"Lu tianu" e "li sfinci" di San Giuseppe. Tra gastronomia e usanze la tradizione si ripete
di: Vito Marino - del 2018-03-17
(ph. www.oggi.it)
In tutte le famiglie castelvetranesi, in occasione di questa eccezionale ricorrenza è rimasta la consuetudine di mangiare “lu tianu di San Giuseppi”, un piatto locale, il cui condimento è preparato con tutte le numerose e abbondanti verdure di stagione, cucinate in tutte le maniere, con l’aggiunta di uva passa, pinoli, sarde fresche. In un tegame si dispone la pasta, il condimento e abbondante salsa di pomodoro; a più strati; quindi, sopra si aggiunge mollica e mandorle “atturratati” (abbrustolite) e il tutto va a finire nel forno per la cottura finale.
Una volta questa pietanza si sistemava in un tegame di terracotta, si metteva sulla “furnacella” o sulla “tannura” con il carbone acceso e dell’altro carbone acceso si sistemava su un apposito coperchio, sempre di terracotta (focu sutta e focu supra); oppure si infornava nel forno a legna, immancabile in quasi tutte le case.
In occasione della ricorrenza di San Giuseppe, considerata in tutta l'Isola la prima festività della nuova stagione primaverile, oltre che la festa del papà, nelle famiglie continua la consuetudine di mangiare “li sfinci di San Giuseppi”. Molti li preparano in casa, altri li comprano.
Bisogna, però, dire che ormai si può trovare e consumare in tutti i giorni dell'anno.
Il nome sfincia deriva dal latino spongia, "spugna", ma può derivare dall’arabo. isfanc "spugna". Questi nomi hanno origine dalla particolare forma di questo dolce, che si presenta come una frittella morbida e dalla forma irregolare, proprio come una vera e propria spugna.
L'origine di questo dolce è antichissima, tanto che compare scritta, anche se con nomi diversi, nella Bibbia e nel Corano. Inoltre, pare che sia l'evoluzione di pani o dolci Arabi o Persiani fritti nell'olio. Col tempo questa gustosa e semplice frittella è stata trasformata in un dolce prelibato dall'abilità delle suore del monastero delle Stimmate, situato a Palermo, che l'hanno tramandato ai pasticcieri palermitani e l'hanno dedicato al Santo degli umili, come umili del resto sono anche gli ingredienti. I componenti del dolce, tipicamente siciliani sono: crema di ricotta, grani di pistacchio e canditi di scorza d'arancia.
Secondo una vecchia tradizione, la sfincia veniva preparata dalla suocera per la nuora per cercare di "addolcire" i rapporti tra le due, tipicamente parecchio difficili e ostili a causa della gelosia delle due donne nei confronti, rispettivamente, del figlio e del marito.