Gibellina, oggi al Baglio Di Stefano “Radio Belice non trasmette”. Ingresso gratuito
del 2014-06-07
Oggi all'interno della rassegna“Orestiadi nel segno del contemporaneo”, promosso dalla Fondazione Orestiadi, alle 20,30 al Baglio Di Stefano, «La pentola nera» porta in scena «Radio Belice non trasmette», di Giacomo Guarneri.
La Regia sarà di Giacomo Guarneri e Marcella Vaccarino. In scena lo stesso Guarneri insieme a Dario Muratore. Musiche di Angelo Sicurella.INGRESSO GRATUITO.
La produzione è del Cresm e Pentola Nera.
Descrizione STORIA
Negli anni Cinquanta, a partire dai primi impulsi del «noto agitatore» Danilo Dolci, braccianti, sindacalisti, studenti, intellettuali e volontari da tutta Europa si riunirono in quell'avamposto dello stivale che è la Sicilia Occidentale e inaugurarono una stagione di lotta non violenta e di disobbedienza civile destinata a contagiare l'intera comunità della Valle del Belice.
Sperimentando una forma partecipata di democrazia «dal basso», attraverso iniziative come l'«autoanalisi popolare», lo «sciopero alla rovescia», il progetto e la scrittura condivisa di un «piano di sviluppo per la Valle», il rifiuto di sottostare agli ordini di uno Stato definito «fuorilegge», e fino al «giudizio popolare» di Roccamena, che vide i rappresentanti del governo regionale e nazionale nella veste di imputati subire l'onta di un processo in pubblica piazza, quel movimento riuscì a imporsi dentro e fuori l'Italia come uno straordinario modello di protagonismo politico.
Parola d'ordine: «collaborare esattamente alla vita». Sostituendosi a una classe politica non rappresentativa delle proprie reali esigenze, la comunità della Valle inaugurò un «conflitto amoroso» col potere costituito che si protrasse nel corso di quasi vent'anni tra vittorie e sconfitte, interesse mediatico e repressione poliziesca, fino all'apice di rabbia e dolore, mortificazione e caos che generò, nel gennaio 1968, l'arrivo del terremoto.
Nel paesaggio apocalittico in cui lo scisma trasformò i paesi si aggirò come uno spettro l'idea di una punizione piovuta dall'Alto, e si interpretò la catastrofe come la punizione ennesima, la condanna definitiva da parte della suprema delle Autorità nei confronti di un popolo che aveva osato «alzarsi» per camminare sulle proprie gambe. Nelle zone in cui il popolo per anni aveva provato a pianificare lo sviluppo e organizzare un ordine nuovo all'improvviso piombava il caos.
E allora qualcuno vide nel terremoto il contrappasso ideale per tutti coloro i quali avevano osato immaginare il mondo «alla rovescia»: il mondo non come è, ma come potrebbe essere DRAMMATURGIA.