Ricordando la rivoluzione rock melody della musica "religiosa". Era il '68..
del 2017-03-09
(ph. www.pianarotaliana.it)
Sin da quando la mia mamma da bambino m’ha abituato ad assistere alla Santa Messa la domenica, non ho perduto questa sana ed edificante abitudine. Anche dopo il mio trasferimento a Civitavecchia, ogni domenica partecipo al rito cristiano e, non avendo più una chiesa di riferimento come quando abitavo nella mia Castelvetrano, capita di trovarmi oggi alla “Cattedrale”, domani alla “Madonnina”, l’altro ancora a “San Giovanni Bosco” e così via.
In tutte le chiese la funzione religiosa è accompagnata con canti che un gruppo di ragazzi parrocchiani intona per la tutta la comunità. Essi utilizzano come unico strumento musicale una chitarra folk che fa da supporto al coro polifonico formato da ragazzi e da ragazze.
Questo fatto mi fa ricordare quando, circa mezzo secolo fa, ero io alla chiesa di “San Francesco da Paola” di Castelvetrano a ravvivare la Santa Messa con dei brani musicali i cui testi erano sì a carattere religioso, ma le cui armonie erano ben diverse da quelle che, dopo più di due generazioni, sono eseguite oggi.
La moda beat di quel periodo storico, riuscì a operare quella rivoluzione culturale che nel sessantotto è stata come un ciclone che ha devastato tutto ciò che ha trovato lungo il suo cammino. Oggi appare davvero impossibile mettere in atto, anche lontanamente, ciò che siamo riusciti a conquistare noi con la nostra sana voglia di libertà assoluta riuscendo a coinvolgere anche le inamovibili istituzioni religiose.
I canti che proponevamo allora erano delle vere e proprie rock melody che coinvolgevano tutti con il loro incedere incalzante, rafforzate dal suono della chitarra elettrica, del basso e ancor più della batteria. C’era, poi, l’organo, sempre elettrico e il sax che irrobustiva la melodia. Insomma una quasi rock opera che, diffusasi a livello nazionale, rimase nella storia come il fenomeno della “Messa beat”.
Persino le bigotte vecchiette, recalcitranti e refrattarie a tutto ciò che è novità, furono catturate da quel coinvolgente impeto giovanile adattandosi ben presto a quella nuova visione di pregare Dio nella gioia e nella libertà del corpo, della mente e dello spirito. È stata proprio qualcuna di esse che, incontrandomi dopo tant’anni da quella bellissima esperienza, mi ha detto: “Gigi, com’era bellu quannu c’eri tu chi sunavi a la Chiesa!” “Gigi, com’era bello quando c’eri tu che suonavi in Chiesa!”.
Di certo una grande soddisfazione per me velata da un pizzico di nostalgia. Quella realtà, però, non può oggi essere archiviata dalla chiesa cattolica come una distrazione di massa e bandita, di conseguenza, da tutte le parrocchie catto-cristiane. La storia non si cancella con un colpo di spugna che può togliere solo quello che c’è in superficie, ma non quello che rimane nel profondo.