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Le bugie sul Risorgimento italiano tra leggende, storia e vendette

di: Vito Marino - del 2019-08-07

Immagine articolo: Le bugie sul Risorgimento italiano tra leggende, storia e vendette

Il processo di unificazione italiano, è avvolto da una serie di bugie che ancora oggi, sotto l’incalzare del revisionismo storico, gli organi ufficiali dello Stato non vogliono del tutto smentire. Una volta a scuola si insegnava che l’unità d’Italia è avvenuta per puro sentimento patriottico popolare ed in particolare per il valore di alcuni personaggi, come “il Re Soldato” (Vittorio Emanuele II), “l'Eroe” (Garibaldi), “il Pensatore Tormentato” (Mazzini), “l'Abile e Integerrimo Statista” (Cavour); essi, 'rispondendo al grido di dolore che si levava da ogni parte d'Italia si decidevano all'azione per liberare gli italiani dal giogo straniero e fare l'Italia Una, Libera e Bella”.

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  • Oggi esiste una ricca letteratura, come “Il bosco nel cuore” di Giordano Bruno Guerri, – “La Sicilia tradita” di Ignazio Coppola. “I Savoia e il massacro del Sud”, di Antonio Ciano e “Le altre verità” di Papandrea, e moltissimi altri, che smentisce queste bugie e illustra questo periodo, alla luce del revisionismo storico. “Un popolo”, afferma Papandrea “deve costruire il suo avvenire sulla verità storica e non nascondendo gli aspetti più ignobili e più nefasti, come è avvenuto nella storia italiana dell’Ottocento”. Papandrea sostiene, una tesi secondo la quale i principali avvenimenti militari che sconvolsero l’Europa ad iniziare dalla Rivoluzione Francese fino alla I Guerra Mondiale fossero diretti dalla Massoneria, che trae le sue origini dai Cavalieri Templari.

    L’ordine religioso militare dei Cavalieri Templari fu fondato nel 1118 con la nascita del Regno Cristiano di Gerusalemme. Ben presto divenne una potenza militare ma anche finanziaria e la prima banca internazionale di tutti i tempi, accumulando ingenti capitali. Filippo il Bello, re di Francia, al fine di appropriarsi delle loro immense ricchezze, con il beneplacito di papa Clemente V, il 12-10-1307 sotto l’accusa di eresia, idolatria e sodomia, li fece arrestare.

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  • Molti di loro furono bruciati vivi; gli altri si rifugiarono in Inghilterra e Scozia dove, sotto le vesti della Massoneria continuarono a progredire meditando vendetta nei riguardi della Casa Reale di Francia e del Pontefice Romano. Nel 1789 in Francia la Massoneria riesce a fare scoppiare la Rivoluzione Francese. Con la morte di Luigi XVI e della sua famiglia, per mano dei rivoltosi, finisce la dinastia reale discesa direttamente da Filippo il Bello; così si realizza la prima vendetta dei Templari, che subito si prepararono per la vendetta contro il papato mettendo fine al suo potere temporale.

    Siccome lo Stato della Chiesa era protetto dai Borboni, la Massoneria internazionale decise di porre fine al Regno delle Due Sicilie e di favorire la formazione di uno stato laico unificando tutta la penisola con un intervento militare, sotto la guida del Regno di Sardegna. Durante il Risorgimento il Regno delle Due Sicilie era una nazione progredita. Le ricche riserve auree ammontavano a 500 milioni di lire, aveva un’economia florida con flotta navale e industrie avanzate a livello mondiale. Queste ricchezze facevano gola alla Casa Savoia, che era fortemente indebitata verso i banchieri Rothschild inglesi. Gli autori citati affermano che anche la gloriosa impresa dei mille, per come viene considerata dalla storia ufficiale italiana, fu in realtà un sudicio e losco affare di corruzione, falsità, ricatti e delitti orditi dalla gran Madre della Loggia Massonica inglese.

    La stessa figura leggendaria di Garibaldi fu creata con una pubblicità internazionale, trasfigurandolo fisicamente col presentarlo biondo e bello. Con l’annessione del Regno delle Due Sicilie, il popolo del Sud, già provato, venne gravato di nuove tasse; con l’introduzione della leva obbligatoria della durata di sette anni, le famiglie povere vennero private delle braccia giovani, indispensabili per i lavori dei campi. Tutto ciò provocò una vera guerra civile che durò dieci anni.

    I rivoltosi furono chiamati dai Savoia Briganti, mentre il popolo insorto considerava i soldati regolari del Regno d’Italia come gli invasori Piemontesi. La reazione da parte del Regno d’Italia contro i Briganti e le popolazioni del Meridione fu feroce, spietata, disumana. La reazione era incominciata quando ancora Garibaldi stava occupando la Sicilia. A Bronte, nell'agosto del 1860, a seguito ad una insurrezione popolare, durante la quale caddero vittime 16 persone, le truppe garibaldine, comandate da Nino Bixio, furono chiamate a ristabilire l'autorità del governo dittatoriale di Garibaldi, compiendo degli arresti tra la popolazione civile, ai quali seguì un processo sommario e la conseguente fucilazione di 5 brontesi.

    Gli intenti di Garibaldi non erano solo volti al mantenimento dell'ordine pubblico, ma, principalmente a proteggere gli interessi commerciali e terrieri dell'Inghilterra (le campagne di Bronte apparteneva agli eredi di Nelson), che aveva favorito lo sbarco dei Mille. Ma la disumana repressione in tutto il Meridione incominciò nell'agosto del 1861, quando venne inviato a Napoli il crudele generale Enrico Cialdini.

    Con la legge Pica del 1863, che prevedeva il reato di “manutengolismo” (il fiancheggiamento), del domicilio coatto e la taglia sui ricercati, si fucilò, a torto o a ragione, anche per un vago sospetto, non solo i presunti briganti, ma anche i loro parenti e congiunti senza distinzione fra uomini, donne, vecchi e persino bambini. Il 14 agosto 1861 Pontelandolfo e Casalduni si erano ribellati, il Cialdini ordinò subito una tremenda rappresaglia: i due paesi furono bruciati, tutti gli abitanti trucidati e le donne violentate prima di essere uccise. Nelle file dei ribelli numerose erano le donne; per tale motivo la stampa ufficiale le considerava come “Brigantesse” e donne di malaffare. Per come già aveva fatto Giordano Bruno Guerri nel suo libro “Il bosco nel cuore”, anche il Papandrea le rivaluta.

    A loro viene riconosciuta quella dignità di donne mogli, madri, che, condividendo il destino dei loro uomini non hanno esitato ad imbracciare il fucile e combattere contro gli usurpatori. Nel 1866 Palermo insorge contro i nuovi padroni piemontesi. Per reprimere la rivolta la città fu bombardata e devastata dalle truppe di Raffaele Cadorna. In un solo giorno si ebbero 2000 morti e 3.600 prigionieri. “Non dimentichiamo i lager piemontesi”, scrive il Papandrea, “come la fortezza di Fenestrelle, dove migliaia di soldati borbonici vennero rinchiusi e fatti morire di fame, di freddo, di sporcizia, di maltrattamenti e di malattie volutamente non curate e i loro cadaveri sciolti nella calce viva”.

    Secondo la stampa estera, nel solo periodo intercorrente fra il gennaio e l'ottobre 1861 nel Regno delle Due Sicilie si contavano 9860 fucilati, 10.604 feriti, 918 case bruciate, 6 paesi incendiati, 12 chiese depredate, 40 donne e 60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1428 Comuni insorti in armi. 'Non si perda tempo a far prigionieri', aveva scritto il Cavour al suo Re; difatti, li fucilavano per rappresaglia, come avvenne per i lancieri di Montebello, che uccisero sessantuno meridionali, per vendicare la morte di un loro Capitano! Nel volume: "Le stragi e gli eccidi dei Savoia”, Antonio Ciano così scrive: "Intere popolazioni meridionali vennero sottoposte a una spietata repressione militare, di cui si è persa ogni traccia, perché la documentazione relativa è stata scientificamente distrutta. Che provocò, secondo calcoli attendibili, almeno centomila morti, per come ha scritto Giordano Bruno Guerri. Per altri le cifre sono state maggiori; Lorenzo Del Boca parla addirittura di sterminio di massa".

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