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"I miei studi tra Filologia, Teologia e la tesi su Giovanni Gentile". Intervista al giovane Prof. Cvetranese Leonardo Obbiso

di: Alessandro Indelicato - del 2019-03-20

Immagine articolo: "I miei studi tra Filologia, Teologia e la tesi su Giovanni Gentile". Intervista al giovane Prof. Cvetranese Leonardo Obbiso

“Anche se da parecchi anni abito lontano, torno spesso a Castelvetrano e attraverso Castelvetranonews mi tengo sempre aggiornato su ciò che accade nella mia città. La situazione attuale mi rattrista molto, a Natale ho avuto la netta percezione di trovarmi in una città ferita e avvilita. Ricordo la Castelvetrano degli anni ’90 e non capisco come tutto sia potuto scadere così in basso. Il commissariamento e il default economico hanno fatto sì, che toccassimo il fondo. Ma nonostante tutto, sono speranzoso e fiducioso, e lo sono in modo fondato, non solo perché amo la mia città e vorrei che ritornasse più bella di prima, ma perché la conosco e punto sulle immense potenzialità che essa possiede: dal Parco Archeologico di Selinunte, alla produzione eno-olearia di eccellenza, dalla presenza di una zona artigianale-industriale alle spiagge di Marinella e Triscina queste sono ricchezze inestimabili che basterebbe saper ben valorizzare per far risorgere l’economia locale e non solo.”

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  • Queste le parole del prof. Leonardo Obbiso, classe 1982, una laurea in Filologia Classica, un Baccelleriato canonico in Teologia e una laurea Magistrale con una tesi su “L’insegnamento della religione cattolica oggi: dalla riforma Gentile all’esperienza di Barbiana”. Cresciuto a Castelvetrano, guarda al passato glorioso, fatto anche di uomini illustri, proprio come il filosofo Gentile, con l’auspicio di proiettarsi verso un futuro orientato ad una rinascita, per la nostra città, sicuramente, una rinascita economico-sociale, ma ancor prima culturale che, dalla scuola e nella scuola deve trovare il luogo da cui ripartire. E la cultura?

    “Cultura, termine ereditato dal verbo latino colere che significa coltivare. Mi viene da chiedermi: “Cosa stiamo coltivando?” Di certo, senza la cultura non si va da nessuna parte, se non si capisce ciò che si possiede e non lo si “coltiva” non possiamo aspettarci che saranno altri a farlo. É indispensabile ripartire dalla cultura e incrementarla. E con ciò non mi riferisco ad una cultura meramente scolastica ma ad altri tipi di culture dalle quali siamo ancora lontani: una cultura del bene pubblico, dell’ecologia, della sussidiarietà, del servizio. Mi preoccupa meno quella della legalità, perché so che i castelvetranesi sono persone serie, operose e oneste, che purtroppo si trovano a pagare l’onta di pochi e ad essere etichettati per quello che non sono, ma d’altronde si sa, fa più rumore un albero che cade che una foresta intera che cresce. In vista delle prossime elezioni il mio auspicio al nuovo sindaco e alla nuova giunta che andranno ad occupare palazzo Pignatelli è quello di lavorare serenamente e di ridare un volto rinnovato alla città.“

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  • La redazione di Castelvetranonews ha posto delle domande al prof. Obbiso, per poter raccontare ai lettori la sua formazione e dibattere su temi attuali di sua competenza, come la scuola, il crocifisso in classe, l’integrazione e la multiculturalità.

    Dove vivi oggi?

    Attualmente, da quasi sei anni, vivo a Trieste. Dopo gli studi a Siena e alcuni anni di insegnamento nella splendida cittadina toscana, avevo provato a ritornare a Castelvetrano, ma per motivi di lavoro sono dovuto ripartire nuovamente.

    Di cosa trattava la tua tesi in Filologia Classica?

    Quando nel 2006 mi sono laureato in Filologia Classica, avevo già maturato da anni la passione per l’insegnamento e l’ho coniugata con quella per il mondo classico discutendo una tesi che affrontava il tema dell’educazione nella Grecia del V secolo e partendo proprio dall’esame filologico delle opere di alcuni storici come Tucidide e Plutarco, ho fatto una ricostruzione dei principali metodi educativi dell’epoca, sottolineando, in particolare modo, le differenze tra la paideia ateniese e l’agoghé spartana.

    Ci parli del progetto “La città e la letteratura”?

    Ho contribuito alla realizzazione di un progetto svolto in interateneo con la facoltà di Architettura dell’Università di Venezia che si occupava degli stretti legami che intercorrono tra la speculazione letteraria e l’urbanistica delle città in cui questa viene prodotta; basti pensare all’Atene di Aristofane nelle sue commedie o alla Londra di Oliver Twist nel celebre romanzo sociale di Dickens.

    Come nasce la scelta di iscriverti alla facoltà di Teologia?

    Ho sempre svolto, fin dalla mia adolescenza, attività in ambito pastorale: attualmente sono catechista, consigliere pastorale e membro del Cammino Neocatecumenale. Inizialmente mi sono iscritto per curiosità solo ad alcuni corsi proposti dalla Facoltà, poi ho capito che ciò che studiavo poteva rispondere a quell’attitudine umana di innamorarsi di ciò che tiene aperto l’orizzonte della vita e delle sue richieste più significative

    Il tuo essere “insegnante”

    Uno dei munus, cioè dei doveri, della Chiesa (e quindi di tutti quelli che ne fanno parte) è il munus docendi, ovvero quello di insegnare, citato anche tra le sette opere di misericordia spirituali.

    Ritieni che l’insegnamento dovrebbe essere “laico”?

    Innanzitutto credo sia doveroso sottolineare che essere laico non significa essere ateo o agnostico, io per primo sono un laico pur essendo credente, non di certo un laicista, che è ben diverso. L’insegnamento certamente può essere laico ma, al contempo non può omettere che una delle componenti fondamentali dell’uomo, già dalla preistoria, è la sua attrazione per il trascendente.

    La figura del precettore, secondo te si sposa con quella del prete, come è stato per anni in Italia?

    Un precettore religioso, figura ormai del quasi tutto scomparsa, può svolgere sicuramente la funzione di insegnante, sapendola distinguere dal catechismo alla Pio X, e di questo don Lorenzo Milani è un ottimo esempio. Nella sua esperienza a Barbiana, non c’ era nemmeno l’ora di religione, ma egli amava dire: “Tutto ciò che è vero è sacro”.

    Come si rapporta tale insegnamento con le altre religioni?

    Spesso le cose in comune sono più di quelle che ci separano e, se c’è una conoscenza reciproca, ci può essere anche un dialogo volto a superare i dissensi e le inimicizie del passato finalizzato ad una mutua comprensione e ad una promozione comune di giustizia sociale, rifacendosi a quei valori morali sempre valivi di pace e libertà.

    Molti confondono la teologia con l’insegnamento della religione cattolica.

    Oggi siamo davanti ad un analfabetismo religioso dilagante, spesso carico di pregiudizi e di luoghi comuni e se consideriamo che il più delle volte a far paura è ciò che non si conosce, si comprende sempre più l’imminente esigenza di essere alfabetizzati in questo senso.

    Nella tua tesi parli di un castelvetranese importante.

    Nella tesi che ho discusso presso la Facoltà Teologica del Triveneto, per il conseguimento dell’abilitazione per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali dal titolo “L’insegnamento della religione cattolica oggi, dalla riforma Gentile all’esperienza di Barbiana”  ho fatto un breve excursus storico della pubblica istruzione italiana partendo dall’Unità e, arrivando alla realtà odierna, non ho potuto non soffermarmi su chi ha dato un assetto chiaro e definito ai vari indirizzi di studio aumentandone anche l’età dell’obbligo scolastico. Questa riforma, a mio avviso, è una pietra miliari della storia della scuola italiana, dalla quale ancora oggi, a quasi un secolo della sua attuazione, si fa fatica a svincolarsi del tutto.

    Eppure Gentile non era propriamente d’accordo con i patti lateranensi.

    Gentile di certo non era un pio cattolico, ma non era nemmeno un ateo, tanto che nelle sue teorie fa sempre riferimento ad una visione metafisico-spiritualistica che comprende tutte le realtà finite riconducibili ad un Atto del pensiero pensante, che fa capo ad un Soggetto spirituale in cui tutto è superato, ma in cui tutto trova compimento. Anche se non accettava ingerenze della Chiesa nelle questioni di Stato.

    Sulle polemiche del crocifisso in classe, cosa pensi?

    Certo, il fatto che dopo 2000 anni il crocifisso faccia ancora parlare di sé, è senza dubbio indice di qualcosa, anche se a volte viene evocato per avvalorare proclami tutt’altro che cristiani e solo a puri scopi propagandistici, soprattutto negli ultimi anni, qualche benpensante lo ha strumentalizzato per i propri fini e ha alzato il dito contro la liceità della presenza del crocifisso, sia nelle aule scolastiche, ma anche nei tribunali, ospedali e altri luoghi istituzionali. A dissipare ogni dubbio vi sono diverse sentenze sia della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato dalle quali si evince che il principio di laicità dello Stato non implica indifferenza verso le religioni, bensì è salvaguardia della libertà di religione, cosa ben diversa. Non come lo vorrebbe qualcuno, simbolo delle tradizioni e della nostra identità quasi a livello folcloristico.

    Secondo te la scuola italiana ha bisogno di una riforma?

    La crisi del sistema famiglia degli ultimi anni ha caricato di non poche preoccupazioni il mondo della scuola che, spesso, ha dovuto sopperire a mancanze educative, vari progetti e attività sono stati promossi dalle scuole per venire incontro a quest’emergenza, ma la vera finalità, che non può essere quella di accompagnare lo studente in ogni tipo di esperienza di vita extra scolastica, è di dare al futuro cittadino lo strumento che gli consenta di fare scelte autonome orientate sui valori della società in cui si trova. Io ritengo che la scuola si debba riformare continuamente per stare al passo con i tempi e le esigenze di un mondo che cambia, anche adesso mentre le sto rispondendo.

    E l’insegnamento della religione cattolica?

    L’I.R.C. nella  Scuola  italiana, oltre ad essere materia curricolare, è una valida occasione di formazione, sia culturale che educativa, in quanto invita i giovani a comprendere le fondamenta della Storia, della filosofia, delle arti e delle culture, con vasti collegamenti alle altre materie di studio; aiuta a porsi e a rispondere alle grandi domande di senso che tutti gli uomini, in quanto tali, aldilà dell’appartenenza ad un popolo, ad una cultura e ad una religione portano nel cuore.

    Come pensi che l’integrazione con i profughi che arrivano dalle nostre parti e in tutta Italia, possa avvenire?

    L’Italia, e in special modo la Sicilia, hanno nella loro vocazione più intima il carisma dell’accoglienza dell’altro e del diverso. Conoscere e dare spazio all’altro non è sinonimo di perdita della propria identità, ma di arricchimento culturale e spirituale. Non so se i profughi conoscono la  nostra religione, molti di essi vengono dall’Africa subsahariana e sono musulmani, ma in ogni caso, non può e non deve essere motivo di scontro, non vengono con l’interesse di fare proseliti, ma di assicurarsi un futuro dignitoso che la loro terra d’origine non gli avrebbe permesso. Conoscere la loro religione, significa avere la possibilità di poterli rispettare nelle loro tradizioni, faccio riferimento ai menù presenti nelle mia scuola che per i musulmani, ad esempio, non contengono carni di maiale, o al periodo del Ramadan in cui si astengono da cibo e bevande durante il giorno. Conoscere significa anche apprezzare e fare in modo che tutto concorra al bene.

    La Cina per diventare una potenza ha investito sulla scuola. Credi che il sistema scolastico italiano sia capace di innovarsi in questa direzione, fermando l’esodo di giovani?

    A mio avviso un Paese che vuole crescere veramente, deve partire proprio dalla scuola e investire su di essa. Le grandi economie emergenti, come la Cina, hanno ben capito che, per essere concorrenziali con gli altri Paesi, è necessario che i percorsi scolastici preparino in modo concreto alla vita di ogni giorno e soprattutto al mondo del lavoro. Spesso, quello che accade in Italia è proprio il contrario, c’è una grande dicotomia tra le materie scolastiche e le esigenze di consumo, in una società che è sempre più in evoluzione.

    Ringraziamo il prof. Obbiso per la Sua disponibilità a raccontarsi ai lettori di Castelvetranonews.

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