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"Li Fichi sicchi". Quando la conservazione diventa un'arte da tramandare

di: Vito Marino - del 2015-03-15

Immagine articolo: "Li Fichi sicchi". Quando la conservazione diventa un'arte da tramandare

Fino agli anni '40 - '50 si vendeva e si consumava soltanto la frutta di stagione di produzione locale. Allora, solo il pane e la pasta erano considerati alimenti indispensabili, la frutta, la carne ed i dolci erano considerati alimenti voluttuari.

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  • La frutta fresca più comunemente consumata era l'uva (anche da mosto), le arance, i fichi, i fichi d'india e le angurie. Molto consumo invece si faceva di frutta secca come  mandorle, noci e  fichi secchi, che si mangiavano col pane. 

    Per la conservazione dei fichi c'era una procedura tutta particolare: si tagliavano per il lungo con tutta la buccia, si aprivano e si mettevano ad asciugare al sole sulla "cannàra" (graticcio composto di canne accostate e legate ad altre due trasversali con una cordicella fatta di “curina” (palma nana), o su delle tavole di legno (maidda, scannaturi, tavulinu, buffetta). 

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  • Essi dovevano essere controllati spesso, per paura della pioggia o del vento eccessivo e di sera si dovevano mettere al riparo dalla rugiada della notte; quando erano bene asciutti, si accoppiavano, ben stretti a due a due formando i così detti "chiappi di ficu". 

    La parola “chiappa” non significava coppia ma deriva da acchiappata, accoppiata a due per formarne una; la parola coppia si diceva “cucchia” ( per es. una “cucchia d’agghi” era formata da due trecce d’aglio). 

    Per evitare che "avvirmassiru" (si deteriorassero con la comparsa delle larve), i fichi così preparati si sistemavano assieme a delle foglie d’alloro, dentro "la coffa di li ficu", un contenitore fatto di palma nana intrecciata, quindi si mettevano sotto una pressa (di quelle usate per torchiare l'uva), per diversi giorni. 

    I fichi così pressati, forse per mancanza d'aria all'interno o perché la foglia d’alloro è considerata un ottimo conservante naturale per alimenti, il più delle volte non si guastavano e duravano tutto l'inverno.

    Si otteneva così un alimento a basso costo, ma ad alto contenuto di calorie.

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