Gli scapaccioni di ieri e i bamboccioni di oggi. La scuola di un tempo e i cambiamenti rispetto a oggi
di: Vito Marino - del 2019-07-22
(ph. www.105.net)
Fino agli anni ’50 circa, reduci dalla II Guerra Mondiale, l’istruzione in Sicilia lasciava molto a desiderare. La scuola ancora cercava di risorgere dalla guerra e dalla dittatura, e si attuavano sistemi duri contro chi violava i regolamenti scolastici o non rendeva nello studio. Esisteva una scuola composta da classi con numerosi studenti, e di una cattedra dalla quale un docente si erigeva come messaggero della parola, della verità e della scienza; una scuola che concepiva da un lato il prestigio ed il comando, il modello, il sapere senza limiti, e dall'altro lato la subordinazione e l'obbedienza, le tenebre dell'ignoranza che chiede di essere illuminata, le copie che debbono modellarsi a sua immagine.
Era la scuola della tradizione, nella quale il maestro enuncia principi, dispone ed impone; la scuola nella quale la grammatica, la retorica, l'arte del dire trionfano sul saper fare; la scuola, infine, dove non si tiene conto della particolare individualità del discepolo. L’analfabetismo era molto diffuso specialmente fra la classe operaia e contadina e l’istruzione, anche se gratuita, era considerata un lusso.
Conseguire una laurea, era una conquista ambita, un lusso che solo i ricchi proprietari terrieri si potevano permettere. Solo dopo gli anni ’50 tale possibilità si estese anche alla classe media della popolazione. L’istruzione non faceva parte della cultura popolare, perché ancora legati ad una concezione arcaica ed arcana della letteratura orale, scrigno inesauribile di vita vissuta e di belle storie, ricche d’umanità. Nel lontano passato e fino agli anni ’50 – ’60, reduci da una dittatura, per mantenere la disciplina a scuola, con classi anche di 40 alunni, l’insegnante usava dei metodi arcaici violenti a sua più completa discrezione ed autonomia.
Allora l’alunno era considerato come un oggetto, come una macchina da manovrare, come un asino che non vuol capire. I castighi corporali erano il solo modo per placare gli spiriti ribelli di certi ragazzi, nati nel terrore della guerra, spesso orfani, “spidduzziati e sfasulati” (poveri, scalzi e malvestiti). I castighi elargiti a larghe mani consistevano nel farli stare in ginocchio dietro la lavagna a tempo indeterminato, bacchettate sul palmo e sulle nocche delle mani o dove capitava, tirate d’orecchie e di capelli.
Mio padre mi raccontava che negli anni 1906 – 1907 c’era il suo maestro Accardi, che tirava le bassette dei capelli fino ad alzare da terra il ragazzo; era rimasto così famoso che ancora oggi parlando con persone molto anziane se lo ricordano. Per fare un esempio: se un bidello beccava un ragazzo, mentre faceva una marachella nel corridoio, intanto gli dava il primo scapaccione, quindi lo portava dall’insegnante che lo castigava nel modo già detto; se il genitore era avvisato o veniva a saperlo, gli dava “il resto” del castigo.
“L’albero si aggiusta, quando ancora è piccolo” si soleva dire, e tutti facevano a gara per aggiustarlo. In tutto il mondo, nell’insegnamento del minore, la scuola aveva gli stessi diritti della sua famiglia. Un insegnante, se costretto, aveva tutti i diritti e il dovere di picchiare i ragazzi. I sostenitori delle punizioni corporali nelle scuole affermano che queste forniscono positivamente una risposta immediata all'indisciplina dello studente, molto più semplice ad esempio della sospensione. Il re Salomone è rimasto leggendario per le sue affermazioni.
Nel “Libro dei Proverbi” si leggono ancora dei proverbi, che dopo tanti secoli sono ancora di insegnamento: 'Chi risparmia la verga odia suo figlio. Ma colui che lo ama lo corregge per tempo' e poi 'Non negare la correzione ad un bambino: se tu lo punisci con la frusta egli non morirà, ma se trascurerai di farlo consegnerai la sua anima alla dannazione eterna'.
Sparta in particolare utilizzava le punizioni corporali come parte integrante del suo regime di disciplina; esse erano concepite essenzialmente per costruire la forza di volontà e rafforzare la resistenza fisica, prima del ragazzo e poi del soldato adulto. Questi metodi violenti non si usavano solo in Italia; da ricerche da me effettuate risulta che negli Stati Uniti, paese sempre all’avanguardia della tecnologia, già negli anni ’40 aveva inventato un marchingegno che colpiva nel sedere l’alunno colpevole, dopo averlo fatto mettere in posizione inchinata.
Il numero dei colpi era proporzionato al reato commesso. Pertanto i ragazzi non andavano per niente contenti a scuola, perché obbligati dai genitori e perché ricevevano castighi corporali per ogni non nulla. Per questa cattiva reputazione, il primo giorno di scuola alla prima classe elementare era un vera tragedia: i ragazzi non volevano separarsi dai propri genitori che l’avevano accompagnati e piangevano disperatamente, ma anche i genitori non volevano distaccarsi dai propri figli.
Soltanto dopo gli anni ’60 – 70 l’alunno incomincia ad essere rispettato e considerato nel suo giusto ruolo di una persona fisica e civile; Gli anni passano e con essi passano i metodi d’insegnamento sia culturali che educativi. Oggi come materie d’insegnamento scolastico si studia la psicologia la sociologia e la pedagogia, che hanno rivoluzionato il modo di concepire la scuola e il metodo d’insegnamento sui giovani.
I giovani d’oggi hanno avuto la possibilità di seguire mezzi d’informazione di massa come la televisione, la biblioteca d’Istituto, internet e, principalmente, il sistema di “scuola attiva”, dove gli studenti partecipano attivamente con domande molto interessanti e pertinenti, con un dialogo costruttivo fra docenti e discendi. I risultati, purtroppo sono molto deludenti, i giovani d’oggi conoscono alla perfezione i loro diritti, sanno che c’è un telefono azzurro che li protegge contro la presunta o reale violenza dei genitori, hanno i i genitori che li proteggono dai docenti violenti e vanno anche oltre.
Oggi sono gli insegnanti che hanno paura della scuola e degli alunni, che spesso picchiano impunemente i loro docenti per un nonnulla. Oggi ci sono universitari non più giovani, che potrebbero essere nonni, e invece legalmente risultano studenti. Ci sono ancora figli quarantenni e oltre che, da bamboccioni, stanno in casa, aspettando il lavoro che non trovano, ma che non cercano. Essi sono un poco apatici, poco propensi agli studi teorici, ma se stimolati per il verso giusto si impegnano e rendono bene, quindi ci sarebbe da rivedere tutto il sistema scolastico rinunciando agli studi classici e ai vecchi sistemi educativi , accettando la loro violenza in classe e i bamboccioni in casa oppure ritornare ai vecchi metodi per farli rinsavire.
Fra questi due metodi estremi ci sarebbe una via di mezzo trattandoli molto civilmente, per come è giusto fare, ma, qualche scappellotto e qualche calcio nel sedere, quando ci vuole sarà sempre speso bene.