La Processione del venerdì Santo a CVetrano tra storia, fede e ritualità
di: Vito Marino - del 2021-03-30
Sessant’anni fa la processione del Venerdì Santo usciva dalla Chiesa dell’Addolorata, nella centralissima Piazza Alfieri a Castelvetrano, alle 15 con il Cristo morto dentro la bara, scortato da quattro Carabinieri in alta uniforme.
Apriva la processione un tamburinaio, che ogni minuto dava un colpo di bacchetta sul tamburo, ornato di nastri neri, seguito da seguaci della confraternita con saio bianco, cappuccio e visiera, dove si vedevano solo gli occhi, persone assolutamente ignote alla folla, che portavano tre croci: di cui, quella del centro era più grande, con due aste incrociate,in una c’era la lancia che aveva colpito il costato del Cristo e nell’ altra una spugna con la quale i soldati, nella tradizione, davano da bere fiele ed aceto a Gesù in croce.
Seguiva uno stuolo di ragazze dai dieci ai quattordici anni vestite tutte di nero con collane e bracciali neri e capelli arricciati. Per l’occasione le dette “ Marie”, cantavano una nenia:” l’acqua e lu pani vulemu Signù, pietà e misericordia Signù”. Portavano in mano i misteri della passione in legno, i dadi, i tre chiodi, i fasci con scure dei littori, le insegne della legione romana, le aquile, la tenaglia il martello, le scale il gallo, le corde, il sudario con il volto di Cristo in stoffa, il lenzuolo, la tunica rossa, e ancora la bandiera color porpora con la scritta “ S.p.R.". In argento invece si poteva vedere la patena, l’ostensorio, la pisside, il turibolo, il calice, il vaso con l’unguento e altri oggetti.
Verso le 21,30 la processione si ritirava lasciando prima il Cristo dentro la Chiesa Madre, mentre la Madonna con a seguito i fedeli, ritornava nella sua chiesetta (di l’Addulurata) dove trovava una fascia nera di lutto attaccata alla stessa porta. Li padre Messana faceva la predica commovente, con voce chiara e forte senza altoparlanti che a quell’epoca non esistevano e faceva commuovere le persone che assiepavano la piazza. L
a Madonna veniva portata a spalla all’interno della Chiesa addobbata tutta di nero, la si collocava su un tavolino per dare la possibilità ai fedeli di baciarle i piedi e strofinare i fazzoletti anche nelle mani. Si pensava che questi fazzoletti una volta portati a casa, venivano messi al collo delle perone malate che stavano per morire e servivano per dare un trapasso felice ai propri cari. Molte persone addirittura stavano tutta la notte in Chiesa recitando preghiere, mentre lo stesso Padre Messana leggeva brani del Vangelo e si cantava la “Stabat mater in siciliano": stava la matri dulurusa, sutta la cruci lacrimusa, dunni c’era so figgihiu).
Verso la mezza notte un fratello faceva entrare dentro la sacrestia ad uno ad uno i fedeli e dava loro del pane con le uova sode, carciofi bolliti ed intenti nell’aceto e nell’olio e del vino. All’alba del sabato mattina si toglieva l’addobbo della Chesa, la Madonna veniva portata sopra l’altare, che veniva ornato di fiori e candele e veniva collocato sopra un piccolo Cristo Risorto davanti la statua della Madonna.
Ricordo che allora la Resurrezione veniva celebrata a mezzogiorno e le persone che erano in Chiesa o in strada s’inginocchiavano e baciavano il terreno o con la bocca o con le dita della mano e dicevano: ”Signuri vi ringraziu chi mi aviti datu un autru annu di vita” e gli uomini si toglievano il cappello o la coppola per tutto il periodo che suonavano le campane a festa. Ora questo non c’è più perché la resurrezione avviene a mezza notte, orario in cui la maggior parte delle persone dormono.
Foto Ino Mangiaracina