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“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori” Francesca Grifeo signora di Partanna al tempo del saraceno Dragut

del 2019-05-23

Immagine articolo: “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”  Francesca Grifeo signora di Partanna al tempo del saraceno Dragut

(ph. Grifeo.it)

Per lunghi secoli, la cultura maschilista ha considerato le donne incapaci di reggere regni, stati o feudi: basti pensare a Giovanna d’Arco, la pulzella d’Orleans, bruciata viva con l’infamante accusa di stregoneria. Ammesse alla successione, in mancanza di eredi maschi sul finire del XV secolo, le poche donne che hanno governato signorie, piccoli o grandi feudi, sono state quasi sempre ignorate dalla storiografia e spesso additate come causa di disordini e di conflittualità. A partire del XVI secolo il “potere si tingerà di rosa” con pochi, ma eccellenti esempi di donne che hanno cambiato il corso della storia come: Elisabetta I, Caterina di Russia e più recentemente la regina Vittoria il cui regno, passato alla storia come “Età Vittoriana”, fu caratterizzato da profondi mutamenti sociali, economici e culturali.   

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  • Il presente lavoro muove da un percorso e da una ricerca, personale e umana, scaturita dalla volontà di presentare la figura della baronessa Francesca Grifeo, donna del nostro passato, non paragonabile alle sovrane prima citate, ma certamente, come dice il Varvaro Bruno, “attiva e previdente come tali eroine siciliane nei suoi angusti domini feudali”, al fine di far meglio conoscere la storia di un’energica donna legata al territorio di Partanna. 

    Francesca Grifeo nasce nel 1509 dal barone Mario I Grifeo di Partanna e da Eleonora Vernagalli, nobile pisana, la cui famiglia, fin dagli inizi del XV secolo, si era trasferita in Sicilia dove aveva acquistato estesi latifondi incentivando la produzione di cannamele. Nel 1531 morta Eleonora Vernagalli, lascia i suoi beni alla figlia Francesca, essendo premorti gli altri due figli avuti dallo stesso matrimonio. Il Barone Mario I Grifeo, rimasto vedovo, sposa, in seconde nozze,  Giulia Alliata di Villafranca, dalla quale avrà altri tre figli: Eleonora, Apollonia e Benedetto, dei quali sopravvivrà Eleonora.

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  • Il 7 febbraio 1537, la Baronia di Partanna passa alla primogenita Francesca con le seguenti postille:

    a) La donazione non sia da pregiudizio ai figli maschi da lei nascituri.

    b) Non trasferisconsi dominio o possesso, che restano a lui, vivendo.

    c) Mai ella chieda legittima materna: tranne nel caso le nasca un figlio maschio, vi rinunci con le doti di Paraggio (quota dei beni che il primogenito, titolare esclusivo della successione del feudo, era obbligato a dare ai fratelli per compensarli della loro esclusione nella successione stessa), morendo lui donante.

    d) Rinunzi ai diritti sulla casa e giardino del padiglione di Palermo.

    e) Paghi ogni peso sulla ricevuta baronia, le doti del Paraggio ad Eleonora ed Apollonia (allora viva), in onze 1000 l’una se nubili, le mantenga se morrà lui prima d’esser esse sposate; premorendo esse, le doti restino a lei stessa.

    La cessione della Baronia in favore della figlia aveva per la giovane baronessa, un prezzo assai alto da pagare: “Se ella sposa senza consenso paterno o altri che non sia un Grifeo, la donazione è nulla per lei, valida per Eleonora”.     

    Questa decisione scatenò dissapori familiari e in particolare Goffredo, secondogenito di Baldassare Grifeo e fratello di Mario I, appellandosi alla legge salica, avocava per sé il diritto a succedere al fratello. La “querelle” si risolse grazie all’intervento dell' ottuagenario Baldassare Grifeo che, secondo quanto scrive G. Rodo (autore di un’agiografica genealogia della famiglia Grifeo), si adoperò affinché il suo secondogenito, Goffredo, sposasse la nipote Francesca non senza la dispensa papale. Così nel 1547 Francesca e Goffredo erano sposati e il 27 dicembre 1550 nasceva il primogenito Mario.

    Goffredo, nominato Capitan d’Armi in Mazara dal Vicerè De Vega, invece, era impegnato a fronteggiare le incursioni sulle coste siciliane del pirata Dragut, uno dei più temibili che nella metà del cinquecento con le sue scorribande terrorizzò, ma soprattutto impedì le comunicazioni, interruppe i commerci e apportò desolazione e terrore ai paesi rivieraschi del Mediterraneo. Questi, nell’estate del 1553,  si spinse ad attaccare la vicina città di Sciacca e successivamente raggiungere la foce del fiume Belìce per far rifornimento d’acqua.                                                         

    Il XVI secolo fu il periodo storico durante il quale maggiormente si sentì il terrore per gli attacchi dei pirati saraceni, i quali imperversavano particolarmente sulle coste siciliane, con improvvisi sbarchi e razzie di merci e di esseri umani da commerciare come schiavi nei porti del Mediterraneo o da rilasciare dietro pagamento di riscatto. Questo tipo di problema fu talmente grave da influenzare pesantemente la vita quotidiana della gente dell’epoca.                                                                             

    Fu così che a partire dal 1532, sotto l’impero di Carlo V, si diede inizio alla costruzione di una serie di torri costiere. Lo stesso vicerè De Vega, nel 1550, esortò il Senato di Palermo, a migliorare la gestione e i rapporti tra tutte le torri costiere e quelle poste sotto la giurisdizione delle locali “Universitas” (comuni) e le torri private o “appadronate”.   

    Nel 1555 Goffredo III Grifeo morì, lasciando la moglie Francesca Grifeo e i suoi tre figli:  Mario, Eleonora e Mariano. Rimasta vedova, la baronessa Francesca Grifeo , si dedicò completamente alla gestione della Baronia, la cui popolazione aumentava in modo esponenziale (3814 abitanti nel 1570 che diventeranno 4658 nel 1583).  Per la Terra di Partanna la baronessa, sospese e nominò gli Ufficiali per ben due volte in due anni, scegliendo molto spesso membri del suo stesso casato verso i quali esercitò una sorta di “nepotismo” (nessuno, uomo o donna, di giorno o di notte entri nella vigna di Achille Grifeo al Camarro); emanò una serie di bandi volti a regolamentare aspetti civili, economici e sociali e destinò all’erigenda Chiesa Madre onze 10 annue su case, giardino e vigna di Sant’Andrea.                                                                                                                                                                          Intanto, dissapori familiari per un'insoluta vicenda ereditaria con la sorellastra Eleonora si aggiunsero ai timori per i possibili attacchi della pirateria turca. Nel 1559 la sorellastra, assistita dal marito G. Bologna, ebbe assegnato dal giudice il feudo Galasi il cui peso del milite a cavallo restò, invece, a Francesca la quale, però, mantenne propria la Baronia. Nonostante la vigilanza delle torri costiere, che segnalavano l’avvicinamento delle navi turche con fuochi di notte e segnali di fumo di giorno, le scorrerie dei Turchi, continuavano tantè che il vicerè De Vega decise di istituire una Milizia Permanente formata da feudatari siciliani e spagnoli.

    La feudalità poteva essere dispensata di tale onere, ma doveva pagare onze 10,15 per ogni cavallo armato. Tale situazione di precarietà politica e sociale che si era venuta a creare spinse la Baronessa a far promulgare, a partire dal 1558, editti a tutela della fiorente economia locale sulla quale, tuttavia, esercitò un controllo pressante (obbligo di seminare terre della baronia, divieto di portare fuori prodotti del territorio come grano, vino, olio, formaggi, miele e cera, pelli conciate, ecc..).                               

    Intanto Mario II Grifeo, l’unico figlio sopravvissuto della baronessa, era andato in sposo ad Antonia Ventimiglia, figlia del barone di Ciminna, dal matrimonio nacque Goffredo IV che venne battezzato a Partanna il 30 ottobre del 1572. I Grifeo, nonostante fossero legati alla loro amata Partanna, seguirono la moda dell'epoca che vedeva la nobiltà  trasferirsi a Palermo, dove da tempo i Grifeo avevano una prestigiosa dimora, chiamata “palazzo Partanna” in piazza Marina, presso lo Steri storico palazzo della famiglia Chiaramonte.   

    Forse fu la vita di città, assaporata dai Grifeo a suggerire al barone Mario II, che coadiuvava la madre Francesca nella gestione della  Baronia, l’emanazione di un bando che nel febbraio del 1574 imponeva agli abitanti di Partanna di curare l’igiene e la pulizia sia dentro che fuori le proprie abitazioni. Ai trasgressori veniva comminata la multa di 1 onza da destinare al SS Sacramento (Confraternita che si riuniva nell’Oratorio della Gancia) e 1 onza per la costruzione del Monastero delle Benedettine del Rosario ubicato dove oggi e il prospetto della Chiesa di San Giuseppe.

    Fu per volere del giovane Mario II che si concretizzò l’idea di costruire un edificio più ampio da destinare al culto. Infatti, il 28 maggio del 1579, nel Castello di Partanna, alla presenza del giovane barone e di alcuni notabili partannesi fu stilato l’atto di fondazione della Chiesa Madre. Questa  mirabile attività economico - amministrativa attuata da Francesca Grifeo e da suo figlio Mario II, non servì a rendere immune la Baronia dai dissesti finanziari: nel 1586 i feudi di Diesi e Sparacia, il podere Buttafoco con mulino-giardino e fonte vennero venduti. Ad acquistarli furono i Sala, famiglia di mercanti di Girgenti di origine catalana, stabilitasi in Sicilia nel secolo XVI, i quali vantavano dei crediti da parte dei Grifeo.                                                                                                                                               

    Nel settembre del 1582 Francesca Grifeo cedette al figlio Mario II i suoi beni di Palermo e la Baronia di Partanna con i suoi sei feudi: Dorraxita, Fraxino, Binàsina, Litremuli, Bartulotta e Rampinzeri. Nella primavera del 1587 la baronessa Francesca Grifeo, quasi ottantenne, morì nella sua casa di Palermo e lì sepolta, nella Chiesa del Carmine di Ballarò che negli anni con il figlio Mario II aveva provveduto beneficiare e abbellire.  Ricordata dai posteri per “l’energia quasi virile” la baronessa Francesca Grifeo, seppe amministrare per più di quaranta anni la Baronia in un periodo storico segnato da carestie, pestilenze e soprattutto dell’angosciosa condizione esistenziale vissuta dalle popolazioni siciliane in balia della pirateria turca che spadroneggiava nel Mediterraneo.   

    Giacomo Rodo (op. cit.), nel valutare l’operato della Baronessa, la ritenne responsabile del tracollo finanziario della Baronia, noi,  d’accordo con lo storico partannese  Varvaro  Bruno, vogliamo essere più benevoli con l’energica baronessa e parafrasando con i versi dell’ Ariosto, affermiamo che fu veramente grande perché capace di “audaci imprese al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare”.       

    Pubblicato dall'ass.ne Partanna mpinta a mala banna

                                                                                                                                            

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