Nel ricordo dello stabilimento enologico "Fratelli Saporito Ricca" tra vini, feudi e imprenditoria
di: Vito Marino - del 2020-06-05
Intanto c’è da dire che la famiglia Saporito affonda le sue radici nel 1700, in una società feudale arcaica, che tuttavia permise loro, nel corso degli anni, di possedere i due terzi dei terreni agricoli di Castelvetrano, più molte altre proprietà in altri comuni del circondario e finanche otto feudi nel Comune di Bivona in provincia di Agrigento.
Inoltre, per mezzo secolo governarono il Comune di Castelvetrano ed ebbero forte influenza politica anche alla Provincia di Trapani e alla Camera dei deputati. L’on. Vincenzo Saporito Ricca, eletto nel collegio di Castelvetrano fu deputato per 32 anni, con la carica di sottosegretario di Stato. Altri due fratelli: Giuseppe e Antonino furono sindaci della loro città.
La ditta “Fratelli Saporito Ricca” di Castelvetrano possedeva una vasta proprietà terriera, in contrada San Nicola; territorio che fino al 1955 apparteneva al Comune di Castelvetrano. Questa proprietà si estendeva sino alla riva del mare, per una lunghezza totale di circa sette chilometri.
Su questo terreno essi avevano impiantato un vigneto di 2.500.000 piante e al centro avevano costruito un castello e un importante stabilimento enologico. Le uve prodotte erano della medesima qualità di quelle con cui si è solito fare il vino Marsala e, vista la grande produzione non avevano bisogno di ulteriori acquisti di materia prima, garantendo alla loro clientela dei tipi costanti di vini.
Lo stabilimento enologico era allacciato alla stazione ferroviaria di San Nicola ed occupava un’area di 40.000 mq. coperta da immensi fabbricati in forma di quadrilatero. Esso venne costruito tutto in una volta, secondo le regole della moderna enologia.
I magazzini erano dodici, lunghi in media ottanta metri e larghi venticinque, contenenti ciascuno, in tutta la sua lunghezza, quattro file di grossi fusti di varia capacità, ma di 40 ettolitri ciascuno in media, mentre altri enormi tini, capaci di tre a 400 ettolitri ciascuno servivano per le miscele.
Inoltre, esistevano i “Magazzini dei mosti”, i “Magazzini dei vini grezzi”, i “Magazzini di concia” o di “allevamento” ove si lasciavano invecchiare i vini e che servivano a preparare i tipi diversi di Marsala, moscato e vini da pasto; infine i magazzini di deposito in cui vengono messi in riserva i vini pronti per la vendita.
Per la chiarificazione e disacidificazione dei vini esisteva un grandioso impianto frigorifero; per la pastorizzazione: enotermi Neukow e Houdart a vapore. La lavorazione delle uve veniva eseguita con torchi ad azione continua e con pigiatrici.
Dentro lo stabilimento, data la sua importanza, fu anche impiantato un ufficio postale governativo.
Si calcola che la produzione annuale dello stabilimento enologico dei Fratelli Saporito Ricca si aggirava a 25.000 ettolitri di vino Marsala, molto richiesto in quegli anni, oltre i vini moscati e quelli da pasto bianchi e rossi “San Nicola”.
Il castello merlato, che esisteva a toccare lo stabilimento fu un capolavoro di architettura in stile medievale, costruito sui piani e disegni del celebre ingegnere comm. Giuseppe Patricolo, di Palermo, direttore generale degli scavi antichi in Sicilia, e tale castello fu riprodotto in tutte le etichette da bottiglia per i vari vini della casa.
Ma, i Saporito Ricca non erano soltanto dei viticultori e vinicoltori, essi possedevano altri stabilimenti industriali, tra cui una importante fabbrica di olio al solfuro di carbonio, un mulino a cilindri ed un pastificio a vapore e a gas.
Salvatore Costanza, uno storico di Trapani, parlando dello stabilimento enologico dei Saporito, così scrive: <<la "casa"="" saporito,="" costituitasi="" in="" quegli="" anni,="" aveva="" sfruttato="" le="" molteplici="" occasioni="" create="" dal="" mercato="" della="" terra="" e="" traffico="" più="" celere,="" tramite="" la="" ferrovia,="" dei="" prodotti="" campagna="" per="" attivare="" a="" castelvetrano="" iniziative="" di="" compenetrazione="" agricolo="" industriale.="" vi="" era="" tale="" attivismo="" una="" spinta="" capitalistica="" d'impresa="" che,="" sia="" pure="" limita¬ta="" al="" settore="" alimentare,="" utilizzava="" i="" nuovi="" mezzi="" produzione,="" come="" caldaie="" vapore="" dinamo="" elettrica="" del="" sistema="" schukert.="" nel="" 1880,="" saporito="" avevano="" costruito="" uno="" stabilimento="" enologico="" produ¬zione="" vini="" da="" pasto,="" che="" esportavano="" nei="" mercati="" italiani="" ed="" esteri="">>.
A quanto mi riferisce la baronessa Ada Saporito, nipote di Vincenzo Saporito, onorevole alla camera dei deputati, lo stabilimento e il castello vennero espropriati dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale per adibirli ad uso uffici e dormitorio di ufficiali, e come deposito importantissimo di munizioni.
Quando dopo il 10 luglio del 1943 avvenne lo sbarco in Sicilia degli alleati, i tedeschi, dovendo fuggire, fecero saltare tutto. Non potendo prevedere l’esito catastrofico della terribile esplosione, prima fecero sgombrare le periferie di Campobello e di Mazara.
La stessa signora Saporito che allora era ragazzina e si trovava in località Salemi, “sfollata” per motivi bellici, asserisce di aver sentito la deflagrazione. Di tutti gli edifici esistenti nel luogo dell’esplosione non è rimasta nessuna traccia.