Quell'industria a Selinunte che inviava nel mondo le nostre sardine. Ricordi un tempo che fu
di: Pietro Errante - del 2016-08-01
L’aria sapeva di sale. Il pavimento, le mura, il tetto, tutto sapeva di sale. Mi spiegarono che in quel monolocale preso in affitto per le vacanze estive, aveva funzionato per anni una piccola industria che, dopo aver lavorato le squisite sardine di Selinunte, le metteva in salamoia con un procedimento semplice ed efficace.
Le scatolette venivano esportate in tutta Italia ed anche all’estero. Il monolocale dismesso da “salatu” veniva adibito a struttura ricettiva per le classiche ferie estive che in quegli anni di boom economico si articolavano dalla metà di giugno alla metà di settembre.
Vi trascorsi una bella estate anni ’60, io appena decenne. Un po più avanti c’era la casetta dei miei adorati zii Gianni Esposito (quello delle corriere) e mia zia Franca Montoleone.
Casetta splendida dominante tutto lo scaro e i vari moli compreso il piccolo porticciolo. Anche qui trascorse alcune estati indimenticabili tra sapori di mare, colori ed odori di terra e impressioni di pescato che veniva portato all’incanto con il banditore a vociare 6000 8000 9999 10 10 10 libero 10, 10 a lu zu giuvannino.
L’incanto del pesce a Selinunte fu e rimane tra i momenti indimenticabili di tutta la giornata ed è un rito che si ripete ogni giorno per tutto l’anno compresi i periodi non estivi. E barche tornano quasi in processioni da una nottata di pesca. Scaricano le loro preziose mercanzie che si dimenano tra le cassette sul bancone della battitura
.Il rito con l’accalcarsi dei compratori, la voce cantilenata del banditore, i commenti, i compiacimenti, le delusioni dei compratori, quelli che non sono riusciti a trovare il momento propizio per acquistare.
Le casette dei pescatori erano le più ambite dai villeggianti di allora: non c’erano residence, pochissimi gli alberghi, scarsissimi i servizi Selinunte era meta ambita delle famiglie medioborghesi che prendevano in affitto una porzione di casa del pescatore o un magazzino appositamente ripulito.
La felicità di quegli anni consisteva nel fatto che non esisteva la benchè minima traccia dell’odierna tecnologia.C’era tra gli adolescenti una sana goliardia che si traduceva nella classica partita in spiaggia, il campionato di calcio in zona stazione, i tuffi dal molo di oriente, le lunghe meravigliose passeggiate serali fino ai ruderi della collina orientale.
Poche auto, aria assolutamente respirabile, mare quasi sempre limpido anche se al solito freddo, barche tirate a secco nei giorni di scirocco, racconti fiabeschi dei pescatori. La giornata aveva cadenza rituale: ci si svegliava tra i rumori della risacca e lo scoppio dei motori delle barche al rientro dalle battute di pesca: un vero concerto, un tripudio di rumori che sembravano sinfonie. Si usciva al fresco del mattino, si correva alla scaro per l’ennesimo incanto del pesce.
All’irrompere dello scirocco, tutti i pescatori si aiutavano a tirare in secco le proprie barche con una tecnica che prevedeva forza di braccia e gambe, grande precisione e capacità di individuare i momenti propizi.
Dalla lontana stazione si udiva il fischio della littorina o del trenino a vapore e si intuiva l’orario della giornata o della serata. Molti ragazzi andavamo in quella stazioncina per vedere il transito delle littorine e soprattutto del trenino ciuf ciuf.
I bagni al Cantone e al Belice, quelli sotto le mura ciclopiche dell’acropoli selinuntina ed ancora l’incontaminata natura del golfo della Gaggera restano scolpite per sempre nei nostri cuori come i momenti più belli della gioventù perduta…ma anche di quei momenti fatti solo di umanità, socialità, amicizia e fratellanza, tutti valori che oggi sono irrimediabilmente perduti.