"Lu cavaddu scappatu": quando i cavalli imbizzarriti travolgevano tutto quello che trovavano
di: Vito Marino - del 2014-07-05
Durante la civiltà contadina tutti i lavori, anche i più pesanti erano eseguiti a forza di braccia, con l’ausilio degli animali da soma: cavallo, mulo, bardotto, asino. Per una breve precisazione il mulo era l’incrocio fra l’asino e la cavalla, mentre il bardotto era l’incrocio fra il cavallo e l’asina. Fra questi animali il cavallo era il più intelligente, ma anche il più ribelle e più facilmente irascibile. Essendo, per natura, più adatto alla corsa, si utilizzava come cavalcatura negli spostamenti e per trainare il calesse o la carrozza. Nelle feste paesane i migliori cavalli da corsa, li giannetti, si esibivano in gare di velocità.
Tuttavia si usava anche per tirare il carro e, nei lavori di campagna, aggiogato all’aratro. Certi cavalli si imbizzarrivano facilmente e abitualmente, provocando anche incidenti gravi. I loro padroni per renderli calmi, toglievano loro i testicoli.
Talvolta, eludendo il controllo del padrone, qualche cavallo si imbizzarriva, anche per un foglio di carta portato via dal vento, e si dava alla corsa pazza. Nel silenzio che allora regnava, il rumore caratteristico degli zoccoli veniva sentito in tutto il quartiere.
Subito la gente si metteva al riparo e le madri accorrevano a salvare i loro bambini che giocavano indisturbati per strada, gridando terrorizzate: “lu cavaddu scappatu !!”.
Se il quadrupede stava trainando un carro, diventava ancora più pericoloso perché travolgeva tutto quello che incontrava.
Generalmente l’animale, calmati i bollenti spiriti con la corsa, si fermava e aspettava l’intervento del padrone, ma a volte durante la corsa provocava incidenti mortali oppure scivolava, rompendosi qualche arto o finiva la sua corsa contro un muro e moriva. Mi ricordo di aver visto un cavallo morto per questo genere di incidente in Via Colletta, intorno al 1950.