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Parco Trinità-Marcita, un' oasi naturale nel deserto da preservare

del 2022-01-13

Immagine articolo: Parco Trinità-Marcita, un' oasi naturale nel deserto da preservare

La Terra è vittima dei continui stravolgimenti climatici, lasciandosi persuadere dall'era tecnologica come unico mezzo di sopravvivenza. I recenti e infruttuosi convegni internazionali sul clima hanno evidenziato ancora una volta l'incessante mediocrità dell'apparato burocratico volto alla destabilizzazione dell'ecosistema.

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  • Fortunatamente, gli ultimi dati censiti sulla forestazione nel territorio italiano, hanno prodotto delle statistiche abbastanza rassicuranti ma non soddisfacenti. L'Italia ha una copertura boschiva pari a circa 11 milioni di ettari, con aumento decennale di circa 578 mila ettari che assorbiranno quasi 300 milioni di tonnellate di anidride  carbonica.

    Di questi 11 milioni, 45,76 ha. è composta dal parco Trinità- Marcita distribuiti su un'altitudine media di circa 150 metri s.l.m. e sita al  foglio 45 particelle ( 17-21-67-85-87).

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  • I primi interventi di rimboschimento furono eseguiti, a mezzo appalto, negli anni Sessanta con lo scopo di proteggere l'invaso artificiale del lago Trinità di Delia (menzionato in un articolo precedente) dai fenomeni erosivi.

    Tra le essenze forestali inizialmente utilizzate, la maggior parte erano costituite dalle conifere: la P. halepensis (Pino d'Aleppo), la P. pinea (Pino Domestico), il P. canariensis (Palma delle Canarie) ed il Cupressus sempervirens (Cipresso Mediterraneo) e due varietà di Eucalipto. Quello sempreverde (Globulus) e quello rosso (Camaldulensis).

    Nonostante un impegno abbastanza consistente, pervase la mancanza di un'adeguata analisi delle condizioni pedoclimatiche e la presenza di numerose aree a scheletro prevalente. Questi particolari causarono un mancato attecchimento delle latifoglie, raggiungendo dimensioni notevoli solo in contesti dove il suolo era profondo. Infatti, buona parte di esso è costituito da formazioni argillose e calcarenitico-sabbiose.

    Quest'ultimo è localizzato solo nella parte meridionale del bosco Marcita, mentre su una piccola porzione del bosco Trinità troviamo depositi alluvionali. Bisogna soffermarsi attentamente sugli aspetti del suolo, provando a carpire le differenze all'interno del bosco.

    Se c'immergiamo, possiamo notare la presenza di piante malformate, filanti e con chiome ridotte e diametri a petto d'uomo non superiori ai 30 cm. Questo è dovuto allo spessore del  suolo compreso tra i 15 e i 25 cm. A sua volta, la mancanza di cure post- impianto,  ha provocato e provoca una situazione di sofferenza nelle conifere.

    Grazie all'intervento degli enti forestali, si sono susseguiti dei lavori di  selvicoltura (specie nell'area Trinità) rispetto al sito Marcita, volti a sostituire il soprassuolo ad eucalitti, con un soprassuolo più consono alle caratteristiche stazionali e pedoclimatiche. Il risultato è stato soddisfacente nei fini paesaggistici e ricreativi.

    Gli studi interessanti del professore Gandolfo sono stati esaltanti, scoprendo le modifiche naturali della zona grazie a forti fenomeni di rinnovazione spontanea di Leccio.

    Da dove provengono le ghiande da cui si originano le giovani piante? Dalla vicina area al suddetto bosco di Trinità – Marcita, dove negli anni Ottanta operò l'azienda Agro-venatoria Trinità con l'eliminazione dei vigneti, lasciando solamente circa 15 ettari di oliveto e vennero piantati 170 ha di bosco. Da quest'intervento, nacque un'area chiamata “Poligono di Disseminazione”.

    Al suo interno sono presenti 13 piante portaseme di Leccio e le ghiande sono state trasportate nel bosco da un uccello presente in quella zona. Il suo nome scientifico è il Garrulus glandarius albipectus (Ghiandaia). Questo uccello permette la rinaturalizzazione grazie alla disseminazione del seme delle querce presenti nel bosco e nelle piante sessualmente mature.

    L'insediamento boschivo di Trinità-Marcita ha dimostrato l'importanza rivestita nell'intera comunità e nonostante il complesso sia artificiale, nel tempo è riuscito a ritagliarsi una forma naturale. Ciò è dovuto alla sua integrità, in grado di costruirsi una corazza di auto-riparazione paragonabile a quella degli habitat naturali. Ha raggiunto una sua stabilità, assorbendo le piccole perturbazioni ( resistenza) e dalla capacità di recuperare dopo un evento perturbativo ( resilienza).

    Aggiungiamo ad essi, l'attività agricola centenaria che ha investito fortemente il suo territorio con le attività di irrigazione, concimazione e colture alterando il suolo presente. Quest'intensa manifestazione, unita alla gestione inadeguata del patrimonio forestale ed a una "cultura del bosco" mancante, hanno portato alla modifica dell'intero sistema naturale.

    La porzione di bosco oggi visibile ai castelvetranesi rappresenta una vera "oasi nel deserto "che dobbiamo assolutamente preservare per la nostra comunità. Il parco Trinità con i suoi 30,81 ettari si è rinnovato nel tempo, avvicinandosi alle esigenze dei visitatori.

    Troviamo dei barbecue con possibilità di coinvolgere le famiglie nei picnic. Vanno aggiunti i bagni, le fontanelle, i cestini (spesso non utilizzati!!!), il rifugio forestale e una piccola struttura ginnica. Da menzionare la zona Belvedere con un paesaggio mozzafiato, dal quale è possibile ammirare la zona Montagna, le Forche, la città di Salemi, l'intero invaso di Delia e in lontananza, nelle giornate soleggiate, Montagna  Grande.

    Da non perdere una visita alla “ Tana del Lupo” e “la Strada Dorata", dove la vegetazione assume una colorazione marrone scuro nel periodo primaverile e il luogo sembra immerso in un' aurea magica.

    Nell'area di Marcita, nel tempo, alcuni alberi di Roverella hanno abbellito una zona ancora sconosciuta. Oltre alla bellezza ambientale, il territorio ha assunto un'espressione archeologica.

    Dagli scavi effettuati dall'archeologo Tusa, sono stati rinvenuti alcuni componimenti interessanti. È considerato fra i più importanti del panorama protostorico siciliano. Il sito esplorato negli anni '90, è da collocare nel periodo che intercorre fra l'antica e la media età del bronzo. Conserva tracce di un villaggio e una necropoli con numerose tombe scavate nella roccia di 3 tipologie: “ rettangolari a fossa”, a Grotticella all'interno delle quali è stato trovato un prezioso pettine di avorio e numerosi “ bicchieri campaneiformi” e 13 tombe circolari, uniche in Sicilia.

    La zona presenta tracce della cultura definita del “Bicchiere Campaneiforme”( approfonditi durante l'articolo sugli scavi di Mingazzini), che dalla Sardegna si diffuse soprattutto nella Sicilia occidentale. Dall'entrata principale è possibile la lettura di una tabella (messa in piedi dal sottoscritto), affinché ci siano le condizioni e indicazioni per raggiungere la suddetta area archeologica.

    Siamo di fronte ad uno dei passaggi storici più difficili dell'era umana, dovendo affrontare parecchi problemi quotidiani e l'ambiente, rappresenta uno dei maggiori casi a cui dover fare fronte immediatamente.

    Ogni piccolo disagio apportato può compromettere l'esistenza di questo gioiello naturalistico, rischiando di far saltare un sistema quasi perfetto e la spazzatura presente all'entrata testimonia un andazzo degradante. Impariamo a coltivare una convivenza con la fauna e flora del territorio, per rimediare agli errori commessi dai potenti.

    Grazie all'intenso lavoro fotografico dello storico Vincenzo Napoli, ogni luogo diventa pubblico e accessibile a tutti.

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