La chiesa dell'Addolorata Nostra o "di nostra Signora del Pileri”
di: Vito Marino - del 2018-04-04
La chiesa della Madonna Addolorata una volta era chiamata “di nostra Signora del Pileri”. "Pileri" in siciliano significa colonna, in ricordo della colonna della flagellazione.
Questa denominazione potrebbe derivare dal francese “Pilier” acquisita durante la dominazione degli angioini (1282 – 1442) oppure dallo spagnolo “Pilar”, che significa pilastro. Più sicuramente deriva dallo spagnolo, perché il culto della nostra signora del Pilar esiste ancora a Saragoza. Il santuario ancora esistente è il più antico della Spagna e forse di tutta la Cristianità; contiene una piccola statua lignea del 1300. Secondo la leggenda l’apostolo Giacomo il Maggiore si trovava a Saragoza deluso e avvilito dello scarso risultato delle sue predicazioni. La Madonna, che in quegli anni era ancora vivente (erano gli anni 40 d.C.), apparve in carne e ossa sopra una colonna di granito, per dare coraggio all’apostolo. A seguito di questo evento miracoloso, nello stesso posto fu eretta una chiesa, che ancora esiste.
Il culto della Signora del Pilieri esiste anche a Cosenza e in Sicilia, a Randazzo.
La chiesa della Madonna Addolorata di Castelvetrano nel passato venne chiamata anche “Nostra Signora dei sette dolori” o “pianto dei sette dolori”
I nomi dell'Addolorata nelle aree di lingua o influenza italiana sono: Maria o Mater Dolorosa o Dolorosa, Maria Desolata, Maria dei Sette Dolori, Beata Vergine del Pianto, Maria delle Lacrime o del Pianto, Maria della Pietà e Beata Maria Virgo Perdolens.
Il popolo e la Chiesa cattolica del passato rappresentavano il rito sacro della vita e la morte di Gesù, come quella di un comune mortale, con gioia immensa per la sua nascita in occasione del Santo Natale e tristezza, lutto e preghiere, per la sua morte.
Così in occasione del Venerdì Santo, seguendo il rito del lutto familiare stretto, portato dai Siciliani in caso di lutto familiare, sul portone della chiesa dell’Addolorata si attaccava una larga striscia di tela nera in segno di lutto. Inoltre, l’interno della chiesa era, per l’occasione, “apparata” (adornata) con fastosità barocca, con sontuosi drappi di seta, mussole, veli, frange di velluto che scendevano dal soffitto, il tutto rigorosamente nero.
Anche durante la processione, per come avveniva nel trasporto funebre, partecipavano le donne vestite di nero, “le veroniche” e le “Marie”, delle ragazzine vestite pure di nero con i capelli neri arricciati, che portavano i dadi, le aquile e i fasci con scure dei littori (insegne della legione romana), tenaglia, martello, scaletta, gallo, tre chiodi, corde, telo col volto di cristo impresso, corona di spine, lenzuolo, tunica rossa, la bandiera color porpora con la scritta “S.P.Q.R.", croce, tutti segni della crocifissione di Cristo.
Altri bambini suonavano “lu trik trak” di legno (le traccole); la Madonna, in segno di lutto porta ancora un largo manto nero che l’avvolge tutta, lasciando scoperto solo pochissima parte del volto. Lo stesso avveniva nel passato per la donna che, durante il lutto stretto portava un fazzoletto nero in testa ed un largo scialle, pure nero, che le copriva anche quasi tutto il viso.
Ricordo che mia madre dal Giovedì Santo al Sabato Santo, fino a quando avveniva la cerimonia di resurrezione, non ci faceva cantare o fischiare o fare chiasso, in segno di lutto.
Durante la processione si pregava in questo modo: -“L’acqua e lu pani vulemu Signuri”- seguito da un colpo sordo di tamburo; -“Pietà e misiricordia Signuri”- un altro colpo di tamburo. Quindi, anche il tamburo in quel giorno perdeva la sua funzione di strumento musicale e in segno di lutto portava un nastro nero attaccato.