"Finiu comu la festa di Vita e lu palluni di Salemi”. Storia di un detto antico usato ancora oggi
di: Dott.Francesco Marino - del 2016-05-03
Salemi, piazza Libertà. Nelle foto, scattate il 13 giugno del 1911, sono riprodotte la preparazione del lancio del “pallone di Salemi” e alcuni salemitani sul tetto della chiesa di Sant’Antonio che provavano a recuperare l’unica passeggera dopo il fallimento dell’impresa.
Ogni volta che a Salemi e Vita si è a cospetto di un insuccesso, di un obiettivo fallito, di un esito deludente per le aspettative, generalmente e con senso di ironia, si pronuncia la frase “finiu comu la festa di Vita e lu palluni di Salemi “.
Ma come finirono la festa di Vita e il lancio del pallone di Salemi che diedero origine alla massima?
Da molti anni, nel comune di Vita si celebra la “Festa della Madonna di Tagliavia. Le origini della festa sarebbero da ricercare nelle abitudini dei vitesi che, nei primi anni del secolo passato, portavano il bestiame, per farlo benedire, al santuario di Tagliavia (Corleone): luogo religioso dedicato alla Madonna del Rosario.
Da quel pellegrinaggio tornavano carichi di immagini sacre della Madonna che poi collocavano in piccole nicchie costruite a Vita.
A seguito di un miracolo ricevuto dal vitese Giuseppe Perricone, egli costruì un cappella. Il fabbricato fu poi ampliato, fino a divenire l'attuale chiesa della Madonna di Tagliavia. Ebbero, cosi, inizio a Vita i locali festeggiamenti dedicati alla Vergine e cessarono i pellegrinaggi a Corleone.
I racconti sul fallimento della festa di Vita sono molteplici ma solo alcuni appaiono attendibili. Nel libro di Enrico Deaglio, “Raccolto Rosso”, si legge che nel 1910, sia la festa di Vita sia il volo del Pallone di Salemi furono pianificati per il medesimo giorno. I vitesi scelsero in massa di trasferirsi a Salemi per seguire il curioso evento e la loro festa falli per l’assenza di adesioni.
Esiste una versione popolare sui fatti, che parrebbe più realista. Si dice che si ruppero alcune delle sei funi, fissate tra il campanile della Chiesa e i balconi delle case vicine le quali dovevano sostenere bambini, abbigliati come angeli, che attaccati alle corde attraverso carrucole, sarebbero stati calati nel vuoto: “la calata di l’angileddi”.
La seduzione di quella festa pare non sia finita in tragedia solo per il dinamico intervento di alcuni spettatori che afferrarono i bambini a volo. Sembra, seguirono sonori fischi, lancio di oggetti e insulti agli organizzatori che sarebbero stati cosi costretti a sospendere i festeggiamento della Madonna di Tagliavia. Il 13 giugno del 1911, il sindaco protempore di Salemi, Baldassare Lo Presti, chiamò in paese una compagnia di girovaghi che dovevano far volare un pallone aerostatico.
Ad esso era stato agganciato un rudimentale cesto di vimini sul quale poi vi si sarebbe sistemata una donna. Con l’evento, l’amministrazione comunale voleva solennizzare sia i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio sia la sua recente elezione.
La piazza prescelta per l’impresa fu “lu chianu di san Franciscu” ossia l’attuale piazza Libertà. L’aerostato fu posizionato antistante la chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova. Migliaia di spettatori incuriositi, arrivati anche dai paesi vicini, affollavano il piazzale. La gente presente nulla sapeva dei fratelli Mongolfier che avevano stupito il mondo con la loro impresa.
La curiosità era tanta. Lo scetticismo sull’iniziativa regnava sovrano tra i convenuti. I commenti, più o meno ironici, si sprecavano. Lentamente il pallone iniziò la sua salita con l’unica passeggera. La folla fissava lo spettacolo col fiato sospeso ma anche con la bocca aperta per lo stupore. Il silenzio calò sulla piazza.
La mongolfiera, però, arrestò presto la sua ascesa impigliandosi con il limitrofo campanile e afflosciandosi sul tetto della chiesa. La donna fu subito recuperata. Per fortuna era rimasta illesa. Furono in tanti a dire, con una naturale flemma pessimistica e rivolgendosi al proprio vicino con atteggiamenti di chi ha l’aria di predire il futuro: “ te l’avevo detto io che quel coso non sarebbe riuscito a volare!”
In seguito ai due fallimentari avvenimenti, venne coniato nelle due località belicine il diffuso detto popolare “finiu comu la festa di Vita e lu palluni di Salemi”.