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Tra messe da non celebrare e scomuniche. Vi raccontiamo il libro "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti"

del 2015-08-31

Immagine articolo: Tra messe da non celebrare e scomuniche. Vi raccontiamo il libro "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti"

 “L’eucaristia mafiosa – La voce dei preti” è il libro rivelazione di Salvo Ognibene. Originario di Menfi, lo scrittore ha vissuto a Livorno ma, è poi ritornato nella sua terra natia. Ognibene ha discusso una tesi sui rapporti tra Chiesa, mafia e religione. E nel libro, si fa breccia nei  proprio nei rapporti mafia/chiesa.

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  • Nel libro, ha raccontato una parte della storia italiana, sepolta, volutamente ignorata, nascosta, seguendo il filone del magistrato Nicola Gratteri, e altri promotori della legalità. Da sempre impegnato nel sociale, il giornalista ha fondato un sito di dibattito www.diecieventicinque.it.

    La Redazione di Castelvetranonews ha intervistato lo scrittore menfitano che ha risposto alle seguenti domande:

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  • 1.    Il suo libro racchiude aneddoti della cronaca e storia italiana, dal dopoguerra ad oggi. Quanto hanno contato, nella stesura del saggio, le analisi della magistratura -come quelle del magistrato Nicola Gratteri - le inchieste del giornalista, esperto di ndrangheta, Antonio Nicaso – che tra l’altro ha scritto la prefazione al suo libro –, e le opinioni di tanti altri intellettuali e professionisti, come Lei impegnati nel sociale?  

    “Acqua santissima” di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso è stato un fondamentale punto di riferimento per il mio lavoro. La letteratura sui rapporti tra mafia e chiesa oggi non è poca anche se resta uno degli aspetti legati alle mafie che è stato poco indagato e su cui c’è ancora molto da dire. Certo, libri come quelli di Alessandra Dino, Augusto Cavadi, Isaia Sales o padre Stabile (e potremmo continuare l’elenco ovviamente) rimangono fondamentali per chi volesse approfondire un po’ di più i legami tra mafia, chiesa e religione cattolica

     2.    Quanto ha pesato il dio denaro nei rapporti mafia/chiesa negli anni?

     E’il cordone ombelicale che lega mafia e chiesa. Basta prendere ad esempio la gestione delle le feste religiose e quello che si muove intorno. Ecco, la chiesa dovrebbe prendere esempio dal suo beato, don Pino Puglisi e dalla sua “povertà”

     3.    Lei analizza 4 regioni italiane – Sicilia, Calabria, Puglia, Campania -, che sono anche forse tra le più credenti, tra il grottesco e il pagano, - gli “inchini” per es. -allontanandosi dall’essenza della vera fede. Questa Sua analisi prescinde anche dalla concentrazione della criminalità?

     Il legame esiste e non è un caso che le quattro organizzazioni criminali “autoctone” siano sorte nelle quattro religioni più religiose, o forse dovremmo dire solo più devote…  

    4. Qual è la differenza sostanziale tra la concezione della chiesa per la mafia, e della mafia per la chiesa, oggi?

     “Mafia ed i parrini si dettiru la manu” cantava così Rosa Balistreri i versi di Ignazio Buttitta. Mafia e chiesa si sono annusati per molti anni, poi negli ultimi cinquant’anni le loro strade si sono divise, incontrandosi solo a tratti.

    Oggi la chiesa non può più condurre le proprie crociate contro i comunisti o altri nemici ideologi come avveniva qualche decennio fa ma deve incidere con la propria pastorale e l’annuncio del Vangelo all’interno della realtà.

    La mafia invece, per quanto sia cambiata non può far finta che la chiesa e quello che gravita intorno al mondo cattolico non esiste, o meglio non gli interessi. Anzi, in qualche modo prova ancora oggi a strumentalizzare riti e culti cattolici, e gli esempi sarebbero tanti

     5. Come vede la scomunica dei mafiosi di Papa Francesco?  

    Un punto di non ritorno ma che è ben lontano da un’esclusione vera dei mafiosi da parte della Chiesa . Certo, la chiesa oggi ha una posizione netta nei confronti della mafia, almeno in linea di principio. Poi è anche vero che nel concreto le cose sono un po’ diverse e rimane una distanza notevole tra chi sta a Roma e chi sta nelle periferie…

     6.    Come è possibile spiegare alle nuove generazioni l’esistenza per es. del “prete con la pistola”, don Agostino Coppola – che sposò Totò Riina -, e di preti vittime della mafia, come don Puglisi?

     Bisognerebbe semplicemente raccontare queste storie con la verità e senza vergogna. Sottolineando una Chiesa silenziosa e connivente anche con personaggi come “padre” Coppola e forse un po’ troppo distante da padre Puglisi. Bisognerebbe raccontare gli insegnamenti di 3P e la sua vita come esempio di una chiesa viva e presente sul territorio

     7.    Secondo Lei, perché non sono conosciuti tutti i preti vittime della mafia?

     L’elenco, purtroppo, é molto lungo: da Costantino Stella e don Filippo Di Forti alle straordinarie figure di don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara portate alla luce grazie a Antonio Nicaso e Nicola Gratteri nel loro libro “Acqua santissima. Storia di rapporti tra Chiesa e ’ndrangheta”. Memoria e impegno vanno sempre di pari passo. La chiesa faccia di più per i suoi preti dimenticati…  

    8.    Esistono ancora oggi i preti “sociali”?  

    Nel mio libro ne racconto alcuni. Gli uomini di chiesa uccisi dalle mafie ebbero la “sola colpa” di ascoltare l’invito di Leone XIII ad uscire fuori dalla sagrestia. Erano i cosiddetti preti “sociali”, da cui la Chiesa, ancora oggi, dovrebbe prenderne esempio.  

    9.    Cosa pensa della devozione emblematica di alcuni boss, come Bernardo Provenzano?

     Per quanto potrebbe sembrare una “pagliacciata” si tratta di una religione propria della mafia e che ha strumentalizzato molti tratti del cattolicesimo. Mi permetto di consigliare a tutti la lettura de “Il dio dei mafiosi” di Augusto Cavadi  

    10.    La missione dell’antimafia nella chiesa, come quella di don Ciotti, è efficace a Suo avviso?  

    E’ fondamentale. E insieme al fondatore di Libera esistono molti sacerdoti che lavorano in silenzio e di cui se ne parla solo in determinate occasioni come per esempio a seguito di attentati o minacce…bisognerebbe stare molto più vicini a loro, progettando anche una pastorale che sia più corale e meno affidata all’opera del singolo nella lotta alla mafia  

    11.    Lei, dopo aver vissuto in Emilia Romagna, è tornata nella sua terra, a Menfi. Crede che, in Sicilia, i rapporti chiesa/mafia siano cambiati?  

    Oggi abbiamo tra i maggiori esponenti del clero siciliano persone come Montenegro, Raspanti, Pennisi e Mogavero che su questo tema hanno le idee ben chiare e cantano all’unisono applicando il vangelo e i principi cristiani. Basta vedere i lori esempi pratici per renderci conto del cambiamento. Qualche anno fa sarebbe stato impossibile…

    12.   Cosa significa per Lei l’impegno per la legalità?

    Credo molto nei diritti e nei doveri di ognuno di noi. L’art. 4 della nostra Costituzione recita: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

     Ecco, per me vuol dire mettere in pratica questo ogni giorno. O quantomeno provarci

    13 Ha scelto un titolo molto forte. Può spiegarci la ragione di una simile scelta?

    Ho voluto un titolo forte per il mio lavoro perchè credo sia necessario fermarsi a riflettere e perchè un'eucaristia mafiosa si è celebrata nei covi dei boss e continua a celebrarsi oggi, anche in altre forme. E non è tollerabile!

    C'è un sottotilo da non sottovalutare e che si riferisce alla seconda parte del libro con testimonianze di primo piano che rendono l'idea della diversità delle voci presenti all'interno dell'istituzione Chiesa".

     

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