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Ricordando la "Cammara" tra “rinalere”, “muarra” e non solo

di: Vito Marino - del 2019-12-02

Immagine articolo: Ricordando la "Cammara" tra “rinalere”, “muarra” e non solo

Nell’immediato dopoguerra e fino agli anni ’50, nei paesetti agricoli le famiglie più povere abitavano in una sola stanza tuttofare dove coabitavano sei o sette persone più le galline e a volte il maialetto, mentre in un angolo c’era la mangiatoia con il mulo.

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  • Fra i mobili della cammara oltre al letto matrimoniale c’erano le “rinalere” (i comodini) dette così perché nel ripiano chiuso da uno sportello si sistemava “lu rinali” (il vaso da notte), inoltre c’era la pettiniera, “la muarra” (da francese “l’armoire”) e la “vacilera” per lavarsi, che poteva essere di legno con la lastra di marmo con uno o due buchi per poggiarvi “lu vacili” (la bacinella) e sotto il posto per la “cannata” (contenitore per l’acqua) e un secchio per l’acqua sporca, da riciclare per il “cesso”. 

    “La vacilera” di ferro battuto aveva la stessa funzione; in un braccio rialzato c’era il posto per appoggiare l’asciugamano. “Lu cascebancu” (la cassapanca) a volte era posta nell’ingresso ma in mancanza di tale spazio si sistemava nella cammara.

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  • Questa cassa, a volte in legno pregiato riccamente scolpito o dipinto, conteneva tutta la biancheria portata dalla sposa come dote del matrimonio, i gioielli e l’abito bianco matrimoniale indossato dalla sposa il giorno del matrimonio.  Della Cammara il mobile più importante era il letto. Il letto dei vecchi tempi, fatto di ferro pieno e lamiera era più alto di quello odierno, forse per isolarlo dal pavimento freddo.

    Lo spazio sotto il letto si usava per ripostiglio.  Per sostenere i materassi si usavano “li tavuli di lettu”, fatti di un legno leggero, ma molto resistente, posti sopra “li tranti” (i tiranti ancorati alle due spalliere). In tempi più recenti, ma prima che arrivassero le reti, si usarono “li trispa e li tavuli” (cavalletti di ferro o di legno e le tavole). 

    I materassi abitualmente erano due: uno, ripieno di lana e l’altro, ripieno di “pagghia longa” (paglia di orzo) o di “curina” (crine, palma nana cardata). In inverno, per dare più calore, quello di lana si metteva sopra dell’altro. D'estate i due materassi si svuotavano: la lana si lavava, s’asciugava al sole e si allargava con le mani per renderla più soffice, la paglia, ormai triturata, si buttava e si sostituiva con quella dell’annata.   

    Nelle famiglie dei nobili si usavano più di due materassi. Durante l’inverno non mancava la “cuttunina” (trapunta di cotone), di colore rosso da una parte e giallo dall’altra parte, era un poco pesante, ma tratteneva caldo il letto.   

    Forse per stimolare le donne poco volenterose, si diceva che il letto “si cunzava” (si sistemava) di mattina appena alzati, viceversa vi si sarebbe coricato il diavolo.

    Per superstizione (nel passato ogni nostra azione era diretta dalla superstizione), il letto non si metteva mai al centro della stanza e nemmeno con la parte dei piedi rivolta verso la porta, poiché questa è la posizione con cui si sistemano i morti nella camera ardente. Per lo stesso motivo non si doveva dormire su un tavolo di legno, neanche in caso di bisogno.

    Nella cammara la donna eseguiva tanti lavori come rammendare, ricamare, filare, lavorare la lana.

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