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Quando il rebus è arte e passione. Intervista alla giovane artista CVetranese Noemi Camporeale

di: Federico Pier Paolo Indelicato - del 2018-11-15

Noemi Camporeale è una giovane artista castelvetranese. La sua propensione al disegno, seppur considerato solo in forma di svago, si manifesta fin da quando è bambina, ma comincia a definirsi come una più concreta possibilità professionale quando nel 2013, durante uno stage presso l’atelier Lighea, inizia una fruttuosa cooperazione con Lia Calamia, per la quale realizza vari dipinti, partecipando con la propria produzione pittorica a diversi eventi artistici.

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  • L’impegno artistico espletato su più fronti, dal disegno alla pittura passando per la realizzazione con tecniche e materiali diversi di prodotti artigianali, le ha consentito di farsi conoscere nel settore, conquistandole l’attenzione di collezionisti e acquirenti privati che ne hanno apprezzato i lavori contribuendo alla loro circolazione oltre i confini della Sicilia. 

    Ma è grazie alla sua passione per l’enigmistica e al peculiare stile grafico delle sue vignette che il suo percorso professionale ha una svolta, consentendole di avviare una proficua collaborazione con importanti riviste nazionali.

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  • Dal 2017 coopera alla rivista classica bimestrale “La Sibilla", nota ai solutori più tenaci per la notevole complessità del giochi proposti, per la quale realizza le illustrazioni dei rebus, proponendone talvolta alcuni di propria ideazione. 

    Nello stesso anno, partecipa alla IX edizione del Premio Nazionale di Umorismo e Satira indetto da CartoonSea  sul tema “Aria Consumata: mettete dei fiori nei vostri polmoni!”, e la sua illustrazione viene inclusa nel catalogo. L’anno successivo, realizza una vignetta sul tema “Deformazione professionale: 10 anni di postura scorretta”, che viene nuovamente inclusa nel catalogo CartonSea. Viene anche premiata in diversi concorsi di Fantasia Grafica indetti dalla Settimana Enigmistica.

    Ciao Noemi, quando hai capito che la tua passione per il disegno sarebbe potuta diventare un lavoro? 

    Non subito, inizialmente consideravo il disegno e la pittura un piacevole svago più che una concreta possibilità professionale. Non a caso ho indirizzato i miei studi su una strada diversa, frequentando il liceo classico ed in seguito la facoltà di Scienza e Tecniche Psicologiche all’università di Palermo. 

    Il mio interesse si è tuttavia fatto più vivo e concreto quando, in seguito ad uno stage presso l’atelier Lighea, ho cominciato a dipingere quadri su commissione, partecipare a mostre ed eventi artistici, e praticare la pittura con sempre maggior assiduità e consapevolezza. In questo ambito ritengo che, oltre ovviamente a qualche buon consiglio e nozione tecnica, l’esercizio e la pratica siano i migliori maestri.

    Ma certo continuava ad essere poco più che un hobby che un mestiere con cui sostentarmi.

    Quando mi fu regalata la prima tavoletta grafica cominciai a sperimentare il disegno grafico, dando inizio ad una nuova e diversa fase del mio percorso, e delineai i personaggi di una serie di fumetti che condividevo su facebook con il nome di Emi’s Friends, definendo nel contempo sempre più chiaramente il mio stile grafico, che ancora muta e si evolve, alternando i tratti infantili e giocosi delle vignette comiche a quelli seri e maturi delle illustrazioni per La Sibilla, a quelli più sintetici e stilizzarti per alcuni concorsi grafici.

    Come nasce la tua passione per l’enigmistica?   

    In realtà mi sono sempre piaciuti enigmi e giochi del genere, che fossero nella forma di videogames rompicapo, indovinelli o riviste di enigmistica.

    Seguendo inizialmente la pagina della Settimana Enigmistica su facebook, ho trovato dei gruppi di appassionati che proponevano rebus, verbis o altri giochi, ed aggregandomi ad essi ho cominciato a postare i miei primi (e semplicissimi) rebus, che puntualmente venivano non solo immediatamente risolti dalla maggior parte dei membri, ma anche talvolta da alcuni bollati come “troppo facili”:  così ho avuto modo, seguendo le discussioni e i commenti, di comprendere meglio le dinamiche del rebus che ancora ignoravo (ad esempio all’inizio non avevo neppure idea che un grafema su un oggetto potesse indicarne anche una qualità, o l’azione compiuta, o la relazione con altri elementi, più che il nome in sé), di conoscere alcuni “espedienti” tipici, alcune espressioni ricorrenti e via dicendo.

    E proprio grazie a questi gruppi ho avuto modo di conoscere ed entrare in contatto con la rivista di enigmistica La Sibilla, con la quale ho l’onore di collaborare come illustratrice da quasi due anni, durante i quali, vista anche l’elevatissima difficoltà dei giochi proposti, ho avuto ancor meglio modo di affinare le mie capacità come solutrice, nonché come ideatrice.  

    Come arrivi alla creazione di un rebus? C’è uno studio dietro?

    Innanzitutto è importante avere una certa esperienza come solutori. Conoscere certe regole e convenzioni. Una volta entrato nell’ottica del rebus impari un linguaggio particolare, certe espressioni tipicamente “da rebus” che non ricorrono molto nel parlato comune (per dirne qualcuna, il tizio che cammina di spalle in lontananza spesso è “ito”, l’oggetto scivolato da una tasca “perso”, la pancia “epa”, e via dicendo. Ci saranno una miriade di rebus che cominciano con “A volte…” reso  con gli anziani “avi” indicati da grafema L ed il tè). 

    Ma queste sono ovviamente nozioni basilari utili ai neofiti; per creare rebus degni di nota bisogna sperimentare soluzioni sempre nuove e originali, e ce ne sono di veramente argute.

    Per dirne una, una volta illustrai per La Sibilla un rebus in due parti (un rebus stereoscopico) le cui vignette vennero poi pubblicate nella rivista a distanza di qualche pagina.

    Il motivo? Una delle chiavi era “se ricordi”, in riferimento  a qualcosa di accaduto nella prima vignetta alcune pagine dietro, e che il solutore avrebbe quindi dovuto ricordarsia pagine di distanza.

    Quando realizzo le illustrazioni mi vengono comunque forniti prima lettura e frase risolutiva, e mi viene spiegato in dettaglio come strutturare l’immagine; l’importante è dare chiara visibilità alle cosidette “chiavi”  (che possono essere oggetti, ma anche relazioni fra di essi, o azioni, o aggettivi …) ed evitare di inserire elementi fuorvianti.

    In genere se la chiave è ad esempio “alta” riferito ad una ragazza, si avrà l’accortezza di accostarle altre persone di statura normale, o se un tipo è “serio” gli altri appariranno ilari e così via.  

    Cosa sogni di fare da grande?      

    Non ho le idee chiare su un futuro lontano, molti vedendo le mie vignette mi consigliano con entusiasmo di realizzare dei racconti per bambini, ma un progetto che ho in mente da un po’ è quello di una storia illustrata dalle ambientazioni cyberpunk, un po’ ispirate alle illustrazioni di Adolph Lachmann, Brian Despain o Matt Dixon, che contenga anche degli enigmi da risolvere. Solo non ho ancora ben chiaro il target di riferimento, un libro illustrato fa più pensare ad un pubblico infantile, mentre quello che vorrei realizzare è qualcosa di fruibile anche dai ragazzi o di giovani adulti.

    Grazie per l’intervista e in bocca al lupo per la tua carriera.

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