Gavettoni, prese in giro e punizioni. Il nonnismo ai tempi del servizio militare
del 2017-10-31
Dalla Treccani, la più nota enciclopedia italiana di scienze, lettere e arti, traggo la definizione della parola “nonnismo”: “Nel linguaggio giornalistico, termine con cui è stato indicato il fenomeno per cui a volte, nelle caserme, i militari di leva prossimi al congedo adottano comportamenti di prepotenza e d’intimidazione nei riguardi delle reclute, facendosi riconoscere privilegi (quale, per es., l’esenzione dalle mansioni faticose), e non di rado puniscono le reclute ribelli con scherzi anche crudeli”.
Si contrappone al “nipote” o “spina”, il novizio soldato di leva, essendo il “nonno” il membro anziano di quella comunità. Un motivetto che gira nelle caserme recita: "Buonanotte nonnino, il congedo è vicino, per te è finita, per me c'è una vita". Un altro “Buonanotte grande sasso” la recluta “Buonanotte sassolino” il nonno.
Se da un lato quest’atteggiamento potrebbe sembrare soltanto un gesto goliardico tendente a ravvivare il non allegro ambiente militare, da un altro lato certi comportamenti vessatori potrebbero sfociare in vere e proprie azioni di mobbing. Partendo, infatti, da banali e balordi scherzi, magari conditi da pesanti insulti, spesso si passa a dei concreti atti di vandalismo contro la vittima designata con furti, persecuzioni e denigrazioni varie.
Una di queste avviene quando un “nonno” incontra una recluta e pronuncia la parola “blok”. La recluta deve immediatamente bloccarsi, senza accennare ad alcun movimento anche respiratorio, se no rischia un bel pugno nella pancia. Altro caso può essere quando la recluta è costretta a salire sull’armadio della camerata, appollaiarsi vicino l’orologio a cucù e nel momento in cui l’uccellino esce dalla gabbia, fare anch’egli il verso del cucù e ripetere l’ora esatta. Se si rifiuta, giù botte. Oppure quando s’impone alla recluta di cantare dopo essere stato rinchiuso dentro a un armadio di metallo. Se dovesse cantare male o non conoscere il brano richiesto, le punizioni corporali sono garantite. Questa pratica è definita “juke-box”.
Ci sono anche delle pratiche che, però, hanno poco a che fare col fenomeno del “nonnismo”. Sono soltanto degli scherzi, delle burle da camerata, come quella di piegare le lenzuola in due e creare il sacco. Oppure il più classico gavettone, cioè il secchio d’acqua che ti cade sulla testa quando apri la porta della camerata. La situazione diventa grave, poi, in presenza d’atti razzistici che qualche volta sono sfociati in casi di suicidio o, addirittura, d’omicidio. Una forma di “nonnismo” può essere rappresentata dalle regole che disciplinano i rapporti fra le diverse gerarchie. Non è raro l’utilizzo del proprio superiore grado per sottomettere una recluta alle proprie volontà.
Ad aggravare questa già precaria situazione, s’aggiunge il comportamento omertoso delle vittime che evitano di denunciare il loro prevaricatore per evitare ulteriori e ben più gravi soprusi. I ripetuti casi di “nonnismo”, in special modo quelli che hanno comportato gravi danni fisici ai malcapitati, hanno costretto i parenti delle vittime a creare l’“Associazione Nazionale Genitori dei Soldati di Leva”.
Per la cronaca il servizio militare, la “naja”, nell’anno 2004 è stato soppresso. Purtroppo, anche negli ambienti lavorativi, è capitato e capita ancora oggi che la prepotenza d’un superiore abbia indotto dei dipendenti a dover lasciare il proprio posto di lavoro. Per la verità più che di “nonnismo” in questi casi si parla di mobbing, poiché l’abuso non è compiuto da un soggetto più anziano, bensì da uno con più potere.
Nell’anno duemila lo Stato è finalmente intervenuto in maniera tangibile su questo increscioso fenomeno, istituendo il reato di violenza privata e maltrattamenti che ha notevolmente contribuito a ridurre i casi di “nonnismo”. C’è da dire, però, che dal 2012, c’è stata una recrudescenza dovuta a motivi non meglio identificati. Per quanto il “nonnismo” sia una pratica evidentemente negativa, non sono pochi i commilitoni a ritenere che una valenza positiva la conteneva, cioè quella d’abituare la recluta alla subalternità, all’obbedienza, alla gerarchia, elementi indispensabili nella vita militare.
Personalmente ho evitato il servizio militare sposandomi un po’ prematuramente e diventando padre a soli ventuno anni, poiché per l’esonero occorreva anche la prole. Non me ne sono pentito, anche se mio figlio mi rinfaccia di tanto in tanto che lui è il prodotto d’un interesse privato e non d’un atto d’amore.
A mio figlio rispondo con due pensieri: uno di H. Jackson Brown Jr. “Ricorda che la migliore relazione tra due persone è quella in cui il tuo amore per l’altro eccede il tuo bisogno dell’altro” e l’altro di John Langshaw Austin “Tu sei qui per uno scopo. Non c’è una copia di te nel mondo intero. Non c’è mai stata. Non ci sarà mai. Sei venuto alla luce per soddisfare un qualche bisogno. Prenditi il tempo per riflettere su questo”.