Quando si giocava con la "traccola" ed il giocattolo era "a costo zero"
di: Vito Marino - del 2018-01-09
Anche se la traccola riprodotta nella foto non rispecchia fedelmente quella che costruivamo noi ragazzi negli anni ’50, l’effetto sulla mia memoria è stata come un colpo di frusta, perché mi ha riportato alla mia lontana giovinezza, quando la vita che ci si presentava davanti era lunga e cosparsa di rose e fiori e quando noi ragazzi, per ammazzare il tempo e possedere un giocattolo a costo zero, ci costruivamo le traccole, che allora chiamavamo “trik trak” o “troccula”, con mezzi di fortuna.
Si tratta di uno strumento musicale che produce brevi e secchi rumori. E’ composto da tre pezzi di legno sottili, “tavulocci” dei quali quello centrale, più lungo, funge anche da manico e gli altri due, posti lateralmente sono legati alla parte del manico. Scuotendo il manico le due “tavolocce” si alzano e abbassano alternativamente producendo il suono.
In un altro tipo di traccola, che chiamavamo “raanedda”, fatta sempre di legno, il suono è invece ottenuto facendo ruotare una parte dello strumento con un movimento centrifugo. Grazie a questo movimento un lembo di legno batte ripetutamente su di una ruota dentata, producendo quindi il suono sordo.
Ma, il “trik trak” non è un vero giocattolo e neppure un vero strumento musicale degno di essere ascoltato; serviva e serve ancora per altri usi e in casi limitati: Col martedì grasso termina la baldoria carnascialesca; una volta, alle 22 o alla mezzanotte suonava il campanone con un segno a morto, per indicare la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima. I mesti rintocchi avvertivano la gente che era ormai giunta l'ora di abbandonare i sollazzi carnevaleschi e di pensare alla penitenza quaresimale.
In chiesa, nella ricorrenza del “Giovedì Santo”, le campane vengono suonate fino al “Santo” della messa in Coena Domini, quindi, non suonano più: “s’attaccanu li campani”, si dice; gli altari si spogliano e non si canta più il “Santo”, fino alla cerimonia di resurrezione di Cristo, che una volta avveniva il Sabato Santo.
Al posto delle campane, che una volta si legavano veramente, si suonano “li trik trak” di legno (le traccole), con un suono stridulo e profano. Al momento della Resurrezione: “s’asciogghinu li campani” e tutto torna normale. Ma durante questi giorni, considerati dal popolo di vero lutto, una volta, diciamo intorno agli anni ’50 del secolo scorso, l’intera comunità partecipava con vera espressione di dolore, la ricorrenza della morte di Cristo: La radio trasmetteva soltanto musica sinfonica e mia madre ci richiamava quando cantavamo, perché si era in lutto.
Anche nei monasteri i monaci, in sostituzione della campanella, che regolava lo svolgimento di tutte le funzioni della vita monastica, come le ore liturgiche e le normali preghiere, si usavano la traccola. In segno di lutto, anche il carrettiere toglieva i sonagli al cavallo e i pastori e i bovari facevano lo stesso con i loro animali togliendo i campanacci.
A Trapani, in occasione della processione dei misteri, in sostituzione della campanella si usa il trik trak per dare in segnale di fermata e di partenza ad ogni pesante fercolo.