Banche, interessi e signoraggio ricordando l'epoca dei miniassegni
del 2017-07-30
Un fenomeno economico che interessò tutti gli italiani nel periodo che va da fine 1975 a inizio 1978, fu quello dei miniassegni. La loro emissione si rese necessaria a causa della mancata coniazione di moneta da parte della Banca d’Italia, la quale non aveva immesso un sufficiente flusso monetario in tutta la penisola. I negozianti non furono più in condizione di dare il resto all’acquisto dei prodotti, dando in cambio merce di scarso valore come le caramelle. Ciò costrinse molte banche italiane a emettere dei piccoli assegni (miniassegni) con valore legale, che sostituirono in tutto e per tutto il contante.
Erano dei veri e propri assegni circolari che somigliavano moltissimo a quelli tradizionali, però di taglio ridotto. Il primo miniassegno che entrò a far parte del circuito economico fu emesso dalla “Banca San Paolo” di Torino il 10 dicembre del 1975, subito seguita da diverse altre banche che operavano sul territorio nazionale.
I tagli partivano da cinquanta fino ad arrivare a 350 lire. I collezionisti più attenti fiutarono subito l’affare e diedero inizio a un’attività di ricerca del titolo più raro, a scambi, ad acquisti e vendite con la precisa intenzione di volere speculare s’un fenomeno ch’erano certi non sarebbe durato a lungo.
Furono stampati cataloghi e bollettini che riportavano il valore degli stessi con le loro quotazioni giornaliere. Alcuni miniassegni, ch’erano stati stampati con immagini sbagliate o che riportavano errori, furono acquistati a prezzi incredibilmente esagerati.
Agl’inizi dell’anno 1978 la Zecca dello Stato italiano, per ovviare a una palese speculazione che s’era creata, coniò diversi milioni di pezzi di nuove monete da 50, 100 e 200 lire che, nel giro d’un anno, determinarono la fine del commercio dei miniassegni. Questi continuarono a circolare soltanto nelle mani dei, non certo sprovveduti, collezionisti.
Quella speculazione fruttò alle banche emissive l’onorevole somma di 200 miliardi di lire d’allora, quasi interamente incamerate legalmente, poiché solo pochi pezzi furono riconvertiti in soldi dai loro possessori.
Si parlò, allora, di signoraggio, termine utilizzato nel medioevo, quando un ricco signore portava l’oro accumulato alla Zecca perché glielo tramutasse in moneta sonante (conio). In cambio la Zecca tratteneva una minima parte di quell’oro generando, per l’appunto, il signoraggio.
Cosa succede oggi?
La B.C.E., “Banca Centrale Europea”, ha il potere d’emettere moneta o cartamoneta che trasmette a tutte le banche private europee trattenendo una percentuale sotto forma d’interessi. Le banche a loro volta, facendo girare il denaro, fanno ricadere il costo per ogni moneta o banconota sui risparmiatori creando un circolo vizioso di caricare interessi su interessi, il signoraggio, un sistema che favorisce i ricchi signori impoverendo la gente comune.
C’è da precisare che per la B.C.E. il signoraggio è “Il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria del S.E.B.C., il "Sistema Europeo di Banche Centrali”. Considerando, poi, che i diritti di signoraggio per le banconote in euro sono riscossi dalla B.C.E., mentre quelli delle monete dalla “Banca d’Italia”, se si dovesse stampare conio converrebbe preferire le monete di piccolo taglio alle banconote, così da lasciare gl’interessi alla nostra “Banca d’Italia”.
Tutto questo volendo considerare che il signoraggio non sia una pratica speculativa delle banche, che già sono sotto l’occhio del ciclone specie in questi tempi di crisi.
Personalmente mi fa molto senso sapere che esse detengono nei loro caveaux una somma pari a quattro volte tutto il debito pubblico italiano. Mi chiedo: “Perché tutta questa liquidità o buona parte di essa non è immessa nel mercato risollevando un’economia prostrata di fronte a una crisi che sembra non volere rallentare la sua potenza distruttiva?”.