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La cucina siciliana dai fasti greci a quelli federiciani tra spezie, vini e dolci

di: Vito Marino - del 2019-07-09

Immagine articolo: La cucina siciliana dai fasti greci a quelli federiciani tra spezie, vini e dolci

(ph. http://www.meteoweb.eu)

La cucina siciliana attraverso i secoli ha subito dei continui miglioramenti acquisendo quanto di più bello e gustoso apportavano i vari conquistatori. Durante la dominazione greca la cucina siciliana acquistò un grande splendore, ma con la lunga dominazione Bizantina, poco rimase di quel fasto: i terreni abbandonati e incolti poco potevano produrre per la cucina. Gli Arabi apportarono tante colture nuove e tanti sistemi di coltivazione e irrigazione d’avanguardia, che diedero un risveglio economico alla Sicilia oltre che alla cucina.

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  • Con l’arrivo dei Normanni, dal X secolo e fino alla fine del XIV ci fu un graduale ritorno alla terra grazie ai nuovi sistemi d’irrigazione e soprattutto all’introduzione dei numerosi prodotti dell’orto, accanto a quelli portati dal mondo arabo. Nella Sicilia federiciana si coltivavano riso, cetrioli, melanzane, zucchine, cavolfiori, spinaci, asparagi, porri, rape e fagioli, già introdotti e coltivati dagli arabi. Mangiare bene e molto era diventato sinonimo di potenza e benessere, per distinguersi dal mangiare poco dei meno abbienti o dalla dieta monastica dei conventi.

    Nella cucina dei poveri si utilizzavano prodotti locali cucinati dalla donna di famiglia. I ricchi consumavano prodotti importati e cucinati dai cuochi; avvenne così la rinascita della cucina siciliana. Nei ricchi banchetti dell’epoca, in Europa si consumavano grandi quantità di carne, soprattutto cacciagione, sempre con aggiunta di abbondante pepe, chiodi di garofano, lardo, e altre spezie per nascondere i cattivi odori caratteristici di una carne che aveva subito, per cattiva conservazione una eccessiva frollatura; inoltre, si consumava pane speziato, dolci al miele, fichi e melograni come frutta.

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  • Con Federico II si consumavano carni fresche e come aromi: basilico, salvia, prezzemolo, timo, menta ecc. La Sicilia era diventata famosa per la frutta fresca che consumavano ricchi e poveri: uva, pere, datteri, prugne, fichi, mandorle fresche, pesche, albicocche e angurie Un dessert elegante prevedeva frutta secca, gelatina di frutta e canditi, uva sultanina, secondo l’usanza araba. Con lo zucchero estratto dalla coltivazione della canna da zucchero, portata dagli arabi, si ottennero sciroppi e la celebre “cassata siciliana” (dall’arabo qasat).

    Alla corte federiciana si mangiò seduti davanti a bassi tavoli attingendo al piatto di portata; si usarono coltelli a punta e si portò il cibo alla bocca con le mani, che si risciacquavano spesso in bacinelle portate dai servi. Il vino era aromatizzato con mirto e assenzio. Famoso è rimasto lo “scapèce” (dall’arabo iskebeq, cioè pesce marinato) , un piatto oggi tipico della cucina napoletana. Altri cibi di quel periodo furono pesci, melanzane e zucchine fritti, fatti marinare in una salsa d’aceto aromatizzata con zafferano e foglie di menta e pepe.

    Federico II, che da bambino visse a Palermo, era molto frugale e seguiva i consigli medico – dietetici di Teodoro, pare che fosse astemio e che facesse dei periodi di digiuno. Egli amava molto la ricotta e i formaggi pecorini siciliani, oltre al pane di grano duro. Nel resto d’Europa si mangiava pane di miglio, orzo, segala; quest’ultima, con i funghi che produce faceva morire molte persone.

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