Tra "pirreri", granite e ghiaccio. Ricordando "l'abbanniata" del signor Sciara
di: Italo Profera - del 2016-07-21
Il ghiaccio a Partanna come mezzo di sostentamento. A raccontarlo così potrebbe essere difficile comprendere come ciò potesse avvenire. A portarci indietro negli anni, con un racconto lucido e preciso, è Italo Profera che inizia così il suo “viaggio” indietro nel tempo:
“Tra le due guerre, la nostra era una economia basata essenzialmente sull’autarchia e sul baratto. Ci si arrangiava come meglio si poteva. Il raccolto della campagna permetteva i beni alimentari di prima necessità e, chi poteva, affollava la stalla con un maiale, una capretta, qualche gallina, qualche coniglio e qualche tacchino.
Queste erano famiglie già baciate dalla fortuna. Sebbene non percepissero alcun reddito, sebbene non disponessero di liquidità, non mancava loro nulla. Tuttavia dovevano barattare o attendere la vendita dei prodotti per gli acquisti indispensabili presso i negozianti.
Tutti s’industriavano per tirare avanti alla men peggio. Conservare la neve durante l’inverno per vendere d’estate il ghiaccio era una delle varie forme speculative sperimentate da chi ci ha preceduto. Fungevano da cisterne da neve le cave di tufo abbandonate.
Il territorio di Partanna ne è ricco; tutta la zona dalla villa verso la chiesa “fuori porta” cioè la Madonna delle Grazie, era un susseguirsi di “pirreri”. Col passar degli anni si è costruito fino a raggiungere e inglobare la chiesa nel centro abitato. Anche nel centro abitato ve ne erano alcune. Nel cortile di Trapani, appena sotto la scala c’era una cisterna di neve.
Prima di scaricare la neve ci si preoccupava di coprire fondo e pareti con la paglia. Le temperature rigide invernali facevano il resto trasformando la neve in ghiaccio che d’estate era segato in blocchi, proprio come i conci di tufo e venduto per le strade sia di Partanna sia dei paesi limitrofi. Mio nonno Mercurio amava sedere al balcone con la faccia in direzione della “Cantunera di Pollaci” durante i caldi pomeriggi d’agosto.
“Lu vinticeddu m’annaca” diceva e chiedeva a mia zia “la ranita” che altro non era che un pezzetto di ghiaccio tritato con qualche goccia di limone. Qualche volta mia zia lo sorprendeva mettendo qualche goccia di amarena. Il volto di mio nonno si distendeva come se in quel bicchiere vi fosse un magico intruglio dal potere d’annullare rughe ed età.
Ricordo il signore del ghiaccio, il signor Sciara con il carrettino che spingeva a mano e il ghiaccio avvolto nei sacchi di juta dove si vedeva ancora la paglia della cisterna. Caratteristica la sua "abbanniatina" per le strade: GHIAAACCIOOOO! La sento, inalterata”.
Ringraziamo Italo Profera per aver condiviso questo prezioso ricordo con i lettori di Cnews.it.
La foto risale presumibilmente agli anni '20-'30 e documenta la vendita del ghiaccio per le strade di Palermo.