“Lu Fossu” a Castelvetrano e quella cava di mattoni di tufo con cui fu costruita la chiesa di San Domenico
di: Vito Marino - del 2019-12-11
Durante la civiltà contadina molto marcata era la scala sociale. Agli ultimi posti si classificavano i contadini, i pastori, li iurnateri. All’ultimo posto in assoluto ci stavano: “lu rantuni, lu vastasu e lu nettacessi” Lu rantuni era una persona guardata con disprezzo, perché zotica, senza mestiere che si adattava a fare il guardiano del “rantu” o della “ranta”.
“La ranta” era un luogo chiuso ove venivano custoditi gli animali quadrupedi, sorpresi a pascolare abusivamente nelle proprietà di un nobile dei vecchi tempi. Qui era richiuso anche il bestiame sfuggito al proprietario e ritrovato, in attesa della riconsegna.
“La ranteria” era il privilegio dato dal sovrano al nobile ricco proprietario terriero, di potere riscuotere una multa “diritto di erranteria” dal proprietario degli animali sorpresi nei suoi possedimenti a pascolare abusivamente.
In Sicilia, nei diversi territori comunali, la ranta comunale era istituita dal sovrano. In tempi relativamente recenti, quando questi sistemi arcaici sono scomparsi, in molti comuni siciliani esisteva ancora una contrada chiamata ranteria o erranteria,
A Castelvetrano la via Calatafimi, meglio conosciuta, per una antica denominazione, come “fossu”, una volta era adibita a “ranteria”.
“Lu Fossu” in lingua siciliana è la buca. Infatti, nel lontano passato in questa zona, allora bosco (la selva di San Domenico), in occasione della costruzione della chiesa di San Domenico (1470) sorse una cava di mattoni di tufo per la costruzione della chiesa stessa.
Questa enorme buca rimase tale per tanti secoli; durante le abbondanti piogge questa fossa si riempiva d’acqua, formando un laghetto. I monaci domenicani, proprietari di questo luogo, che abitavano nel monastero di San Domenico, li vicino, aguzzando l’ingegno, nel laghetto vi allevarono pesci. Successivamente, forse perché vi prosperava la malaria, l’acqua fu fatta defluire per un canale di scolo, ma rimase questa depressione, appunto: “lu fossu”.