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Quel curioso incontro con il giocoliere argentino dalle origini italiane. Un girovago dal talento innato

del 2017-10-03

Girando con la mia auto per le strade cittadine, non posso fare a meno d’incontrare delle persone ai semafori che mi chiedono l’elemosina per provvedere ai loro legittimi bisogni di vita, non avendo trovato una sistemazione ch’avesse potuto garantire loro un reddito certo. In cambio sono pronti a lavare il vetro della mia autovettura.

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  • Altri vorrebbero vendermi degli accendini, una rosa per una persona amata, dei fazzolettini o altre mercanzie di scarso valore. Spesso sono dei ragazzini o delle ragazzine che s’avvicinano alla macchina per chiedermi qualcosa, comunemente sporchi e malandati, figli probabilmente di qualche zingaro di etnia rom di passaggio nella città.

    Incontro anche dei barboni che mi chiedono qualche spicciolo per andarsi a comprare un panino o una birra; anziane signore imploranti, a volte piangenti; padri o madri supplicanti con i loro bambini in braccio; qualche giovane che mi ha dato l’impressione d’avere assunto da poco della droga; degli uomini di colore sorridenti, con tutti quei trentadue denti bianchissimi, che ammiccanti mi dicono “Fradello, du dare dei soldi a me?”.

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  • Qualche volta, mosso a compassione, gli do qualcosa, mentre altre volte faccio spallucce e aspetto con ansia che il rosso del semaforo si faccia verde per scappare al più presto da una situazione che ogni volta mette a dura prova la mia coscienza (non si può a ogni semaforo accontentare tutti).

    Non mi sarei mai aspettato d’incontrare, però, un giocoliere di strada. Ragazzone simpatico, alto, magro, capelli ricci lunghi con basettoni incolti e pizzetto caprino alla Niccolò Fabi. Per il suo spettacolino si serve: d’una palla di legno che tiene sulla testa senza farla cadere; d’un tubo di ferro sul quale sistema una tavola di legno sulla quale sale riuscendo a stare in perfetto equilibrio; d’alcuni birilli che fa volteggiare per aria con una maestria riservata solo a questa categoria d’artisti. Terminato il piccolo spettacolo da circo, prima che il semaforo torni verde, ha fatto un breve giro fra le auto per raccogliere qualche moneta come ricompensa per averci regalato quell’attimo di fugace spensieratezza.

    Incuriosito non ho potuto fare a meno di posteggiare la mia auto nei pressi e raggiungerlo per un’intervista. Gli ho chiesto se fosse italiano o straniero. Mi ha risposto che ha la doppia nazionalità, argentina e italiana. Il suo nome è Pablo D’Elia e il suo bisnonno era un italiano di Forlì. Da cinque mesi è in giro per l’Europa a fare l’artista di strada, lavoro con il quale riesce a sopravvivere. Mi ha detto d’avere ventotto anni e che ha lavorato in molti circhi argentini. Ha, poi, deciso di vivere facendo il girovago ed è stato in più di venti paesi diversi tra l’America Latina e l’Europa. Ha lasciato al paese natio i suoi genitori e una sorella che ogni tanto va a ritrovare.

    Ho notato che sotto l’albero dove aveva sistemato le sue cose, un sacco a pelo, una tenda da campeggio chiusa e un carrello con i suoi attrezzi da lavoro, c’era anche quella che mi è sembrata la custodia d’uno strumento a fiato. Mi ha confermato che c’era un sassofono che sapeva suonare discretamente, anche s’aveva imparato in maniera autodidattica.

    Gli ho confessato ch’ero anch’io un musicista e ch’ero attratto da queste figure d’uomini veramente liberi: liberi da ogni stereotipo, da ogni dipendenza, da ogni compromesso con il mondo, da ogni tipo di relazione sia sentimentale sia d’affari; liberi dai doveri, dagli obblighi, da una fede sia politica sia religiosa; liberi di vivere la propria vita in piena armonia col creato che non è l’auto, lo smog, la delinquenza, l’immondizia e tutto ciò che di negativo vi si trova, ma un giusto equilibrio fra ciò che ci è stato donato e il modo in cui gestiamo questo patrimonio infinito.

    Ho augurato a Pablo tutta la fortuna che si merita, per il coraggio che solo pochissimi veri uomini hanno. Ho invidiato questo nostro fratello menestrello alla corte dei re-uomini che pensiamo di sedere s’un trono fatto di gloria e di denaro, ma in verità siamo seduti s’un trono fatto di nulla.

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