"Lu picuraru" e “lu tunniri” tra ricordi, aneddoti e antiche usanze dei tempi che furono
del 2018-06-07
Lu "Picuraru", è il pastore, il proprietario e allevatore di pecore, che di giorno le porta al pascolo, la sera le munge e l’indomani mattina presto le munge di nuovo e fa “lu fruttu” (il prodotto): “tumazzu, ricotta e zabbina”.
Durante la Civiltà Contadina e fino agli anni ’50 del secolo scorso, il pastore e il contadino stavano agli ultimi posti della scala sociale. Allora, per un ragazzo che andava “a picciottu” (apprendista) da un “mastru” (artigiano) era un onore, mentre se andava a lavorare con un pastore si diceva semplicemente che era “adduvatu” (dato in affitto), ed era un disonore.
Le pecore di sera vengono rinchiuse nella “mannara”(ovile) un recinto all’aperto fatto anche di ramaglie o muri a secco e diviso in due con un passaggio stretto, che lascia passare una pecora ogni volta. Durante questo passaggio ogni pecora viene munta prima di passare nell’altra parte. Le pecore sono sorvegliate dai “cani di mannara” (cani pastori), molto aggressivi e intrattabili. Per similitudine, una persona dal cattivo carattere viene classificato come “un cani di mannara”.
Tuttavia questo cane si affeziona molto al gregge e reagisce con violenza se vengono toccate da persone estranee. Una volta ho visto una pecora che partoriva mentre camminava; il pastore se n’è accorto e ha lasciato di guardia il cane con la pecora e l’agnellino, mentre lui ha continuato il suo percorso col gregge. Il cane è rimasto di guardia per alcune ore, fino a quando il pastore è arrivato con un mezzo a prelevarli.
l giorno dell’Ascensione buoi capre e pecore si portavano ai fiumi, laghi e mare per lavarli e, secondo la credenza, purificarli e preservarli dalle malattie nel corso dell’anno, essendo stata l’acqua benedetta dall’angelo. Nei contratti agricoli di allevamento di animali si prescriveva di dare al locatore, ripartiti nelle feste di Carnevale, Natale e Pasqua, capretti, ricotta formaggi, galline, maialetti, ma anche prodotti agricoli, cioè pagamenti in natura (carnaggio).
Lo stesso avveniva col barbiere che il contadino pagava a fine anno con il frumento della raccolta d’annata.
Il vocabolo “picuraru” è generico ed è attribuito a chi bada alle pecore in generale; in particolare, il pastore che è al servizio del proprietario del gregge, è chiamato “curatulu”, mentre lu massaru o massariotu è il proprietario del gregge.
La “massaria” è tutta l’azienda del “massariotu”, dove custodisce il gregge la notte, dove le munge, le tosa e dove vi lavora per ottenere il frutto.
Per combattere l’abigeato (il furto di bestiame), in Sicilia e Sardegna, i bovini e gli equini venivano marchiati con un ferro battuto rovente sulla spalla sinistra, alla presenza dei carabinieri, che detenevano il marchio comunale diverso da paese a paese. Ad esempio “YF” era usato nel Comune di Santa Ninfa. Alcuni proprietari terrieri e allevatori procedevano a una seconda marchiatura, di solito sulla groppa dello stesso animale, con un marchio privato in ferro battuto che portava le iniziali del padrone. Questa legge non è stata più in vigore nel 1873. I
Siccome i terreni adibiti a pascolo sono di molto diminuiti per le bonifiche effettuate ai terreni incolti e per la quasi scomparsa dei terreni coltivati a grano, i pastori fanno pascolare il gregge su campagne coltivate con culture specializzate con danni alle coltivazioni. In questo caso si dice che si è effettuato un pascolo abusivo, in teoria punibile per legge, ma in pratica la legge viene raggirata e questo reato non è più punibile.
“La ranta” era un luogo chiuso ove venivano custoditi gli animali quadrupedi, sorpresi a pascolare abusivamente nelle proprietà di un nobile dei vecchi tempi. “La ranteria” era il privilegio dato dal sovrano al nobile ricco proprietario terriero, di potere riscuotere una multa dal proprietario degli animali sorpresi nei suoi possedimenti a pascolare abusivamente. In diversi territori comunali della Sicilia esisteva spesso una contrada chiamata ranteria o erranteria, che indicava il luogo dove anticamente il Signore di un Comune, tramite il consenso del Sovrano istituiva la Ranta comunale. Lu rantuni era una persona guardata con disprezzo, perché zotica, senza mestiere che si adattava a fare il guardiano del “rantu”. Era classificato come tale anche chi andava errando, dal latino “errans errantis” = errante, senza meta.
La mungitura delle capre, mucche e pecore avviene due volte al giorno, di mattina e di sera. Il pastore si siede su un ceppo di legno o di pietra e munge l’animale raccogliendo il latte in un recipiente che una volta era di legno e si chiamava “cisca”, oggi sostituito da un secchio di plastica.
Quando incomincia il caldo, generalmente a maggio, per fare rinfrescare la pecora, ma anche per recuperare la lana, le pecore vengono tosate. “lu tunniri” (la tosatura) viene fatta dal curatulu con delle forbici lunghe, larghe, aguzze e taglienti con un manico di acciaio elastico che fa da molla di richiamo. Ogni tosatore riesce a “tunnari” (tosare) 125 pecore al giorno. La pecora giace a terra legata ai piedi e viene rivoltata secondo le necessità del tosatore. La lana viene posta in sacchi o accatastata in attesa della lavorazione o della vendita.
Foto: lastampa