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"Le locomotive a vapore e il personale di macchina di una ferrovia che fu". Il ricordo di Vito Marino

di: Vito Marino - del 2020-08-05

Immagine articolo: "Le locomotive a vapore e il personale di macchina di una ferrovia che fu". Il ricordo di Vito Marino

Dalla stazione di Castelvetrano avevano inizio le linee a scartamento ridotto: Castelvetrano – Palermo Sant’Erasmo e Castelvetrano – Agrigento.

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  • Su queste linee operava come mezzo di trazione "La paparedda", così era chiamata la locomotiva a vapore della linea secondaria a scartamento ridotto: era la 302 e la 301 senza tender; il carbone di scorta era posto nella parte posteriore, mentre l'acqua si trovava nei due serbatoi laterali della stessa locomotiva.

    La sua velocità, considerata elevata ai tempi dell’asinello e del carro agricolo, era diventata ridicola con il successivo progresso nei trasporti. Arrivando da Selinunte, a causa della ripida salita incontrata nelle vicinanze di Castelvetrano, il Macchinista annunciava alla stazione il suo arrivo con dei lunghi fischi, per paura di trovare il semaforo d'ingresso chiuso.

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  • Infatti, in caso di fermata in quel punto, difficilmente il treno riusciva a ripartire, poiché le ruote motrici della locomotiva non facevano presa, nonostante la sabbia fatta cadere fra ruota e rotaia (tutte le locomotive a vapore erano dotate di un serbatoio contenente sabbia, da usarsi nelle salite ripide o in caso di ghiaccio sulle rotaie); pertanto, in caso di difficoltà a ripartire, il Deposito doveva inviare una locomotiva di soccorso.

    In seguito, dette locomotive sono state dotate di un serbatoio suppletivo contenente nafta pesante (nafta arricchita con oli combustibili). L'accensione e la formazione della pressione del vapore avveniva sempre con il carbon fossile; quindi, nella stessa fornace, s’insufflava detta nafta, tramite la pressione stessa del vapore già acquisita.

    Le nuove locomotive, classificate RD 142 e numerate 2001e 2002 vennero consegnate alla fine del 1981, ma solo all'inizio del 1983, dopo le varie prove e l'abilitazione del personale, iniziarono il servizio regolare al traino dei sempre più rari treni merci, venendo in generale apprezzate dal personale.

    Anche sulla linea a scartamento normale il mezzo di trazione era a vapore; allora c'era la 625 detta: "la signorina", adibita per i treni viaggiatori e la 740 e 741 per i treni merci; inoltre c’erano la 165, la 167 e la 168.

    Per i treni viaggiatori, sia per la linea normale che per quella ridotta, circolava anche l’automotrice a nafta “la littorina”.

    Le gloriose locomotive a vapore, che tanta civiltà hanno apportato nei piccoli paesi sperduti dell'entroterra siciliano, sono state tutte demolite, nessuno si è interessato di lasciarne almeno una, come monumento nella città o nella stessa stazione ferroviaria, come simbolo di un glorioso lontano passato.

    Il ferroviere, fino alla II Guerra Mondiale, era il meglio retribuito fra tutti gli impiegati statali; dopo gli anni ’40 anche lui ha seguito lo sfacelo della Nazione, patendo anche la fame.

    Con particolare considerazione era tenuto il macchinista, per la sua professionalità ed il duro lavoro.

    Infatti, prima di salire su una locomotiva, egli doveva avere la qualifica ed esercitare la professione d’operaio all'Officina Riparazioni; questa professionalità gli permetteva di eseguire le riparazioni anche in linea per guasti imprevisti.

    Egli per tamponare perdite di vapore e di pressione all’aria compressa, si arrangiava come poteva: con pochi attrezzi in dotazione e con mezzi di fortuna come fili di ferro, stracci, stoppa, gomma di camera d'aria.

    Da vecchi macchinisti ho sentito raccontare certi eventi sul loro servizio durante la guerra: fra l’altro capitava loro di dover lavorare, salvo brevi intervalli, anche per più giorni di seguito, affrontando bombardamenti, spostandosi per esigenze di servizio per tutta la Sicilia e consumando i pasti a bordo, accontentandosi di una bistecca cotta sulla piastra rovente della caldaia.

    Il macchinista viveva quasi in simbiosi con la sua locomotiva, nel senso che gliene era affidata una, e svolgeva il suo lavoro solo con quella.

    Quando aveva il turno di riposo, egli si recava alla Rimessa del Deposito Locomotive e se la controllava, per vedere se le riparazioni da lui proposte nel  registro di bordo erano state effettuate e per lucidarsela a festa; in poche parole ne era orgoglioso.

    Quest'ultima azione mi fa ricordare il carrettiere siciliano, che nei momenti di sosta pensava subito a pulire carro e cavallo.

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