“Donna Tidda”: la medicina popolare a Castelvetrano nei miei ricordi di bambina
di: Giovanna Casapollo - del 2018-04-10
“Ho mal di pancia, sono le tre di notte e io sono ancora qui davanti al pc. In questi giorni pizzichi di depressione fanno capolino nella mia mente. Il mio malessere si traduce in somatizzazione allo stomaco. Mi strizzo le viscere e bevo una tisana.
Quando ad un tratto il viso di una vecchina tutta nera si materializza nel video, ecco la vedo: ”i vermi … i bambini hanno i vermi…. “ Bisogna chiamare donna Tidda”. E donna Tidda arrivava col suo mazzo di ruta in mano, le sue formule magiche, le sue preghierine blasfeme.
Sono distesa sul lettone, accanto a me mamma e nonna Giannina con panni bianchi tra le mani. Sul mio viso gli occhi ispirati della vecchia, il soffio delle sue giaculatorie incomprensibili, e sul mio pancino scoperto due mani che si affondano, che scavano in profondità provocandomi una profonda sensazione di nausea, poi quell’odore piccante e aspro della ruta che mi intima di respirare.
Sono immobile, bloccata dalla paura e da una sensazione terribile di impotenza, donna Tidda continua la sua terapia arcaica, cura e a suo modo guarisce la bambina minacciata da presenze fantasmatiche che si sono materializzate in lunghe tenie bianche vermiformi.
Finalmente l’intervento termina, tremante e con gli occhi bagnati di terrore, mi rifugio tra le braccia della mamma che mi asciuga con il panno gli occhi e il pancino unto di olio benedetto”.
(da un “Passato che ritorna” di G.C.)
Giovanna Casapollo
Nurallao (sardegna)