Il mio ricordo dell'indimenticato padre Melchiorre Geraci tra fede e cultura
di: Pietro Errante - del 2015-08-11
Tra i ricordi più vividi della mia sempre più lontana gioventù, ricordo un episodio accaduto quando ero studente del Liceo Classico Giovanni Pantaleo di Castelvetrano. In quegli anni (1969/70) ebbi la fortuna di avere come insegnante di religione una delle figure più singolari mai conosciute: padre Melchiorre Geraci che fu per molti anni l’arciprete della Chiesa Madre.
Di solito per gli studenti l’ora di religione rappresentava quasi un momento di ricreazione: c’era chi si preparava per la lezione successiva, chi se ne stava con le mani in mano a non far nulla, chi a far baldoria tra i rimbrotti del docente vittima di turno.
Con padre Melchiorre Geraci questo non avveniva mai: dall’alto della sua sconfinata cultura riusciva a coinvolgerci negli argomenti religiosi che sfociavano in dispute filosofiche coinvolgenti l’intera classe.
Un ricordo in particolare resta scolpito nella mente.
Cercai di stuzzicarne la verve filosofica che era sempre una sua prerogativa e gli chiesi, durante una disputa sull’esistenza di Dio: “Come posso credere in qualcuno che non vedo? Come fa la mia ragione a spiegarsi l’esistenza di un Essere superiore? Quale dimostrazione può farmi dell’esistenza di Dio?”
Mi guardò da dietro i suoi occhialini rotondi e con i vetri molto spessi, mi puntò l’indice della mano destra e mi rispose: “Ti è mai capitato di salire in terrazzo e di guardare in lontananza il passaggio di un treno?” “Tante volte” risposi. Allora abitavo in via Campobello proprio vicino alla strada ferrata Castelvetrano-Trapani. Di treni ne vedevo passare tanti.
“Avrai dunque visto il treno che scorre sui binari-aggiunse padre Geraci- eppure, data la distanza, non ti è stato facile vedere il macchinista “ Fai conto che Dio è come un macchinista di treno: tu sei troppo distante per vederlo ma intanto il treno si muove”.