Chiacchiere e ricordi di “curtigghiu” castelvetranese tra personaggi e aneddoti estivi
di: Pietro Errante - del 2021-08-30
Una delle consuetudini tipiche degli anni 50-60-70 a Castelvetrano (ma diffusa anche nei piccoli centri limitrofi del Belice) era la classica riunione pomeridiana di adulti che si sedevano davanti ai cortili o ai soppalchi delle abitazioni per stare un po’ al fresco e “godersi” il passeggio.
Gruppi di cinque – sei persone, solitamente vicini di casa, magari abitanti nello stesso cortile, si spostavano dalle proprie abitazioni muniti di sedia per posizionarsi all’esterno sul ciglio della strada. Seguivano lunghe chiacchierate con aggregazioni di altre persone che si aggiungevano al chiacchiericcio fino a tarda notte.
C’era lu zu Cola cu lu sicarru, lu zu Aspanu cu lu muzzuni, donna Nenè cu li peri torti, mastru Petru mezzacanna, la za Ntonia binirica: racconti quasi sempre di problemi coniugali, pettegolezzi, barzellette, condivano le serate estive dei Castelvetranesi negli anni in cui ancora il televisore non era così diffuso come oggi.
La scarsa tecnologia favoriva un più autentico rapporto interpersonale. Noi bambini di allora passavamo davanti a lu zuTuri col classico “assa binirica!” al quale si rispondeva col rassicurante “santu e riccu figghiu beddu!” La za Ciccina ci sgridava per gli schiamazzi di noi ragazzini alle prese con i giochi di un tempo(nascondino, palla avvelenata, il cerchio, la carriola, le partite col pallone di pezza).
Specie gli anziani e soprattutto gli uomini erano soliti appoggiare lo schienale della sedia al muro assumendo una pericolosa posizione obliqua che però favoriva la pennichella o comunque un certo rilassamento post prandiale.
Con le mani incrociate i due pollici si sfioravano in circolo o si sormontavano a vicenda l’uno sull’altro con cadenza ritmica quasi a scandire il passare del tempo.
Ovviamente non esistevano ancora i condizionatori, si cercava refrigerio tra alberi, nei giardini, in campagna o al mare. Le stradine del centro storico erano piene di cortili spesso limitati da archi d’ingresso. Ai due lati degli archi si posizionavano i nonni e le nonne che ,a causa dei problemi uditivi dovuti all’età, erano costretti a urlarsi addosso .
“Chi dicisti” “comu” “chi” e il tono della voce diventava sempre più alto rimbombando nel silenzio della sera anche a tarda ora. Il rito si ripeteva in tutti i rioni di Castelvetrano dove erano dislocati tantissimi cortili: San Giovanni, Itria, Salute, Badia, Santo Padre, Addolorata, San Giuseppe, la Misericordia, Lu Fossu, ecc.
La circostanza aveva il suo culmine davanti ai circoli ricreativi (specie Circolo Gioventù e Società operaia)dove i soci sostavano (lo fanno tuttora ma molto meno di prima) all’ombra degli alberi fino a tarda ora.
Anche nella vicina Selinunte era molto in uso per chi vi villeggiava, passare intere serate a starsene seduti davanti alla porta di casa, per godersi la frescura pomeridiana e serale ma soprattutto il crescente passeggio con l’immancabile don Totò che passava con la sua ineguagliabile carrozzina che distribuiva coni di granita e il venditore di semi che spingendo la carriola gridava “chi l’aiu cavura!” . Qualcuno gli rispondeva “accura chi t’abbruci” e via uno scrosciare di risate a crepapelle.