenza ai Comuni di adottare specifici piani di recupero delle costruzioni illegittime, purchè che non contrastino con interessi edilizi- urbanistici- ambientali e paesaggistici, sostituendo alle sanzioni ripristinatorie, quali l’acquisizione della proprietà da parte del Comune e la conseguente demolizione, con una forte sanzione pecuniaria.
Più volte l’Assemblea regionale ha accantonato proposte simili che risponderebbero ad interessi di tanti cittadini , mentre, invece, si è premurata a ripristinare centinaia di poltrone politiche nelle Provincie siciliane.
In conclusione, ci si deve chiedere, oggi, nel rispetto di una legittimità sostanziale delle norme, si possono adottare soluzioni amministrative più eque della demolizione, per i casi ove sussistano presupposti che consentano la dichiarazione del Consiglio Comunale di esistenza di interesse pubblico alla conservazione della costruzione, invece che la demolizione?
Non conosco le norme del regolamento adottato dal Comune di Bagheria, conosco per esperienza professionale diretta, l’attività amministrativa che è stata attuata nel Comune di Parma, intorno agli anni duemila, quando si è scoperto, in sede di rilascio di abitabilità, che quasi un intero nuovo quartiere era stato costruito con alloggi che avevano una cubatura tripla rispetto a quella autorizzata, e quasi tutti gli alloggi erano stati già alienati con formalizzati compromessi e caparre sostanziose.
Gli amministratori del tempo ed il Consiglio Comunale ordinarono- come dispone la legge- la demolizione delle opere abusive che, ovviamente, non fu eseguita.
Il Comune, in conseguenza, ha acquisito la proprietà di tutte le costruzioni che sono entrate a far parte del patrimonio indisponibile comunale, ma, nel contempo, la politica del tempo si è assunta la responsabilità, attraverso una motivata deliberazione all’unanimità del Consiglio Comunale, di non applicare,la ulteriore sanzione della demolizione, e conservare le costruzioni abusive.
Successivamente, trattandosi di patrimonio non disponibile, gli alloggi sono stati dati in concessione amministrativa per novanta anni, a fronte di un canone annuo soggetto ad aumenti periodici collegati ad indici ISTAT, agli stessi cittadini che avevano già pagato con il compromesso quote rilevanti del prezzo di acquisto.
Mi rendo conto che la situazione dell’abusivismo non solo a Triscina, ma anche a Castelvetrano, è un po’ diversa dal caso citato, anche se pare che alcune costruzioni abusive a Triscina sono state alienate con un rogito formale, ma ritengo che, in attesa di un intervento legislativo regionale, alla luce delle perplessità ed i dubbi che ho cercato di illustrare, per certi casi per i quali si verrebbe, verosimilmente, a determinare solo un maggior degrado urbanistico-paesaggistico, una soluzione amministrativa, forse, si potrebbe anche tentare.
Stelio Manuele