Perchè si dice "fari comu ‘na taddarita"? Alla scoperta di una delle espressioni più usate
di: Vito Marino - del 2019-04-04
Ci sono persone che non sanno cosa sia la “taddarita”; evidentemente si tratta di giovani che a poco a poco stanno per perdere un tesoro che è la lingua siciliana; quella lingua che fu madre della lingua italiana.
Si tratta del pipistrello, un piccolo mammifero che vola per mezzo di una membrana attaccata agli arti superiori. Questo animaletto insettivoro, di giorno dorme ed esce di sera tardi, quindi “tardes” dallo spagnolo, dal quale deriva il nome “taddarita”.
Questa stessa espressione popolare si può trovare nel catanese dove invece della taddarita usano la “signa” (la scimmia) = “fari comu ‘na signa”. Evidentemente la taddarita, come la signa è un termine di paragone per indicare qualcosa di eccezionale se paragonato alle possibilità dell’uomo. Infatti, mentre l’uomo per molta parte del giorno sta fermo per vari morivi, questi due animali stanno in continuo movimento per tutto il periodo in cui stanno svegli. Inoltre c’è da dire che la taddarita è un animale molto strano, perché, pur essendo mammifero riesce a volare, mentre ha delle bruttissime sembianze, che lo rassomigliano al demonio.
Fra i ragazzi degli anni ’50 c'era diffusa la convinzione che il pipistrello si potesse catturare semplicemente toccandolo con una lunga canna. Inoltre, recitando la seguente filastrocca, c’era la convinzione che il pipistrello veniva attratto dalla canna come da un incantesimo:
Taddarita canna canna
lu dimoniu t’incarna
e t’incarna pi li peri,
taddarita, veni veni.
E t’incarna pi la cura
Taddarita veni allura.
Quando per caso si riusciva ad acchiapparne uno, colpendolo con la canna, si buttava vivo nel fuoco purificatore, perché simbolo del demonio. Una volta ho assistito anch’io ad uno di questi macabri riti.