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Dall'America un video su Gibellina. La storia del Cretto e perchè Burri lo vide solo una volta

di: Nicolò Stabile - del 2015-03-13

Immagine articolo: Dall'America un video su Gibellina. La storia del Cretto e perchè Burri lo vide solo una volta

Ieri Alberto Burri avrebbe compiuto 100 anni. E’ universalmente considerato uno degli artisti più importanti del secondo Novecento, le sue opere sono nei maggiori musei del mondo, e le loro quotazioni milionarie. Ci si aspettava che l’Italia gli dedicasse l’attenzione dovuta: con questo scopo l’anno scorso è stata votata una legge nazionale ad hoc. Ma le celebrazioni italiane sono state fin’ora sottotono.

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  • Sarà invece l’America a tributargli l’omaggio più importante : a ottobre il Guggheneim di New York aprirà la stagione con una imponente restrospettiva a lui dedicata. Sarà quella l’occasione per presentare e far conoscere al mondo il Cretto di Gibellina, attraverso un video attualmente in lavorazione che la fondazione americana ha appositamente commissionato alla videoartista olandese Petra Noordkamp.  

    E’ impossibile trovare una definizione per il Cretto di Gibellina. La sua natura è polisemica : è arte, architettura, paesaggio, è la sindone che copre il corpo in putrefazione di una Città, è monumento funebre che rimanda ai misteri d’Oriente per quel bianco accecante col quale l’artista lo ha pensato, ma anche squillante segno che chiama alla gioia della natura che lo circonda.

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  • Per molti « ibbiddinisi » è ancora oggi il segno di una (ennesima) violenza subita : c’è chi ancora oggi sente struggente il ricordo del vecchio paese e si aggrapperebbe a una pietra, a un’immagine, nel tentativo di supplire alle molte mancanze che quel luogo ancora evoca.

    Per altri, soprattutto quelli nati « dopo », può essere un motivo d’orgoglio, un legame con le radici, o un ufo. Arrivarci, percorrerlo, guardarlo da lontano, è un’esperienza che non lascia indifferente nessun visitatore. Un cortocircuito tra noi e la natura. Per questo lo ritengo un luogo sacro.

     La genesi e la storia della sua costruzione è un’avventura.

    Corrao riesce a convincere il difficile Burri a venire a Gibellina per chiedergli un intervento nella nuova Gibellina. Ma a Burri non piace quello che vede, e molto probabilmente non vuole apparire accanto agli altri artisti che avevano cominciato a disseminare la nuova città delle loro opere (Pietro Consagra fra tutti) che, per dirla in breve, non ama affatto. Arrivato sui Ruderi però rimane colpito. E alla sera, a cena, dice a Corrao di voler trasformare le rovine in un gigantesco cretto.

    La notizia fa piangere Corrao. Burri torna a casa, prepara un plastico e da quel momento (era il 1980) tornerà a Gibellina una sola volta, il 23 maggio 1987. Nel frattempo Corrao trova il modo di costruire un’opera che sa essere il suo capolavoro. Per attingere a contributi pubblici spaccia la costruzione delle isole del Cretto per lavori di « sistemazione idrogeologiche », chiede alle ditte che hanno grandi appalti nelle nuova Gibellina di contribuire con forza lavoro e materiali, chiede e ottiene l’intervento del genio militare, cemento alla Italcementi...

    Dall’83 all’89 riesce a far costruire l’80% circa dell’opera. Burri, come dicevamo, verrà a vedere la sua opera più grande solo una volta. E rimarrà quasi deluso. Forse perché non trova il punto di vista dall’alto com’è per il plastico, forse perché lo aveva immaginato ancora più grande.

    Una visita breve, durata meno di un’ora, sollecitata da Vittorugo Contino, che dall’inizio fotografa l’opera e al quale manca l’immagine che deve suggellare il suo racconto fotografico: l’incontro del maestro con la sua opera più grande.

    Burri non tornerà mai più, fino alla sua morte, avvenuta nel ’97. Ma nel frattempo a Gibellina tante cose sono cambiate, Corrao non è più sindaco, e le nuove amministrazioni non solo non fanno, ma fanno anche perdere un finanziamento per completarlo. Di fatto il Cretto non ha ancora lo status di opera d’arte. Burri se ne disinteressa, così come le istituzioni delegate alla cura del patrimonio culturale.

    Dalla morte del maestro al 2010 nessuno si cura più del Cretto: nessuno protesta quando il Comune decide di autorizzare un impianto eolico sul suo skyline o pavimentare con lo stesso cemento bianco un parcheggio e un tratto di strada proprio adiacenti al Cretto, di fatto sfregiandolo.

    Nel 2007, in verità, l’allora antenna per il contemporaneo della Regione Sicilia, il Museo Riso di Palermo, organizza un « cantiere della conoscenza » sul Cretto per definire un protocollo di progettazione del restauro. Encomiabile iniziativa se non fosse che il cantiere è portato avanti su basi storiche completamente false, come quella che vorrebbe la presenza continua del maestro sul cantiere e quindi la presenza della mano dell’artista.  

    Nel 2011 succede qualcosa. Regione Sicilia e Ministero rispondono a un appello in favore del completamento e del restauro e stanziano delle somme.

    Per la prima volta il Cretto viene annesso al  patrimonio artistico nazionale. Si mette in moto la macchina burocratica per spendere i soldi stanziati. La scorsa estate finalmente partono i lavori per il completamento, oggi quasi al termine. Portati avanti negli ultimi mesi con molta fretta (sarà l’approssimarsi della campagna elettorale per la rielezione del Sindaco di Gibellina e quindi la necessità di fare qualche inaugurazione) che ha finito per tradire il rapporto di rispetto tra l’opera e il luogo, che Burri ha sempre avuto a cuore.

     Così i resti del castello chiaramontano vengono distrutti insieme a tutta la rocca su cui sorgeva e in parte scavato, senza preoccuparsi di fare almeno delle indagini archeologiche. La soprintendenza ha fatto finta di non vedere. E ancora: per attingere materiale destinato a riempire le isole del Cretto si sta scavando in un altra zona dei Ruderi, come se quella fosse una cava qualsiasi e non il contesto stesso dell’opera, parte del paesaggio attorno al Cretto ormai storicizzato. Non sarà la fine del cantiere della costruzione di tutte le « isole » del Cretto a sancire il completamento dell’opera.

    Il Cretto, come qualsiasi vera opera d’arte, è una macchina complessa. Perché possa funzionare bisognerà « restaurare » anche il contesto ambientale, riportandolo alla visione che ne aveva Burri.

    Innanzitutto eliminando le opere realizzate in questi anni a dispetto di qualsiasi buon senso, e gli scheletri di cemento armato ancora esistenti; ridisegnare l’aerea dei ruderi per evitare che le macchine arrivino a ridosso dell’opera e per ottimizzare la fruizione.

    E ovviamente restaurare la parte vecchia tenendo conto della straordinarietà dell’opera, con un progetto che necessariamente dovrà essere altrettanto starordinario. Tutto ciò sarà possibile solo se la comunità gibellinese è disposta a farsene carico e se comprende che il Cretto potrebbe essere una grande risorsa per la Città. Molti temi che avrebbero dovuto già essere discussi e risolti in ambito istituzionale.

    Consapevoli della complessità  e per dare un contributo di conoscenze e di idee alle istituzioni, un comitato tecnico scientifico è stato creato da chi scrive, mettendo insieme per primi i testimoni vicini a Burri negli anni in cui il Cretto è stato pensato e realizzato.

    Iniziando dall’architetto Zammatti, progettista e direttore dei lavori del Cretto negli anni ’80, Giovanna De Feo (curatrice della Gnam) e Lorenzo Fonda (pittore e medico personale dI Burri), entrambi molto vicini a Burri, lo storico dell’arte Claudio Strinati, la direttrice del Polo Arte Moderna e Contemporanea di Milano  Marina Pugliese, la restauratrice Barbara Ferriani, l’artista Marzia Migliora ; Andrea Bartoli, creatore di Favara Cultural Farm, il gallerista Francesco Pantaleone, la curatrice Valentina Bruschi, la direttrice del Museo di Castelbuono Laura Barreca.  

    Auguri maestro Burri.

    FOTO:Tamara Triffez

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