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In ricordo di Tommaso Mangiapanello nella Castelvetrano socialista del 1920

di: Vito Marino - del 2017-10-29

Immagine articolo: In ricordo di Tommaso Mangiapanello nella Castelvetrano socialista del 1920

Terminata la I Guerra Mondiale, l’Italia si trovò disastrata nelle zone di guerra e distrutta moralmente ed economicamente con una spaventosa svalutazione monetaria e debito pubblico alle stelle. I contadini e gli operai erano al limite della sopravvivenza; di contro gli agrari latifondisti, si erano ulteriormente arricchiti con l’aumento dei prezzi agricoli, e lo stesso era successo agli industriali  con le abbondanti forniture di elementi bellici durante la lunga guerra.

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  • Ma, per gli agrari, gli industriali e per la ricca Chiesa stava arrivando un grande pericolo: il comunismo che, affermatosi in Russia e in altri paesi bussava alle porte dell’Italia. Infatti, nel 1921 nasce il partito comunista per opera di Gramsci e Bordiga e nel 1922 nasce il partito socialista unitario per opera di Treves e Matteotti. Ma dal partito socialista si stacca un gruppo capeggiato da Mussolini, che forma il partito Fascista che già nelle elezioni del 1921 ottiene 35 deputati.

    Durante le operazioni di guerra, ai soldati combattenti era stata promessa la suddivisione delle terre ai contadini; ma la proposta di legge, apportata in un primo tempo dallo stesso Mussolini nel 1921 fu accantonata, dimostrando così fin dall'inizio che il fascismo si configurava come difensore degli agrari  e del grande capitale; mentre, per assicurarsi l'appoggio dei cattolici, Mussolini elaborò nel 1923 col filosofo Gentile la riforma della scuola, con l’introduzione dell'insegnamento della religione nella scuola elementare e il  riconoscimento ufficiale delle scuole secondarie cattoliche.

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  • L’arco di tempo che va fra il 1919 e il 1920 caratterizzato da una serie di lotte operaie e contadine viene comunemente chiamato “biennio rosso”: la classe operaia e contadina, che non avevano avuto nessun potere nel corso della storia, chiedevano l’assegnazione delle terre non coltivate, ai contadini e una rappresentazione operaia nel consiglio di fabbrica. Nel 1920 vi furono in Italia più di 2.000 scioperi e più di 2.300.000 scioperanti; nello stesso anno, i lavoratori organizzati in sindacati ammontavano a più di 3.500.000, di cui 2.150.000 nella sola C.G.L.

    Il noto scrittore Valerio Massimo Manfredi in “Hotel Bruni”, così rappresentava quegli anni di lotta:  <<Tutti i proprietari terrieri si erano allora coalizzati per far rappresentare i socialisti come dei sovversivi rivoluzionari, da paragonare ai bolscevichi che in Russia avevano rovesciato lo zar e massacrato tutta la famiglia. Per ottenere il loro scopo, già da anni avevano finanziato e sostenuto il movimento dei Fasci Combattenti guidato da Benito Mussolini e le sue squadre d’azione che picchiavano, intimidivano, terrorizzavano chiunque volesse schierarsi a favore dei braccianti e dei contadini>>.

    Le squadracce fasciste, per come furono definite,  diedero alle fiamme sedi di partiti, di giornali; uccisero direttamente o causarono la morte indirettamente (con incendi ed incidenti provocati) di migliaia di persone; assaltavano sedi comunali dove le elezioni amministrative avessero portato la vittoria delle sinistre; aggredivano cortei con lanci di bombe a mano.

    Nella sola pianura padana, nei primi sei mesi del 1921, gli attacchi operati dalle squadre fasciste furono 726. Gli obiettivi di questa violenza mostrano chiaramente cosa le squadre fasciste volevano colpire e da quali interessi erano sostenute. Furono colpite: 59 case del popolo, 119 camere del lavoro, 107 cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni socialiste, 100 circoli culturali, 28 sindacati operai, 53 circoli ricreativi operai.

    Gli organi dello Stato che avrebbero dovuto mantenere l'ordine, non intervennero per reprimere le illegalità. In alcuni casi, le forze di polizia si affiancarono alle squadre fasciste. Comunisti e anarchici reagirono con la creazione delle squadre degli Arditi del Popolo (epica fu, ad esempio, la difesa di Parma, assalita da migliaia di fascisti nell'agosto del 1922).

    Mussolini, dopo la scenata teatrale della marcia su Roma e la formazione del primo governo, ottenuta la fiducia per il suo nuovo governo di coalizione (fascisti+liberali+cattolici) ebbe per 12 mesi i pieni poteri richiesti per ristabilire l'ordine pubblico, ma fu l’inizio della lunga notte fascista.

    Le violenze non mancano anche in Sicilia e a Castelvetrano in particolare. Nel 1920 le liste del PSI per la prima volta conquistano la maggioranza dei voti a Monte San Giuliano (Erice), Paceco, Partanna, Santa Ninfa; a Castelvetrano nel mese di  novembre viene eletto sindaco della città il socialista Antonino Tommaso; tra i suoi assessori c’è un contadino che aveva organizzato le agitazioni agrarie dell'autunno: Tommaso Mangiapanello.

    Il nuovo sindaco socialista trova il Comune in condizioni disastrose, riscontrando gravi irregolarità amministrative ereditate dalle precedenti amministrazioni, per cui denuncia pubblicamente questa situazione in un volantino del gennaio del `21, nel quale anticipa una linea dura volta a perseguire le effettive responsabilità.

    Intanto si avvicinavano le elezioni provinciali del 19 febbraio 1922 e pochi giorni prima, esattamente il 23 gennaio 1921, mentre il Mangiapanello percorreva la Via Quintino Sella, nei pressi della chiesa della Misericordia, venne avvicinato da due sicari della mafia  e, colpito mortalmente da diversi  colpi di pistola, morirà il giorno dopo.

    Tommaso Mangiapanello, socialista, assessore e vicesindaco del Comune di Castelvetrano fu un abile organizzatore delle lotte agrarie per togliere ai baroni latifondisti i terreni incolti, per assegnarli  ai contadini nullatenenti.

    Come delegato al IV Congresso socialista della provincia, nel settembre 1920, Mangiapanello non aveva mancato di sottolineare le divisioni politiche esistenti tra i pochi grandi proprietari della sua città; pochi giorni dopo, partecipa al Congresso contadino di Marsala, come rappresentante della lega di Castelvetrano. Come assessore alla polizia rurale era concorde con l’amministrazione comunale e alla sua corretta linea di condotta.

    TOMMASO MANGIAPANELLO nacque a Castelvetrano l’8/3/1899, sposato in prime nozze con Montoleone Caterina ebbe una figlia: Maria; mentre in seconde nozze con Scordia Vincenza ebbe tre figli: Ciro Giuseppe, Pietro e Giovanni. Siccome in punto di morte Mangiapanello aveva parlato e indicato i nomi degli assassini, gli stessi carabinieri, onde evitare altre esecuzioni sulla famiglia aiutarono i figli maschi a rifugiarsi nella lontana Genova, dove si formarono una nuova vita.

    La sua morte non è valsa a nulla, perché fu presto dimenticato anche dagli stessi compagni socialisti, come pure furono dimenticati i morti della strage dell’8 maggio 1921 Infatti in quella data, di nuovo a Castelvetrano, in occasione di un comizio elettorale da parte di Emanuele Sansone, socialista, di Mazara, le squadracce fasciste, con la mafia locale, in Piazza Umberto I hanno provocato una strage fra la popolazione inerme. Tutti i particolari di questa strage sono stati da me riportati in un mio precedente articolo di alcuni anni fa già pubblicato.

    Lo Stato liberale non fu in grado  o non volle trovare i colpevoli. Infatti, sia la strage del 8 maggio 1921 che l'omicidio Mangiapanello restarono impuniti, lasciando chiaramente interpretare come l'opera repressiva del nascente fascismo, con i suoi legami con la mafia e la vecchia classe dirigente, miravano allo smantellamento delle organizzazioni economiche e politiche del movimento contadino.

    A Castelvetrano, poche settimane dopo l'omicidio Mangiapanello, gli amministratori socialisti si dimetteranno e torneranno al governo della città i vecchi partiti, mentre ormai si avvicinavano gli anni bui del regime fascista. Sarebbe giusto ricordare queste vittime della violenza; per mezzo delle loro idee e del loro sacrificio si sono gettate le basi per la democrazia e per il benessere, che ancora sopravvivono, anche se per poco tempo ancora, perché si vanno disgregando, in attesa di tempi duri per i lavoratori.

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