Nino Atria, poeta dialettale
di: Vito Marino - del 2014-04-10
Il poeta dialettale a prima impressione viene considerato un poeta di seconda mano che, non riuscendo ad esprimersi nella lingua erudita riesce meglio con il dialetto. Bisogna però stare attenti nel dare giudizi affrettati, perché il nostro dialetto proviene dalla lingua siciliana che, prima ancora di Dante, era una lingua ufficiale, con una ricca letteratura.
L’uso della lingua siciliana, ricchissima di espressioni idiomatiche, proverbi e vocaboli permette di trasmettere sentimenti e stati d’animo spontanei, genuini difficilmente traducibili nella lingua italiana.
Nino Atria è un colto letterato castelvetranese che preferisce esprimere molte sue poesie nella lingua della sua terra, quella dei suoi avi; la sua è una poesia impulsiva, autentica, senza sotterfugi e aggiunte artificiali.
Nino Atria nacque a Castelvetrano nel 1865. Fin da ragazzo mostrò interesse per gli studi; la famiglia voleva avviarlo agli studi di medicina, ma gli interessi del giovane erano rivolti sulle materie letterarie. Così, conseguita la licenza ginnasiale, decise di non frequentare più la scuola, per dedicarsi interamente agli studi classici.
Scrisse in quegli anni una serie di poesie siciliane che, raccolte successivamente in un unico volume, che furono pubblicate nel 1909 sotto il titolo di “Cialoma”, opera già significativa nel titolo, di quella che sarà la multiforme ispirazione di tutta la sua futura produzione letteraria. L'opera riscosse un successo immediato e valse a farlo conoscere anche da critici e letterati del tempo, dal Cardile, al Cesareo e al Pitré. In “Cialoma”, l’Atria fa percepire al lettore la classica confusione delle nostre fiere paesane, fatta di grida, discussioni, risate schiamazzi di ragazzi, richiami, odori di dolciumi di salsiccia arrostita, la classica “abbanniata” a cantilena dei rivenditori
Nella prefazione a “Cialoma”, a firma Ugo Frittelli, fra l’altro c’è scritto: “In Atria vibra generosa l’anima popolana, egli ha tentato di esprimere in versi tutto quello che gli suscitava nel cuore i ruderi di una città che ebbe, un passato glorioso”. Fra il 1905 e iI 1911 pubblicò alcune composizioni in lingua Italiana: -Elegia-al giovane artista Giovanni Pucci., -Per il centenario di Garibaldi - Su l'urna di Giosué Carducci, Selinunte a Messina-, -Fremiti. Nel 1929 pubblicò “Canti eroici”, raccolta di canti patriottici. -“Gesù”. poemetto d'ispirazione evangelica. –“Canti politici”., motivi raccolti e cantati direttamente dalla voce del popolo, “Stili di Sicilia”, una continuazione di Cialòma, –“Canzoni Siciliane”. Fra le ultime opere resta “Gennaro Pardo”, un componimenti in lingua italiana scritto in occasione della morte del grande pittore castelvetranese.
Ma la sua vera passione restava la poesia dialettale, e molta della sua produzione non la diede mai alle stampe, pensò di raccoglierla in volumi di fogli protocollo, su cui apponeva continue modifiche. Ebbe tanti premi e riconoscimenti letterari. Nel maggio del 1932, sempre per meriti intellettuali, ricevette una medaglia d'argento, offertagli dal Comitato Nazionale Balilla e nell'ottobre dello stesso anno fu nominato Cavaliere Ufficiale della Corona d'Italia.
Morì a Castelvetrano il 29 gennaio 1942, Sul n. 7 di -La Vita Nuova- (Castelvetrano, l933) così scriveva di lui il giornalista Guido Marca: -Nino Atria é anzitutto e soprattutto il poeta di Cialòma: egli trova nel suo dialetto la forma icastica incisiva, piena di evidenza per tutto ciò che vuol dire ed esprimere e quando noi spendessimo una o più colonne nel rilevare le sorprendenti bellezze della sua raccolta di poesie siciliane, non potremmo aggiungere nulla al serto che uomini illustri hanno intrecciato intorno alla sua fronte, esaltandolo sopra molti e molti altri poeti contemporanei Le poesie di Nino Atria più che una cialoma, (un miscuglio una confusione un vociare di persone), racchiudono una serie di quadri pittorici raffiguranti gli argomenti più vari e i vari personaggi che compongono la società umana. Sicuramente la più bella e da tutti conosciuta è la fera di la Madonna di la Tagghiata a Castedduvitranu dove il lettore si sente effettivamente coinvolto dalla confusione gioiosa della fiera fra giocattoli e odori di salsiccia arrostita e persone di tutte le età e ceti sociali