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Vito Marino ricorda Giovanni Modica l'orologiaio. Una persona stimata che porta via con sè la storia di CVetrano

del 2018-04-22

Immagine articolo: Vito Marino ricorda Giovanni Modica l'orologiaio. Una persona stimata che porta via con sè la storia di CVetrano

Voglio anch’io dare il mio piccolo contributo carico di ricordi per il signor Giovanni modica morto all’età di 96 anni il 18/4/2018. Se dico di essergli stato amico non è un vanto per me, perché lui, per il suo carattere espansivo, e, principalmente per la sua perizia ed onestà nello svolgere il suo lavoro di orologiaio, conosceva tutto il paese e tutti conoscevano lui.

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  • Sono andato a visitarlo per l’ultima volta l’anno scorso e lui con orgoglio mi ha mostrato tanti cimeli, accumulati nel suo lungo andare della vita. Hanno attirato la mia attenzione un ventaglio e un bocchino d’argento per fumare, che furono regalati ad un suo antenato, Mariano Modica, sindaco di Castelvetrano per 5 legislature, dalla regina Carolina d’Austria moglie di Ferdinando IV re delle Due Sicilie.

    La regina nel 1813 si trovava relegata a Castelvetrano per 83 giorni, sotto la sorveglianza dell’esercito borbonico, in attesa di imbarcarsi da Mazara, per l’esilio in Austria. In quei giorni, mi raccontava il Modica, la regina chiese ripetutamente asilo in qualche famiglia amica, come Polito o Mariano Modica, sfuggendo alla sorveglianza, perché, a quanto essa asseriva aveva paura di essere uccisa dagli inglesi; a quanto sembra la regina tramava con i Francesi per scacciare gli Inglesi.

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  • Giovanni Modica rappresentava la memoria storica di Castelvetrano, come lo erano stati nel passato tutti gli anziani ancora funzionanti. Infatti, nel lontano passato e fino alla metà del secolo scorso,  a causa del diffuso analfabetismo la cultura si tramandava oralmente da padre in figlio di generazione in generazione. La persona anziana di quegli anni era rispettata e trattata con riguardo, perché rappresentava il ricordo vivente e il custode di ciò che non c’è più. 

    Il sig.  Modica che invece sapeva scrivere bene,  ha trasmesso i suoi ricordi illustrando la Castelvetrano dei vecchi tempi con tanti fattarelli solo  a lui noti, che inviava di volta in volta che emergevano dalla sua mente, al giornale “Agave” e al “Belìce”.

    Da giovane aveva preso l’abitudine di riportare in un grosso quaderno tutti gli eventi più importanti della giornata, compresa la pioggia forte e la neve quando eccezionalmente cadeva, riportando anche, da bravo orologiaio, anche le ore e i minuti. Degli articoli pubblicati ho conservato i ritagli tratti dai detti giornali, come ricordi di un passato che ormai non ci appartiene, ma che continua tramite questi scritti. 

    Figlio di un altro prestigioso orologiaio riparava anche i grossi orologi campanari delle chiese di Castelvetrano. Egli svolgeva il suo lavoro nella piccola bottega, che fu anche  del padre, posta in piazza Umberto 1° a fianco della Fontana della Ninfa. ad iniziare dagli anni ’40 e per più di mezzo secolo.

    Voglio raccontare un aneddoto sulla sua persona, del quale sono stato testimone: <<Mi trovavo nella sua bottega, mentre un altro cliente, soltanto a titolo di cronaca, raccontava al sig. Modica che moltissimi anni prima aveva lasciato per riparazione al padre, un orologio, che poi non aveva più ritirato.

    Il Modica allora prese una scatola con tanti vecchi orologi e chiedendo il nome al cliente ha rintracciato l’orologio in discussione, lo ha controllato e, visto che funzionava l’ha restituito al cliente. Il cliente, rimasto meravigliato voleva pagare e il sig. Modica ha risposto: “a me non deve niente, se vuole può pagarlo a mio padre” (che era morto già da tempo)>>.   

    Il mestiere di orologiaio era molto importante, fino agli anni ‘50 i contadini regolavano l’ora solare attraverso la traiettoria del sole oppure seguendo i rintocchi delle campane, che suonavano ad orari stabiliti. Il resto della popolazione portava un orologio da tasca, posto nel taschino del panciotto, con una vistosa catena spesso d’oro, o con l’orologio da polso.

    In casa c’era la classica sveglia cilindrica o i lussuosi orologi a pendolo alti circa due metri, che segnavano le ore o le mezz’ore con dei colpi di gong. C’erano anche una varietà di pendoli a parete o da porre come soprammobili sul “cantarano” o sul “mobiluccio” o sul “Tangili” del salotto.       

    VITO MARINO

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