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Venerdì Santo a CVetrano. Rivedi la Celebrazione della Passione del Signore

di: Vito Marino - del 2020-04-10

E' stata trasmessa la Celebrazione della Passione del Signore dalla Chiesa della Badia, celebrata da Don Rino Randazzo.

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  • Di seguito alcuni ricordi di Vito Marino: A Castelvetrano, fino agli anni ’60, in occasione della processione del Venerdì Santo, o della Via Crucis, che dir si voglia, importantissima era la presenza delle “Marie”, ragazzine vestite di nero con i folti capelli neri arricciati, che portavano in mano i dadi, i fasci con scure dei littori, le aquile, tutte insegne della legione romana; tenaglia, martello, scala, gallo, tre chiodi, corde, telo con il volto di Cristo, corona di spine, lenzuolo, tunica rossa, bandiera color porpora con la scritta “ S.p.R.”, spugna, lancia, flagelli, croce, colonna, ed altri. 

    Portavano anche, in argento, la patena, l’ostensorio, la pisside, l’incensiere, il calice, il vaso con l’unguento e altri oggetti, che rappresentavano i misteri della passione di Cristo. Altri bambini suonavano “lu trik trak” (le traccole).

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  • Esse rappresentavano il dolore dell’umanità, ma anche l’innocenza e la purezza, che conducevano sulle spalle la colpa e i peccati di tutta la società, simboleggiati dai “misteri” che portavano in mano.  Alcune donne vestite di nero, che rappresentavano “le Veroniche”, portavano il volto di Cristo riprodotto sulla tela. Seguivano le numerose altre confraternite con i “fratelli” incappucciati e moltissimi fedeli.

    Tutti recitavano una preghiera particolare, in lingua siciliana, “l’acqua e lu pani vulemu Signuri”, seguiva un colpo sordo di tamburo; “pietà e misericordia Signuri”, un altro colpo sordo di tamburo. Quindi “lu tammurinaru”, che apriva la processione, in segno di lutto non doveva suonare alla maniera tradizionale, ma dare dei colpi secchi per accompagnare la preghiera.     

    Anche il tamburo in segno di lutto portava attaccata una “scocca” nera (dei nastri neri). Nelle manifestazioni religiose, le bambine (li virgineddi), simbolo d’innocenza, sono state sempre presenti e protagoniste nelle ricorrenze religiose; infatti, nella processione del “Signuri di lu tri di Maiu” partecipavano 60 ragazzine vestite con una gonna blu, una camicetta marrò e un cordoncino blu; camminavano a piedi scalzi e portavano in testa una simbolica corona di rovi o di rose (erano “li virgineddi di San Francesco” o “li puvureddi” francescani); mentre, nella ricorrenza di San Giuseppe erano vestite di bianco con il giglio bianco in mano. 

    A Mazara in occasione dell’Aurora di Pasqua partecipano bambini vestiti da angeli, santi e monachelle. Si trattava di una tradizione sicuramente unica nelle tradizioni cristiane; una ricchezza per il turismo, che non abbiamo saputo apprezzare. Tutte le nostre tradizioni vanno scomparendo a poco a poco, per l’apatia delle persone e per il benessere che ci spinge ad abbandonarci, nei momenti liberi, al dolce far nulla o a interessi volgari e sicuramente non culturali. 

    Chi è addetto ai lavori asserisce che le tradizioni scompaiono per mancanza di soldi. Questo è verissimo, ma è pure vero che nessuno vuol fare il sacrificio e sopportare l’umiliazione di andare a raccogliere, bussando porta per porta, il denaro necessario. 

    Nel dopoguerra c’era miseria e posso testimoniare che c’erano moltissime persone con vestiti stracciati e miseri addosso, che camminavano a piedi scalzi, molti chiedevano l’elemosina, accontentandosi anche un pezzo di pane duro; eppure le processioni erano barocche, sontuose, ricchissime, perché c’erano molti fedeli che andavano in giro a raccogliere i fondi necessari.

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