Gennaro Santillo e il nuovo percorso calcistico che stava iniziando a CVetrano, una vita spezzata dai bombardamenti
di: Salvatore Di Chiara - del 2021-02-02
Quel filo conduttore triste, relega la nostra mente verso un periodo grigio nella sua metamorfosi storica. Catalizza quella dissuasione per cui la guerra sia il monito esatto del potere, di una conquista formale e semplicistica. La morte, il dolore, una vita spezzata improvvisamente, senza poter toccar con mano il motivo di quell'orrenda battaglia.
Nel ricordo appena trascorso dell'Olocausto ed il pensiero infimo ai caduti in guerra, una menzione speciale per Gennaro Santillo. Lo spezzino salito al cielo nel pieno della sua umanità contrastante e fiorente.
Una vita da mediano, centromediano, regista (nel gergo calcistico attuale), un ragazzo fine, esile e dalla lucidità immensa. Un uomo venuto dal nord, dopo aver portato la sua città (La Spezia) sino in serie B. Dopo aver trascorso sette anni in Liguria, riceve un'offerta importante ed irrinunciabile.
Il Palermo ha appena conquistato la massima serie e le chiavi del centrocampo vengono consegnate ad una mente pensante, geniale e di classe. S'affermerà per otto anni consecutivi, disputando quattro massimi tornei e dopo una retrocessione nella serie cadetta, altre quattro stagioni con i rosanero. Deciderà di chiudere nel Grosseto in serie C.
Un giocatore di spessore, amato da nord a sud, capitano dei rosanero con ben 243 gare disputate, diventerà un idolo incontrastato dei tifosi. Le convocazioni ai raduni della Nazionale di mister Pozzo, seppur non scenderà mai in campo, rappresentano uno stile inconfutabile ed aristocratico.
Santillo è stato apprezzato e proclamato tra i migliori del ruolo, subito dopo Luisito Monti e Fulvio Bernardini, elogiandone la sua flebile posizione in campo. Fu battezzato come fiato di struzzo e cuor di leone, per quell'impagabile senso della posizione.
Nello splendore della vita terrena, il colpo di grazia subito. Lo scoppio della guerra, quell'impercettibile senso d'inadeguatezza, dovendo scovare i cosiddetti "nemici di campo" e non rincorrendo l'avversario o costruendo geometrie millimetriche. Iniziò un percorso a ritroso, durato pochi mesi che, lo portarono nella nostra Castelvetrano.
La città, quel lasso di terra immerso ed incastonato tra le meraviglie storiche, vinicole ed olearie, si ritrovò teatro di guerra. Giorni funesti, lontani dalla celestiale consuetudine calcistica, da quegli allenamenti duri, pesanti, fisici e roboanti.
Un convoglio ferroviario nel quale Santillo si ritrovò (13 aprile 1943), come tanti nella nostra città, pieno zeppo di soldati. Lasciati soli nella lotta contro il nemico invisibile e rimediare al mancato controllo di una guerra senza moralità ed utilità. In quell'istante, terminerà la vita di uno dei massimi esponenti calcistici degli anni trenta, bombardato da aerei nemici.
La fine ingiusta ed ingloriosa di un uomo che, stava iniziando un secondo percorso calcistico, insegnando schemi e tecnica ai suoi allievi. Castelvetrano è stato il suo ultimo atto presente, sperando di attraversare quell'orizzonte buio per cui era stato chiamato ed invece, ha rappresentato il passaggio verso la morte.
Santillo è stato e sarà ricordato come una voce nell'immensa ingiustizia storica, figlio dell'anarchia mentale e quella mancata gestione emotiva.
Coloro che son partiti da lontano, hann vissuto, combattuto, lottato e perso la vita in molti casi senza poter coltivare e realizzare i propri sogni futuri. Non dimentichiamoli e lasciamoli nell'indesiderato possesso storico, alimentando una forte convinzione di poter cambiare le regole della vita.