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Nel ricordo di “Lu scuparu”, storica figura tra aneddoti e racconti

del 2022-08-08

Immagine articolo: Nel ricordo di “Lu scuparu”, storica figura tra aneddoti e racconti

Al transitare per le polverose strade del paese, nella tarda mattinata di un dì, dello scuparu, che conduceva un nobile e macilento asino, asservito al traino di una sgangherata carretta, ove venivano caricate ed esposte: scope, alcune cardate, scupazzi e scupina, piragne, corde di curina per stendere il bucato e curdiceddi, lavorate ed intrecciate con le foglie di palma di San Pietro o palma nana - in siciliano giummara -, si sentiva vociare “accattativi li scupi” e, talvolta, la sua voce veniva seguita dal raglio dell’asino.

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  • Una donna dal viso scavato, tenendo in braccio un bambino in fasce - nutricu - con il capo protetto da una cuffietta di cotone - lu cuppuluneddu -, abilmente lavorata a maglie dalla nonna, vestita in nero lungo, con i capelli raccolti a murriuni, avvolti in un fazzulittuni, anch’esso nero e cu lu falari - grembiule - annodato alla vita, affacciandosi sul balataru, ossia l’uscio di casa, faceva segno con il braccio alzato ed a gran voce invitava lu scuparu ad avvicinarsi con il classico lessico: “assaveni ccà”.

    Le abitazioni di allora erano costruite in un lotto di terreno, spesso preso a censo e recintato soventemente da fili di agave o da un muretto a secco, realizzato con le pietre del posto e, raramente, con conci di tufo. Erano caratterizzate dall’immancabile pozzo di forma circolare, scavato nel tufo, fino a captare una falda freatica. Ai lati del pozzo veniva collocata la pila per il bucato e lu pilacciuni per abbeverare gli animali, ricavati dai banchi di calcarenite del Santo Monte o di Rocca del Gallo, che formavano un trittico scultoreo di notevole bellezza rustica.

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  • Al richiamo della donna, l’uomo le andava incontro, mostrandole la sua mercanzia. Ovviamente all’epoca ogni attrezzo aveva una funzione precisa:

        - lu scupazzu veniva utilizzato per pulire lu solu del forno, ove veniva cotto il pane;
        - la scopa normale serviva per spazzare l’aia, i cortili, gli androni e i locali più rustici dell’abitazione;            quella cardata veniva impiegata nei pavimenti in ceramica;
        - lu scuparinu o scupinu trovava collocazione in cucina, vicino al focolaio.

    La massaia faceva la scelta di quanto necessitava e si passava al mercanteggiare, contrattare e discutere sul prezzo dei prodotti.

    Delle 3 lire, che chiedeva l’uomo, veniva offerta dalla donna 1 lira e 40 centesimi. Il gesto della proposta di pagamento era accompagnato dalla classica esclamazione “Cari sunnu!”; lu scuparu, allora, rimbrottava: “Ma ci pari chi li ivu a arrubbari?”.

    Alla fine rompevano la differenza del prezzo e, con la controfferta di 2 lire e 30, si raggiungeva l’accordo.

    Lu scuparu riprendeva la via, mormorando: “Mi chi fimmina tinta!”

    Il Presidente dell'Archeoclub Campobello Cave di Cusa
    Antonino Gulotta

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