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In "littorina" per andare al mare. L'estate anni '60 dei castelvetranesi

di: Pietro Errante - del 2017-11-10

Immagine articolo: In "littorina" per andare al mare. L'estate anni '60 dei castelvetranesi

Fino agli anni ’60-70 era solo una stradina in terra battuta, tortuosa e sconnessa, polverosa e in forte pendenza, quella che consentiva di raggiungere la borgata di Marinella dalla stazione ferroviaria di Selinunte. Il villaggio dei pescatori era un presepe di case povere e spartane abbarbicate sulla collina di creta che si tuffa nel mare africano.

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  • Le bianche casette mediterranee erano spesso soggette a veri smottamenti del terreno dovuti alla scarsa consistenza della creta su cui venivano costruite. Il famigerato muraglione di Selinunte ne era il più esemplare dei casi. Ai bagni estivi non si rinunciava in quegli anni in cui le acque del mare erano limpide e cristalline, la rena dei lidi dorata e vellutata.   

    I Castelvetranesi usavano il treno (in seguito la littorina) per recarsi nella vicina Marinella di Selinunte dove si compiva ogni estate il rito dei bagni. Dalla stazione ferroviaria di Castelvetrano si partiva di buonora con il trenino che scorreva sullo scartamento ridotto per Porto Empedocle. Dopo una breve fermata a Santa Teresa – Latomie, zona rurale tra le più belle del territorio castelvetranese, in poco meno di mezz’ora si arrivava alla stazione di Selinunte, dopo aver ammirato il panorama mozzafiato del tempio E e del tempio G con la caratteristica colonna centrale denominata “lu fusu di la vecchia”. I due monumenti apparivano all’orizzonte già da qualche chilometro di distanza quando il trenino si immetteva sul rettilineo di Santa Teresa. Poi attraversava quasi la zona archeologica curvando a sinistra per entrare nella stazione ferroviaria.      

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  • Erano gli anni della nostra spensierata gioventù, del liceo, dell’università. Attraversavamo quegli anni nella consapevolezza di un futuro migliore di quello vissuto dai nostri genitori tra guerre e regime. Ora sappiamo che quelli sono stati gli anni del riscatto, gli anni del boom economico, del posto sicuro per tutti. Ben altre le attuali condizioni di vita tra pseudo benessere, condito di povertà e disoccupazione, soffocato da attentati terroristici che non fanno presagire nulla di buono specie per le future generazioni.        

    A Selinunte la gioventù di quegli anni esorcizzava la povertà, l’indigenza, la precarietà con gli incontri al lido azzurro, con la socialità della goliardia, con le partitelle ai campi di basket o di calcio, in spiazzi affollati di gente appassionata.     

    E le spiagge un luccichio di ombrelloni multicolore, col mare limpido e non inquinato da scarichi abusivi, dallo smog delle auto, dall’abuso di plastiche vandaliche. Erano gli anni del benessere inteso come star bene assieme agli altri, parlarsi, ritrovarsi con amici e conoscenti, con le lunghe passeggiate tra Calannino e lo Scaro, avanti e indietro, incessantemente, quasi in maniera maniacale, quell’andirivieni diventava una vera ossessione.

    Si correva a giocare al biliardino nel lido di lu zu Accardu, si facevano quattro salti al suono del jukebox ni lu professuri Scurcidda, si andava a mangiare un pezzo di pizza ed un gelato magari avventurandosi in un periplo lunghissimo attraverso la strada dei magnifici templi della collina orientale, li pezzi di Selinunti, quelli che ormai facevano parte delle nostre immagini consuete senza suscitare gli stupori della prima volta.          

    E le barche dei pescatori con il loro ritmico rimbrotto alla partenza serale e soprattutto all’arrivo mattutino con l’immancabile incanto del pescato notturno. E poi le lunghe passeggiate sotto costa,  tra dirupi e rocce che permettevano di raggiungere paradisi come la foce del Belice o quella del Modione. Niente telefonini, niente social, nessuna chat che ti costringe a stare tutto il giorno col capo chino su quella scatoletta a digitare impossibili messaggi criptici tvb, pcc, vfc, bbb, tpc ecc.

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